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Il caso Agos-Findomestic-Cardif, di cui abbiamo dato notizia su Repubblica, ha riguardato centinaia di consumatori. Le due finanziarie sono finite nel mirino dell’Antitrust per una sospetta pratica commerciale scorretta: avrebbero concesso prestiti solo dietro stipula di assicurazioni con la compagnia Cardif per garanzie che non avrebbero alcun legame con il motivo del finanziamento. Le storie di alcuni lettori le abbiamo raccontate nei giorni scorsi. Nel frattempo abbiamo chiesto aiuto anche ai nostri avvocati esperti in diritto bancario e del consumatore. Prima di rispondere alle domande specifiche, gli avvocati di Ridare hanno voluto però fare una premessa valida per tutti.

“La stragrande maggioranza dei lettori ha rappresentato casi sostanzialmente analoghi tra loro – oggetto proprio dell’indagine dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato -, ossia un condizionamento dell’erogazione del finanziamento richiesto alla stipula di un collegato contratto di assicurazione, quando non si sia trattato addirittura di vera a propria alterazione della modulistica online, come uno dei lettori rappresenta.

Va premesso che le risposte ai quesiti proposti dai lettori debbono intendersi riferite alle ipotesi astrattamente rappresentate, e non specificamente alle società su cui sta indagando la competente Autorità. Precisiamo anche che l’opinione è riferita al caso per come rappresentato, essendo naturalmente necessario, per ciascuno di essi, un accurato esame della documentazione contrattuale.

Ciò premesso, va senz’altro confermato che la condotta dell’operatore economico che condizioni l’erogazione di un finanziamento alla stipula di un contratto di assicurazione rientra nella categoria delle cosiddette pratiche commerciali scorrette, a norma dell’articolo 21 comma 3 bis del Codice del Consumo. Sono in ogni caso scorrette tutte quelle pratiche commerciali che in qualunque modo mirino a indurre il consumatore a intraprendere una scelta commerciale che non avrebbe adottato, o ricorrendo a false informazioni (pratiche ingannevoli) o forzando illegittimamente la sua libertà di determinarsi (pratiche aggressive).

La conclusione è quindi che non può essere legittimamente condizionata l’erogazione di un finanziamento alla conclusione di un contratto di assicurazione, né, ovviamente, quest’ultimo può essere imposto in alcun modo.
Il già richiamato Codice del Consumo attribuisce in maniera esclusiva all’Autorità garante della concorrenza e del mercato (“autorità Antitrust”) la competenza all’irrogazione di sanzioni, anche molto elevate, agli operatori economici che, all’esito dell’istruttoria, risultino aver attuato pratiche commerciali scorrette.

Ciò premesso, va considerato che le norme del Codice del Consumo non sanzionano espressamente con la nullità i contratti che siano stati conclusi con modalità scorrette.

Ne consegue che, caso per caso (e ferma restando la possibilità delle azioni di classe), ciascun consumatore potrebbe agire giudizialmente per far dichiarare l’annullamento del contratto, dimostrando che la propria volontà contrattuale era viziata (ingannata o forzata) al momento della conclusione del contratto.

Inutile dire che, considerati i costi di un’azione giudiziale e gli oneri probatori che questa comporta, ciascuno dovrà operare un’attenta valutazione di convenienza economica al proposito.

Esaminando ora le più specifiche domande che sono state proposte, è possibile rispondere singolarmente.

Certamente rientra nei diritti del consumatore quello di estinguere anticipatamente il piano di rimborso del prestito ricevuto; ma ciò non ha nulla a che vedere con l’ipotizzata irregolarità che attenga al momento della conclusione del collegato contratto assicurativo. Inoltre dovranno essere valutate con attenzione le clausole contrattuali, che potrebbero prevedere l’obbligo di pagamento di una penale da calcolarsi in percentuale sulla somma residua ancora da rimborsare.

Il difetto di trasparenza lamentato da un altro lettore è senz’altro censurabile sotto i profili anzidetti, anche se è difficile credere (occorrerebbe un esame attento di tutta la documentazione contrattuale) che la Banca presso cui è intrattenuto il rapporto di conto corrente possa eseguire disposizioni di addebito bonifici periodici (c.d. RID) a favore di un soggetto diverso da quello per il quale erano stati autorizzati.
Sembra rientrare invece nella più volte richiamata categoria delle pratiche commerciali vietate quella descritta dalla lettrice che riferisce avere un fratello affetto da patologia congenita; e ciò non tanto perché non sussista anche in capo alla società finanziaria la possibilità di valutazione discrezionale circa l’erogazione del finanziamento che le viene richiesto, quanto piuttosto perché anche nel caso prospettato sembra evincersi un vero e proprio condizionamento del prestito finanziario al perfezionamento di una polizza assicurativa (ed è sulla conclusione di quest’ultima che parrebbe avere inciso la patologia di cui soffre la persona interessata ad ottenere il finanziamento).

* Comitato scientifico di Ridare, portale di Giuffrè Editore che affronta tutte le tematiche in materia di risarcimento del danno e responsabilità civile.

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