La dittatura sandinista e familista di Daniel Ortega e della moglie Rosario Murillo ha oltrepassato ogni limite in Nicaragua. Proseguendo nella sua campagna senza precedenti di persecuzione dei cristiani, il governo ha fatto prelevare di notte dalla sua residenza monsignor Carlos Enrique Herrera Gutiérrez, 75 anni, e lo ha esiliato a forza in Guatemala. Il vescovo della diocesi di Jinotega, nonché presidente della Conferenza episcopale, è solo l’ultimo di una lunga lista di prelati espulsi dal paese per aver alzato la voce contro i soprusi del regime.
Musica a tutto volume durante la messa
La colpa di monsignor Herrera è di aver denunciato pubblicamente gli atti «sacrileghi» del sindaco di Jinotega, Leonidas Centeno, che per impedire le celebrazioni delle messe ha fatto installare fuori dalla cattedrale San Juan Bautista due altoparlanti, sparando musica a tutto volume durante le funzioni.
Domenica 10 novembre, al colmo della sopportazione e pur sapendo che da ormai sei anni tutte le omelie in tutte le 4.000 chiese del Nicaragua sono registrate e passate al vaglio dal regime, il vescovo di Jinotega ha dichiarato prima della consacrazione:
«Prima di iniziare questa Eucaristia, fratelli, preghiamo il Signore perché perdoni i nostri peccati e perché perdoni coloro che non rispettano il culto. Il sindaco e le autorità municipali stanno commettendo un sacrilegio. Andate pure a dirglielo, visto che conoscono benissimo gli orari delle masse».
Lo sgherro sanguinario di Ortega
Centeno non è un uomo qualunque, ma un fedelissimo del dittatore Ortega. Deputato dal 2002 al 2006, è stato accusato da indagini giornalistiche di aver sottratto alle casse pubbliche 1,7 milioni di cordoba (circa 50 mila euro), poi distribuiti ai propri familiari e alleati.
Soprattutto, il sindaco è conosciuto (e sanzionato dalla comunità internazionale) per aver ordinato di soffocare nel sangue le pacifiche proteste del 2018 dei giovani manifestanti contro il governo, violando così un compromesso di cui proprio il vescovo Herrera si era fatto intermediario.
Il Nicaragua esilia anche Herrera
Dopo aver attaccato Centeno durante la messa, come sempre trasmessa via Facebook, i canali social della diocesi di Jinotega sono stati chiusi dalle autorità del Nicaragua. Poi monsignor Herrera è stato arrestato e esiliato in Guatemala.
Non è la prima volta che accade. Nel 2019 monsignor Silvio José Báez, vescovo ausiliario di Managua, è stato costretto ad abbandonare il paese dopo ripetute minacce di morte. A gennaio monsignor Rolando José Álvarez Lagos, vescovo di Matagalpa, è stato esiliato in Vaticano dopo che a febbraio del 2023 era stato dichiarato un «traditore», privato della cittadinanza e condannato a 26 anni di carcere.
Sempre a gennaio, il dittatore Ortega ha esiliato monsignor Isidoro del Carmen Mora Ortega, vescovo della diocesi di Siuna, insieme a 15 sacerdoti e due seminaristi.
«Più grande persecuzione mai vista»
Secondo un recente rapporto del collettivo Nicaragua Nunca Más, guidato da attivisti in esilio che operano dalla Costa Rica, dal 2018 il regime ha espulso almeno 222 religiosi, tra cui 91 suore, arrestato arbitrariamente almeno 74 religiosi tra preti, suore, monaci e pastori protestanti e impedito a oltre 200 religiosi di entrare nel paese.
Il rapporto “Sei anni di repressione della libertà religiosa in Nicaragua” denuncia «la più grande e sistematica persecuzione che la Chiesa abbia mai subito nella storia del paese».
Ospedali vietati ai preti
Oltre all’arresto e all’espulsione di sacerdoti, vescovi e intellettuali, il governo ha congelato i fondi della Chiesa cattolica, chiuso i suoi organi di informazione, dichiarato fuori legge la Caritas e le altre associazioni caritatevoli, introdotto una tassa sulle elemosine, sequestrato le scuole religiose, cacciato intere congregazioni, schedato tutti coloro che entrano in chiesa per la messa e vietato le processioni religiose in tutto il paese.
L’ultimo atto della più grande campagna di violazione della libertà religiosa che si sia mai vista in Nicaragua è il divieto fatto a tutti i sacerdoti di entrare negli ospedali e nelle cliniche per amministrare il sacramento dell’Unzione degli infermi.
Solo alcuni preti, soprattutto nelle città più grandi dove la polizia non conosce a memoria i volti di tutti, riescono a entrare negli ospedali vestiti in abiti civili. Come denunciato dall’avvocato Martha Patricia Molina, l’esigenza di camuffarsi ricorda la persecuzione dei regimi comunisti del Novecento.
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La dittatura «sacrilega» del Nicaragua
Ortega e la moglie Murillo nei loro comizi descrivono i vescovi come «diavoli» e pretendono quasi di amministrare il culto invocando il loro dio «todo poderoso».
Alla radice del loro odio smaccato e «sacrilego» c’è il desiderio di eliminare l’unica istituzione del paese in grado di tenere testa al regime, l’unica che ha difeso i giovani dai massacri del 2018, l’unica che permette alla popolazione nicaraguense di mantenere un filo di speranza.
L’anno scorso papa Francesco ha denunciato senza mezzi termini la dittatura di Ortega, definendolo uno «squilibrato», e paragonando il suo regime «a quelli di Hitler e Lenin».
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