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Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 28 settembre 2020, n. 20442 (testo in calce), sono tornate ad affrontare la problematica della giurisdizione del giudice italiano nel caso di crimini commessi durante il secondo conflitto mondiale.

I giudici ribadiscono che la deportazione e l’assoggettamento ai lavori forzati devono considerarsi crimini di guerra e, dinnanzi a crimini contro l’umanità, lesivi di valori universali, che si sostanziano nell’abuso della sovranità statuale, non trova spazio l’immunità.

Infatti, il principio del rispetto della “sovrana uguaglianza” degli Stati deve restare privo di effetti nell’ipotesi di crimini contro l’umanità.

La vicenda

Il figlio ed erede di un italiano, deportato in Germania durante il secondo conflitto mondiale, nel 2004, conveniva in giudizio, presso il Tribunale di Firenze, la Repubblica Federale di Germania per ottenere la condanna al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito, iure proprio e iure hereditatis, a causa dell’illegittima cattura, della deportazione, del lavoro forzato e della morte del padre. L’uomo, sospettato di collaborare con la resistenza, si era presentato al comando tedesco per ottenere la liberazione del figlio tredicenne (odierno attore) preso in ostaggio durante una perquisizione. Il ragazzo veniva liberato, mentre il padre era imprigionato e deportato in un campo ove, come lavoratore forzato, era impiegato in una fabbrica di materiale bellico e, alla fine, veniva ucciso da un comando delle SS. Il titolare della fabbrica presso cui lavoravano i prigionieri – classificati, su ordine di Hitler, come “internati militari italiani” e non come “prigionieri di guerra” – era stato condannato dal Tribunale di Norimberga a sette anni di reclusione. La Repubblica Federale di Germania si costituiva in giudizio1 eccependo il difetto di giurisdizione del giudice italiano e chiamava in causa la Repubblica italiana la quale, a sua volta, contestava sia le pretese attoree che la domanda di garanzia tedesca. In primo (nel 2012) e in secondo grado (nel 2018), la domanda attorea veniva dichiarata inammissibile, in quanto era negata la giurisdizione del giudice italiano. Si giunge così in Cassazione.

Prima di analizzare il decisum, è necessario ripercorrere il complesso iter giurisdizionale che ha interessato la vicenda.

L’intricata cronistoria della vicenda giudiziaria

Nel 2004 viene proposta la domanda di risarcimento del danno contro la Repubblica Federale di Germania (RFG).

Nel 2008 le Sezioni Unite della Cassazione decidono sul conflitto di giurisdizione sollevato dalla RFG (Cass. S.U. Ord. 14202/2008), confermando la giurisdizione del giudice italiano.

Nel 2012, il 3 febbraio, la Corte Internazionale di Giustizia (CIG), con una sentenza intervenuta su impulso della Germania, dichiara immuni dalla giurisdizione civile gli atti compiuti dagli Stati iure imperii in virtù dei principi di diritto internazionale.

Nel 2012, con la sentenza del 14 marzo, il Tribunale di Firenze dichiara inammissibile la domanda risarcitoria, richiamandosi alla pronuncia della Corte dell’Aja di cui sopra.

Nel 2013 viene emanata la Legge n. 5/2013 con la quale lo Stato italiano recepisce la norma consuetudinaria di diritto internazionale – così come interpretata dalla CIG con la citata sentenza del 3 febbraio 2012 – sull’immunità degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati per tutti gli atti intervenuti iure imperii.

Nel 2014, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (sent. 1136/2014) dichiarano il difetto di giurisdizione del giudice italiano, contraddicendo il proprio orientamento precedente, dovendosi adeguare la nuovo dettato normativo imposto dalla legge 5/2013.

Nel 2014 la Corte Costituzionale (sentenza n. 238/2014), chiamata dal Tribunale di Firenze ad esaminare la legittimità costituzionale dell’art. 3 della legge 5/2013, dichiara l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 2 e 24 Cost., del citato art. 3, nonché dell’art. 1 legge 848/1957 “limitatamente all’esecuzione data all’art. 94 della Carta delle Nazioni Unite, esclusivamente nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della Corte internazionale di giustizia (CIG) del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona”.

Nel 2018 la Corte d’Appello di Firenze, ignorando l’intervento della Consulta, rigetta il gravame proposto dall’attore e conferma la pronuncia di primo grado.

