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Soddisfatti per aver ottenuto un risultato positivo, anche se parziale, e per il gioco di sponda compiuto anche nell’interesse delle aziende fornitrici. La Regione Campania accoglie con favore la sentenza 139 che la Corte Costituzionale ha recentemente reso nota, con la quale è stato accolto il ricorso da parte della stessa Regione in merito alla incostituzionalità della norma che riguardava il riparto dei fondi da destinare alle Regioni alle prese con la questione del payback dei dispositivi medici.

“Da un lato – spiega Ettore Cinque, assessore al Bilancio e al Finanziamento del Servizio sanitario regionale della Campania – c’è soddisfazione, perché non vi è dubbio che il vizio di incostituzionalità rilevato dalla sola Regione Campania, riguardo all’articolo 8 del decreto legge 34 del 2023, fosse più che fondato, dall’altro, restiamo sorpresi dalla capacità della Corte di ricomporre il quadro con un equilibrismo notevole: le due sentenze contigue, la 139 (su nostro ricorso) e la 140 (su ricorso delle imprese fornitrici, sollevato incidentalmente dal Tar Lazio) devono, infatti, essere lette congiuntamente”.

La Campania per gli anni a cui la norma fa riferimento per l’applicazione del payback, ovvero dal 2015 al 2018, non ha sforato il tetto di spesa per i dispositivi e quindi non era interessata al meccanismo, mentre per il periodo dal 2019 in poi lo sforamento è stato molto modesto.

Una mitigazione in nome della ragion di Stato

“Non c’è dubbio – sostiene l’assessore Cinque – che la Corte abbia usato le nostre giuste recriminazioni per addolcire la pillola nei confronti delle imprese fornitrici di dispositivi medici alle quali ha poi rigettato il ricorso con la successiva sentenza 140. La interpretiamo come un contrappeso o, se si vuole, una mitigazione di una sentenza – la 140 – dettata soprattutto dalla ragion di Stato. Dichiarare, infatti, ora incostituzionale l’impalcatura del payback avrebbe comportato un problema notevole per il sistema sanitario nazionale. Resta, però, l’amaro in bocca perché non si è andati fino in fondo. Mi chiedo: le Regioni che nel 2022 hanno imputato a ricavo la quota parte del Fondo di un miliardo e 85 milioni di euro cosa dovranno fare ora? Cancellare una parte del credito verso le imprese fornitrici? In qualche misura la Corte lo dice chiaramente che quei fondi erano una mitigazione del peso del payback a carico delle ditte fornitrici e, quindi, a loro andrebbe assegnato, a prescindere dalla rinuncia o meno ai contenziosi”.

L’errore del fondo perduto

“Della norma introdotta dall’art. 8 del decreto legge del 2023 – continua Cinque –, la Regione Campania ha subito osservato  che non vi era nessun collegamento tra l’erogazione del contributo governativo alle Regioni interessate e la riduzione al 48% del debito a carico delle imprese, né tantomeno era previsto un meccanismo di vincolo in funzione della rinuncia effettiva ai contenziosi. In altri termini, l’intervento del Governo si è tradotto in un vero e proprio contributo a fondo perduto a favore solo di alcune Regioni, peraltro imputabile a conto economico già nell’esercizio antecedente, a prescindere da quanto le imprese fornitrici avessero già corrisposto o previsto di corrispondere.

Abbiamo dimostrato alla Corte che l’applicazione della norma si sarebbe potuta tradurre in un guadagno netto, perché le Regioni interessate, in caso di esiti favorevoli dei contenziosi attivati,  avrebbero potuto ricevere l’intera quota a carico delle imprese (e non solo il 48%), in aggiunta alla quota del fondo istituito dall’articolo 8. Come Regione Campania ci aspettavamo, in verità, che l’incostituzionalità della norma si sarebbe tradotta in un riparto del fondo a vantaggio di tutte le Regioni per quota d’accesso al finanziamento sanitario indistinto, atteso che non c’era alcun vincolo legato al payback. La Corte, invece, ha ritenuto che, nello spirito originario della norma, quelle risorse debbano essere destinate a vantaggio di tutte le imprese debitrici del payback, riducendo, proporzionalmente per tutte, il debito al 48%”.

