L’attore Raul Bova ha debuttato stasera a Foggia nella prima nazionale dello spettacolo “Il nuotatore di Auschwitz”. «Questo spettacolo è un inno alla vita, alla sopravvivenza. Racconta due esperienze realmente esistite che hanno vissuto un periodo molto difficile nel campo di concentramento di Auschwitz» dice l’ex nuotatore romano. Lo spettacolo narra due storie. Quella di Alfred Nakache, nuotatore francese di origine ebraica, detentore di un record mondiale. Ad Auschwitz era il detenuto numero 172763. C’è poi la storia di Viktor Frankl, uno psichiatra austriaco che, subito dopo la liberazione, ha scritto un libro sull’esperienza vissuta e su coloro che, proprio come Nakache, sono riusciti a superare quella prova terribile. «Le loro storie sono la massima espressione della sofferenza, della privazione della dignità e della libertà. Partendo da loro – ha raccontato Bova – vogliamo raccontare quello che ognuno di noi vive nella propria vita quando si incontra un momento di difficoltà, duro. Come se fosse un piccolo campo di concentramento dal quale si vuole raccontare, suggerire, quelli che sono stati per questi due protagonisti i modi per uscire vivi dai campi di concentramento. Noi vogliamo parlare così di qualsiasi forma di violenza, che sia quella contro le donne, il bullismo, tutto quello che ti dà privazione di libertà, ti spersonalizza. Ci sono caratteri che istintivamente si salvano e caratteri che invece lo fanno con il ragionamento. In questo caso il nostro neuropsichiatra ha delle soluzioni ragionate, racconta esperienze di prigionieri internati che si sono salvati per poter dare agli altri un testo di pagine scritte».
Una storia, quella del campione, prima escluso dai campionati francesi del 1943 perché ebreo (dove ricevette però la solidarietà dei colleghi, che non si presentarono alle gare), poi detenuto numero ad Auschwitz dove perderà la moglie Polette e la figlia Annie. Ma anche uomo capace di rinascere , tornando a gareggiare alle Olimpiadi Londra. «Una storia di resilienza e amore per la vita, è vero che sono passati 80 anni, ma certi fatti non possono diventare storia passata. Non parlo solo di antisemitismo, ma anche di quello che sta accadendo a Gaza». In scena Bova passa da un personaggio all’altro, ma si fa anche interprete per il pubblico, in una personale prova da attore. L’idea dello spettacolo, prosegue, «forse parte anche dal mio essere genitore. Oggi si sentono continuamente notizie di violenza, bullismo, femminicidi, omicidi. Questo è un modo per dire a chiunque che anche in momento difficoltà si può trovare la forza di uscirne, che se c’è da combattere, si combatte, ma non ci si deve lasciar andare».
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