L’orientamento della Cassazione sugli atti compiuti iure imperii

Non è la prima volta che la Suprema Corte deve pronunciarsi sui crimini di guerra compiuti durante la seconda guerra mondiale. Con la pronuncia in commento, viene ribadito che il principio dell’immunità degli Stati nazionali dalla giurisdizione civile straniera per gli atti compiuti iure imperii trova un limite nel principio fondamentale del rispetto dei diritti inviolabili della persona umana. Tale orientamento si è formato a seguito delle numerose richieste risarcitorie formulate nei confronti della Repubblica Federale di Germania, in relazione ai casi di deportazione e sottoposizione al lavoro forzato nei campi di prigionia.

Ripercorriamo le tappe più significative di questo percorso giurisprudenziale.

Le Sezioni Unite (sentenza n. 5044/2004, caso Ferrini) hanno riconosciuto la giurisdizione italiana in relazione alla domanda risarcitoria proposta da un cittadino italiano per essere stato catturato dopo l’occupazione nazista. Secondo gli ermellini, il principio di diritto internazionale della “sovrana uguaglianza” tra gli Stati, connesso al riconoscimento dell’immunità statale dalla giurisdizione civile straniera, non è assoluto. Esiste, infatti, il limite costituito dal rispetto dei diritti inviolabili della persona umana.

Cosa significa?

Semplicemente, non esiste un’immunità assoluta di uno Stato straniero dalla giurisdizione territoriale di altro Stato, allorché si registrino comportamenti «di tale gravità da configurare, in forza di norme consuetudinarie di diritto internazionale, crimini internazionali, in quanto lesivi, appunto, di quei valori universali di rispetto della dignità umana che trascendono gli interessi delle singole comunità statali». La deportazione e l’assoggettamento ai lavori forzati devono considerarsi crimini di guerra e, quindi, tra i crimini di diritto internazionale, essendosi formata al riguardo una norma di diritto consuetudinario di portata generale per tutti i componenti della comunità internazionale.

Tale orientamento è stato confermato nel 2008 dalla Prima Sezione Penale (Cass. 1072/2008) e dalle Sezioni Unite (Cass. S.U. 14201 e 14202/2008), che hanno ribadito la giurisdizione del giudice italiano proprio con riferimento alla fattispecie oggetto di scrutinio.

Riassumendo:

  • «va riconosciuta la categoria dei delicta imperii quale area insuscettibile di poter fruire della prerogativa consuetudinaria della piena immunità statale»

Si ricorda che con il sintagma delicta imperii ci si riferisce ai crimini compiuti in violazione delle norme internazionali cogenti, in quanto tali lesivi di valori universali che trascendono gli interessi delle singole comunità statali.

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La sentenza della Corte dell’Aja, la legge 5/2013 e l’intervento della Consulta

Nel contesto giurisprudenziale sopra descritto, si inserisce la pronuncia della Corte dell’Aja che accoglie il ricorso della Germania contro l’Italia, colpevole di non aver riconosciuto l’immunità spettante in base al diritto internazionale (sent. 03.02.2012). La Corte Internazionale ha negato la giurisdizione del giudice italiano. Il legislatore, in ottemperanza di tale decisione, recepita ai sensi dell’art. 10 c. 1 Cost, ha promulgato la legge 5/2013. In particolare, l’art. 3 prevedeva che il giudice nazionale dovesse adeguarsi alla pronuncia della CGI e dichiarare il difetto di giurisdizione. A seguito dell’intervento normativo, le Sezioni Unite della Cassazione, che dapprima avevano affermato la giurisdizione italiana, hanno mutato indirizzo pronunciandosi nel senso del difetto di giurisdizione (Cass. Ord. S.U. 4284/2013; Cass. 1136/2014). Nondimeno, il suddetto indirizzo non è più condivisibile a seguito dell’intervento della Consulta (C. Cost. sent. n. 238/2014) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 2 e 24 Cost. rispettivamente:

  • della Legge n. 5/2013 recante “Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, fatta a New York il 2 dicembre 2004, nonché norme di adeguamento all’ordinamento interno”, in particolare, dell’art. 3 rubricato “Esecuzione delle sentenze della Corte internazionale di giustizia”;
  • della legge 848/1957 recante l’“Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26 giugno 1945”, art. 1.