Il payback farmaceutico

La lettura della sentenza proietta il pensiero dell’assessore Cinque al payback farmaceutico per gli acquisti diretti: “contrariamente al payback dei dispositivi medici, che viene ripartito tra le regioni proporzionalmente allo sforamento del tetto di spesa (tanto che la Campania, non avendo sforato nel 2015-18, non ha alcun credito nei confronti delle ditte fornitrici), nel caso del payback farmaceutico vi è una norma per la quale il payback a carico delle aziende farmaceutiche viene ripartito tra le Regioni per quota capitaria e non in funzione degli sforamenti. Questo fa sì che alcune Regioni ricevono, come payback da acquisti diretti, ben più dello sforamento del tetto, generando così “utili da payback”, che è un vero ossimoro. Credo che la sentenza della Corte sancisca un principio: non si può gravare il sistema delle imprese fornitrici per poi ripartire i fondi con criteri differenti rispetto allo sforamento realizzato, atteso che il payback altro non è se non la restituzione di quota parte del pagato”.

Gioco di sponda

In ogni caso, la Regione Campania rivendica di aver fornito una sponda “affinché – commenta Cinque – la filiera dei fornitori di dispositivi medici venga ristorata in qualche misura, rispetto al payback originario. Abbiamo fatto una battaglia da sponde diverse, ma con il comune obiettivo di stabilire un principio rispetto ad una norma che aveva delle criticità importanti. In prospettiva bisognerà trovare soluzioni strutturali sostenibili, perché è del tutto evidente che vi è un limite oltre il quale il sottofinanziamento ormai cronico del SSN non può essere posto a carico delle filiere produttive fornitrici del sistema”.

Il punto di vista della Toscana

Chi è pronto già a emettere un decreto ingiuntivo alle imprese debitrici è la Regione Toscana. “A questo punto – afferma il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani – basta un decreto ministeriale e noi possiamo mettere a bilancio, come voce attiva, le annualità che ancora a noi mancano di payback: dal 2019 ad oggi si tratta di 420 milioni. Se con questo decreto ministeriale veniamo abilitati non a prendere dallo Stato, ma a poter escutere queste risorse con decreto ingiuntivo dagli imprenditori che in questi anni il payback non l’hanno pagato, io tolgo subito l’addizionale Irpef. A questo punto – aggiunge Giani – c’è un giudizio della Corte Costituzionale che dichiara legittimo il payback, nel momento in cui viene superata quella soglia che sulla base della programmazione viene data alle Regioni. Oltre quella soglia è giusto che il dispositivo medico sia pagato al 50% dalla Regione e al 50% venga rimborsato direttamente dall’imprenditore che lo fornisce”.

Seria preoccupazione per le imprese

Le parole del governatore toscano sollevano polemiche in particolare da Sveva Belviso, presidente della Federazione italiana fornitori ospedalieri (Fifo Sanità), aderente a Confcommercio Imprese per l’Italia: “Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, – dichiara – si dovrebbe vergognare per quanto detto in riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale sul payback applicato ai dispositivi medici. Ci saremmo aspettati da un presidente di Regione maggiore rispetto e soprattutto una seria preoccupazione per le centinaia di imprese e lavoratori a rischio a causa del payback. Nonostante la Regione Toscana sia tra quelle che ha sforato di più a livello nazionale, il presidente Giani si permette di utilizzare il termine “escutere” riferito alle imprese, come se queste fossero debitrici morose e non un asset strategico da un punto di vista economico e sanitario. Si dovrebbe mortificare per le affermazioni fatte. Lo invitiamo, oltre che a scusarsi con le imprese del territorio, a gestire più sapientemente i conti della Toscana, senza maturare ulteriori sforamenti di bilancio affinché altri non debbano pagare per le sue inefficienze”.

La voce degli industriali in Toscana

“La sanità non può essere pagata con i soldi di chi fa impresa”, perché “non è nelle tasche degli industriali che si trovano le risorse per curare i cittadini”, afferma Massimiliano Boggetti, coordinatore della Commissione sanità di Confindustria Toscana e imprenditore nel campo dei dispositivi medici. Nella regione, la partita del payback sanitario vale circa 420 milioni di euro per il periodo 2019-22. “La grossa sorpresa della Consulta – dice Boggetti – è che invece di essersi espressa sui punti sollevati dal presidente del Tar del Lazio ha fatto sicuramente una pronuncia di carattere politico. Non riesco a comprendere che una regione come la Toscana possa immaginare di curare i propri cittadini chiedendo contributi solidali alle imprese”. Dunque, “l’appello alla politica – invita – è di ragionare, perché non è così che un Paese si sviluppa. Siamo un Paese in difficoltà nella crescita, e non credo che introdurre meccanismi sul settore dispositivi medici così controversi ci aiuti a tornare ad essere attrattivi per avere imprenditori che vogliono venire qua in Italia a fare impresa e investire”, e questo “non solo nel nostro settore”, che è “forse uno dei pochi comparti rimasti in questa regione che hanno ancora la capacità di poter aiutare la crescita, e che invece di essere aiutati vengono tartassati”.

 

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