Il segretario generale Cgil di Milano: «Bandi e concorsi pubblici rimangono deserti. Chi vince spesso non prende il posto e gli effetti si vedono tutti i giorni»
Luca Stanzione, segretario della Cgil di Milano, cosa pensa di un salario minimo milanese su base volontaria per le aziende?
«Che è uno strumento troppo debole, inefficace».
Dunque inadeguato?
«Un merito ce l’ha: riapre il dibattito sull’inflazione a Milano. Nel 2023 ogni famiglia ha speso 1.600 euro in più dell’anno prima. L’inflazione media è al 6 per cento. Per gli alimentari ben oltre il 12».
Come si difende il potere d’acquisto dei salari?
«Ci sono vari strumenti. Uno è l’articolo 11 del codice degli appalti».
Cosa dice?
«Che un ente pubblico territoriale, per tutti i servizi che appalta, può indicare il contratto collettivo che dovrà essere applicato ai lavoratori. E che varrà anche per eventuali subappalti».
Chi potrebbe farlo?
«Dalle Regione, al Comune, fino agli enti tipo Inps o Inail. A “cascata” l’effetto sarebbe per tutti i lavoratori degli appalti pubblici: dalla guardiania, al portierato, alle pulizie, ai servizi analoghi, che sono spesso quelli con i salari più bassi. A Firenze è stato fatto».
Quanti lavoratori ne avrebbero beneficio?
«A Milano moltissimi. E si andrebbe a toccare in gran parte imprese che usano il part time non volontario in modo strutturale, anche per il 50 o 70 per cento della forza lavoro. Con stipendi sempre sotto i mille euro. Il part time involontario è una delle motivazioni che spinge i lavoratori a fuggire da Milano. Lo strumento per agire ci sarebbe. Il consigliere Daniele Nahum ha presentato una proposta in Comune per applicarlo».
Basterebbe?
«In parte. Poi c’è il tema del salario indiretto».
Cosa significa?
«In modo semplice: ogni milanese spende in media 151 euro al mese per la sanità. È quasi un rinnovo contrattuale. Negli ultimi anni il disinvestimento in sanità pubblica è stato di 8 miliardi, grosso modo la somma spesa in sanità privata dai cittadini. Ecco una notevole voce di erosione dei salari. Il nodo per Milano è lì: sanità e casa».
Che strumenti proponete?
«Uno è il modello delle coop a proprietà indivisa. In breve: le cooperative costruiscono abitazioni che vengono affidate poi ai lavoratori a canone calmierato, con costi che si riducono anche del 30 per cento. I Comuni potrebbero dare un grande impulso».
Come?
«Mettendo proprietà e terreni in un fondo che va a garanzia delle coop quando vanno in banca a chiedere il credito per edificare».
Sono strategie a lungo termine. Perché un salario minimo milanese è «scandalosa» per il sindacato?
«Lo spezzettamento del contratto nazionale come conseguenza dell’autonomia differenziata sarebbe scandaloso. Perché se si rompe il principio del contratto nazionale, si attacca il potere contrattuale complessivo, e sul lungo periodo peggiorano le condizioni anche dei lavoratori delle regioni più ricche. La contrattazione nazionale è una difesa: e infatti sarebbe il boccone di questo governo. Che con la flat tax per le partite Iva ha aperto un’altra voragine».
Cosa c’entra?
«Viene usata come grimaldello: lavoro subordinato a cui si mette il “vestito” del rapporto con una partita Iva pagata, pochissimo, a prestazione. E i 100 milioni tagliati agli enti locali dove pensiamo che vadano a cadere? Si scaricheranno sul lavoro».
Quali sono le ricadute di tutto questo?
«La quantità di bandi e concorsi pubblici per infermieri, medici e impiegati vanno deserti. Chi li vince spesso non prende il posto. La mancanza di dipendenti in Comune o negli ospedali hanno effetti che i milanesi possono misurare ogni giorno».
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