La declaratoria di illegittimità costituzionale è limitata all’esecuzione data all’art. 94 della Carta delle Nazioni Unite, nella parte in cui prevede l’obbligo per il giudice italiano di adeguarsi alla pronuncia della CIG del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di diritti inviolabili della persona. In merito all’immunità, la Corte Costituzionale, con una sentenza interpretativa di rigetto, ha affermato quanto segue:

  • l’immunità degli Stati esteri dalla giurisdizione civile è una consuetudine di diritto internazionale recepita nel nostro ordinamento per il tramite dell’art. 10 Cost.,
  • la Costituzione impone di verificare se, grazie al suddetto rinvio, abbiano ingresso, nel nostro Paese, norme confliggenti con i principi fondamentali come il diritto al giudice (art. 24 Cost.) e la garanzia dei diritti inviolabili (art. 2 Cost.),
  • il diritto alla tutela giudiziale può essere limitato solo allorché vi sia un interesse pubblico preminente,
  • ma la deportazione, i lavori forzati, gli eccidi sono crimini contro l’umanità e sono atti che non esprimono la funzione sovrana dello Stato estero.

Tutto ciò premesso, in presenza di simili atti criminali, non è possibile giovarsi dell’usbergo dell’immunità, operando i predetti contro-limiti. La Corte Costituzionale ha affermato che, per la parte che concerne i delicta imperii, la norma di diritto internazionale non è entrata nell’ordinamento, non operando il rinvio ex art. 10 Cost.

Il nuovo orientamento della Cassazione: la giurisdizione del giudice italiano

Alla luce dell’intervento della Corte Costituzionale, la giurisprudenza di legittimità ha ripreso il proprio orientamento originario. In presenza di atti compiuti in violazione di norme internazionali cogenti (delicta imperii) tali da determinare la rottura di un potere sovrano riconoscibile come tale, i giudici hanno affermato:

  • la prevalenza del rispetto dei diritti inviolabili di fronte a simili crimini,
  • la limitazione del principio dell’immunità statale.

Infatti, dinnanzi a crimini contro l’umanità, lesivi di valori universali che trascendono gli interessi delle singole comunità statali e che si sostanziano nell’abuso della sovranità statuale, non trova spazio l’immunità (Cass. S.U. 21946/2015; Cass. S.U. 15812/2016; Cass. S.U. 762/2017; Cass. Pen. 43696/2015).

Conclusioni

All’esito di un articolato iter argomentativo, la Suprema Corte accoglie il motivo di ricorso relativo alla giurisdizione del giudice italiano e censura la pronuncia di merito per non aver tenuto conto della sentenza della Consulta e del conseguente orientamento della giurisprudenza di legittimità. In particolare, gli ermellini affermano che:

  • «Stante la dichiarazione cumulativa (ribadita poi con l’ordinanza n. 30/2015), di rigetto con interpretazione (vincolante per il giudice nel senso di impedire la reiterazione dell’interpretazione anticostituzionale, v. al riguardo Cass., sez. un., 16/12/2013, n. 27986) e di illegittimità costituzionale delle norme interne di adeguamento, la giurisprudenza di legittimità successiva alla pronuncia della Consulta è tornata a seguire l’orientamento precedente, riconoscendo la prevalenza del principio e meta-valore del rispetto dei diritti inviolabili a fronte di delicta imperii, cioè di atti compiuti in violazione di norme internazionali di ius cogens tali da determinare la rottura di un potere sovrano riconoscibile come tale; con conseguente recessione del principio dell’immunità statale, che non costituisce un diritto quanto piuttosto una “prerogativa” dello Stato nazionale, cosicchè il principio del rispetto della “sovrana uguaglianza” degli Stati deve restare privo di effetti nell’ipotesi di crimini contro l’umanità, cioè compiuti in violazione di norme internazionali di ius cogens, in quanto tali lesivi di valori universali che trascendono gli interessi delle singole comunità statali e la cui vera sostanza consiste in un abuso della sovranità statuale […]»

La sentenza gravata viene cassata e rinviata alla Corte d’Appello di Firenze.

CASSAZIONE CIVILE, SENTENZA N. 20442/2020 >> SCARICA IL TESTO PDF


[1] In particolare, la Germania eccepiva: «1) il difetto di giurisdizione del Tribunale adito, per il principio di immunità dello Stato, e, comunque, 2) l’inammissibilità o improcedibilità della domanda, per aver l’Italia rinunciato ad ogni pretesa dei propri cittadini in seguito al Trattato di Pace del 1947 e agli Accordi di Bonn 1961, 3) la prescrizione del credito risarcitorio e 4) l’infondatezza della pretesa».

 

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