Gela. I Luca, in molte occasioni, si posero come fonti confidenziali dei poliziotti del commissariato e non solo. Si sarebbero messi a disposizione delle forze dell’ordine, pure rispetto ad auto che pare venissero prese in prestito per appostamenti o pedinamenti, da collegare ad altre indagini. E’ stato riferito durante la sequela di testimonianze che questa mattina in aula, davanti al collegio penale del tribunale, sono state rilasciate proprio da poliziotti del commissariato, della squadra mobile di Caltanissetta e da funzionari. Gli imprenditori Salvatore Luca e Rocco Luca, padre e figlio, erano soliti rappresentare situazioni che le forze dell’ordine avrebbero potuto approfondire. Entrambi sono a processo, insieme a diversi familiari. Vennero raggiunti dall’inchiesta “Camaleonte”, ritenuti vicini ai clan. I testimoni, rispondendo alle domande del pm della Dda nissena Pasquale Pacifico e a quelle dei legali degli imputati, hanno ribadito che tanti rappresentanti delle forze dell’ordine e della magistratura, spesso si rivolgevano alla concessionaria d’auto dei Luca per acquistare. Ad un certo punto, come scaturito dagli esami testimoniali, l’inchiesta focalizzata intorno agli imprenditori passa ai militari della guardia di finanza, che poi eseguiranno le misure. Oltre a Salvatore Luca e al figlio Rocco Luca, sono a processo i due poliziotti Giovanni Giudice e Giovanni Arrogante (questi ultimi rappresentati dagli avvocati Giacomo Ventura, Michele Ambra, Emilio Arrogante e Marina Giudice) che rispondono dei presunti rapporti illeciti con gli imprenditori. Nel giudizio, pure Francesco Gallo, Concetta Lo Nigro, Emanuela Lo Nigro e Maria Assunta Luca. La Direzione distrettuale antimafia è sicura che gli imprenditori locali ora a processo, impegnati nel settore della vendita di auto, abbiano intrattenuto rapporti con i clan.
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