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Andrea Mura finalmente a terra a Coruña. Andrea che abbraccia la moglie Daniela e i figli, che mangia un pezzo di pizza ormai fredda (“Ma buonissima”) di un pizzaiolo siciliano trapiantato in Galizia, che tocca per la prima volta un po’ d’alcol dopo 120 giorni di astinenza (“Mi hanno offerto spumante, vino, birra, ora sono anche un po’ stordito…”). Andrea appagato. “Mi mancava il giro del mondo, ora posso dire di aver fatto più o meno tutte le regate e bene”.

Finisce in bellezza la Global Solo Challenge del velista sardo, che ha fatto il girotondo del globo in solitaria con il suo Open 50 Vento di Sardegna, compagno di mille battaglie (l’ex Wind di Pasquale De Gregorio, con cui nel 2001 fece il Vendée Globe). “E con le mie vele. Sei in tutto, tre nuove e tre vecchie di sette anni, che avevo usato nella Ostar. I ragazzi della mia veleria hanno lavorato sette giorni su sette per consentirmi di averle pronte”. Mura è terzo, dopo Philippe Delamare e Cole Brauer, il primo partito il 30 settembre e arrivato il 24 febbraio, la seconda salpata il 20 ottobre e approdata il 7 marzo. Lo skipper sardo era partito il 18 novembre ed è appunto arrivato oggi, 17 marzo. Dalla sua anche il record delle miglia percore in 24 ore: 376. “Una regata particolare, ideata dall’italiano Marco Nannini, con gli handicap in partenza. I primi due non li ho proprio visti, se non Cole oggi. Delamare è già partito da Coruña, lo vedrò penso alla premiazione a giugno”.




Ansrea Mura con moglie, figli e Cole Brauer (a sinistra), la seconda classificata (M. Nannini/GSC)
 

Andrea, partiamo dalla fine. Come ci si sente?

“Benissimo, ora che sono a terra (ride). Ho recuperato un po’ di stanchezza in questi ultimi giorni, stamane mi sono fatto una doccia, uno shampoo, mi sono sbarbato per rendermi presentabile”.

Anche il giro del mondo in solitaria è stato spuntato.

“Ho la soddisfazione di averlo fatto con la mia barca, le mie vele, con budget ridotto. Di lavori ne abbiamo fatti allo scafo, ma parliamo di centinaia di migliaia di euro, non di milioni. Ho colto l’opportunità di questa regata e ora voglio lavorare per il futuro”.

Non è finita qui, dunque? Nonostante i 59 anni…

“Ma no! Non sono ancora pronto per ritirarmi. Nella vela, poi, l’età anagrafica lascia il tempo che trova. Se stai bene fisicamente, contano la testa e l’esperienza. Nel mio caso, questa volta non ero al 100% preparato fisicamente, anche perché ho corso contro il tempo per essere sulla linea di partenza e non ho avuto tempo da dedicare a quest’ultimo aspetto, ma ho sopperito con l’esperienza, che è venuta in mio aiuto”.

Un giro del mondo è una lunga corsa. Anzi, una maratona. C’è stato un momento in cui se l’è vista davvero brutta?

“Nella risalita dell’Atlantico, al largo di Buenos Aires. Doveva essere una buriana, è stata una tempesta. Quaranta nodi di vento, onde di 7 metri. Una di queste mi ha quasi rovesciato e mi sono trovato a non poter gestire la cosa. La barca era settata al meglio, ma non c’è stato nulla da fare. Io ero in cuccetta e per fortuna che avevo due materassini sotto la schiena, perché diversamente la botta mi avrebbe sicuramente procurato lesioni gravi. E’ stato come se fossi stato in ascensore in caduta libera. Brutto, davvero brutto. Mi sono spaventato”.




Andrea Mura e la miglie Daniela (M. Nannini/GSC)
 

E Capo Horn? Lei è il quinto italiano ad averlo traguardato in solitaria.

“A dire il vero, non mi ha dato grandi emozioni quello scoglio, ho solo pensato che ‘girato l’angolo’ avrei lasciato i mari del Sud, insidiosi e cattivi, e avrei messo la prua verso casa. In realtà, poi, per uscire dal frullatore ho dovuto aspettare di arrivare all’altezza di Rio de Janeiro”.

I Mari del Sud sono così terribili?

“C’è un’onda basica da SudOvest, fissa, sempre lì, che non capisci da dove nasca, perché c’è comunque, anche senza raffiche. E poi, ci sono le onde provocate dal vento, che s’incrociano con la prima e generano un mare incrociato, caotico e pericoloso. La barca straorza e strapuggia perché ad un certo punto si trova senza acqua sotto, il pilota automatico non riesce a correggere. Insomma, è un mare spietato, che ti disorienta. Non sai quanta vela mettere e poi, mai visto prima, le raffiche sono verticali, arrivano dal cielo…Ci metti un po’ a capire come devi gestire questo inferno”.




Andrea Mura con Marco Nannini, organizzatore della GSC
 

Guardando indietro, che Oceani sono stati?

“La discesa dell’Atlantico bellissima fino a Tristan da Cunha, poi è cambiato tutto. L’Indiano è stato pessimo, il Pacifico leggermente migliore, più regolare”.

E ora, dice, non è finita qui.

“No, mi piacerebbe rifare il giro del mondo in solitaria. Vorrei essere sulla linea di partenza del Vendée Globe 2028. Con una bella barca, un bel team per correrlo con l’ambizione di fare bene. Il rodaggio l’ho fatto”.

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