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Il creditore notificava ai condebitori un precetto per il pagamento di un importo di circa 120 mila euro, sulla base di un atto di cessione di quote ereditarie sottoscritto dalle parti e oggetto di rogito notarile. I debitori reagivano all’intimazione proponendo una opposizione ex art. 617 c.p.c., comma 1, c.p.c., sostenendo, fra l’altro, che l’atto di precetto non era stato preceduto dalla notificazione del titolo esecutivo.

Il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione e argomentava la decisione con l’irrilevanza del vizio lamentato, derivante dalla circostanza che la contestazione della mancata notificazione del titolo non era stata accompagnata dalla deduzione di una specifica lesione del diritto di difesa. Contro tale pronuncia gli intimati proponevano ricorso per cassazione, censurando in particolare la violazione degli artt. 479, 480 c.p.c., comma 2, e 617 c.p.c.

La Corte di Cassazione, sezione VI-3 civile, rilevato il carattere manifestamente fondato del ricorso, con l’ordinanza 15 ottobre 2020 – 21 gennaio 2021, n. 1096 (testo in calce) ha inevitabilmente confermato come la mancata notificazione del titolo esecutivo dia origine ad una invalidità formale, che si fa valere con il rimedio esperito dai ricorrenti. Correlativamente, l’argomento speso dal giudice di prime cure (fondato su un orientamento giurisprudenziale riguardante le irregolarità processuali in generale) non può trovare applicazione nel caso in esame, essendo la nullità del precetto espressamente prevista dall’art. 480, comma 2, c.p.c. (“Il precetto deve contenere a pena di nullità l’indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo, se questa è fatta separatamente, o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge”).

La previsione legale della nullità equivale ad una valutazione preventiva ed astratta del legislatore circa la sussistenza di un pregiudizio certo del diritto di difesa del debitore, “al quale la legge intende assicurare la possibilità di raffrontare le pretese creditorie con il tenore del titolo esecutivo su cui le stesse di fondano”.

Dunque bisogna pur sottolineare che, se con la mancata notificazione del titolo si dà vita ad una invalidità ‘formale’ del precetto, l’esigenza ad essa sottesa di regola non manca di avere un peso anche ‘sostanziale’ e non contraddice, bensì invera la posizione di assoggettamento del debitore alle pretese creditorie, che non implica la rimozione di alcuni presidi fondamentali. Così non viene meno il diritto del debitore a dedurre l’illegittimità degli atti prodromici all’esecuzione e/o dell’azione esecutiva.

La pronuncia del tribunale capitolino è pertanto cassata, con dichiarazione di nullità del precetto e con condanna del creditore opposto al pagamento delle spese di lite, sia del giudizio di merito che di quello di legittimità.

Di quando in quando spuntano in giurisprudenza pronunce che paiono mettere in discussione certezze ormai consolidate, addirittura ‘sfidando’ disposizioni di legge caratterizzate da una obiettiva chiarezza (e dunque, verosimilmente, insuscettibili di interpretazioni inedite o comunque difformi da quelle ritenute pacifiche). L’occasione è buona per ribadire che la notificazione del precetto deve sempre essere preceduta dalla notificazione del titolo esecutivo, a meno che la legge non disponga altrimenti (art. 479, comma 1, c.p.c.).

Il caso più diffuso è quello del decreto ingiuntivo non provvisoriamente esecutivo, già evidentemente notificato alla controparte (che poi non si sia opposta al medesimo o che, pur opponendosi, si sia vista respingere l’opposizione): ebbene, “ai fini dell’esecuzione non occorre una nuova notificazione del decreto esecutivo; ma nel precetto deve farsi menzione del provvedimento che ha disposto l’esecutorietà e dell’apposizione della formula” (art. 654, comma 2, c.p.c.).

CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA N. 1096/2021 >> SCARICA IL TESTO PDF

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