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La riunione in Bangladesh, a Dacca, della Global Alliance for Banking Values (l’alleanza globale per le banche fondate sui valori) per il Banking on Values Day 2022 ha rappresentato un momento molto significativo, in cui abbiamo avuto occasione di confrontare che cosa vuol dire essere banca in un Paese come il Bangladesh. Benché questo sia molto migliore rispetto all’immaginario collettivo che ne abbiamo in Europa.

Parliamo di un Paese con tante contraddizioni ma sicuramente molto diverso da quello dell’incendio del Rana Plaza del 2013. E in questo abbiamo ritrovato una banca eccezionale (ero già stato qui nel 2004), la Grameen, che è stata un esempio per tutti noi, il cui testimone forse oggi è stato raccolto dalla BRAC Bank.

La banca ha numeri incredibili, anche per via, ovviamente, dell’altissima densità di popolazione del Bangladesh. Ma è anche un’esperienza di successo capace di spiegare cosa sia quella che in Italia chiameremmo “economia sociale”. La banca è nata soltanto nel 2001, ma oggi ha già decine di milioni di clienti, è una delle banche più efficienti del Paese e di fatto è la seconda banca a livello nazionale.

Presenta un’attenzione fortissima agli impatti sociali e, recentemente, anche a quelli ambientali. Cercando di stare lontana dai business più dannosi, come quello legato smontaggio e al riciclo di navi che arrivano dal mondo intero. O quello della produzione di mattoni, che sono molto utilizzati in Bangladesh e però vengono fabbricati con procedimenti fortemente energivori e spesso anche in condizioni molto pericolose per l’incolumità dei lavoratori.

La BRAC Bank nasce dall’omonima organizzazione non governativa, che possiede la maggioranza dell’istituto di credito. E che ha anche sviluppato altre banche in altri Paesi. In questo modo è stato creato un motore economico e finanziario che consente di sviluppare le attività sociali delle stesse Ong. Al fine di garantire impatti sociali e ambientali positivi per le nazioni.

naturalmente, per valutare l’operato di BRAC Bank, occorre tenere in considerazione la situazione specifica di un Paese come il Bangladesh. Alcune delle attività che vengono finanziate, ai nostri occhi potrebbero destare qualche dubbio dal punto di vista della sostenibilità. Ma, appunto, è necessario tenere conto del contesto di un Paese ancora ricco di contraddizioni, di immense sacche di povertà. E di catastrofi che sono sempre dietro l’angolo, aggravate dai cambiamenti climatici. Ciò non può che farci relativizzare alcune scelte, rispetto soprattutto a ciò che possiamo invece fare in Europa.

L’insegnamento che ci dà il movimento BRAC, dunque, è che occorre tenere sempre chiaro qual è il nostro obiettivo primario. Quando capita di avere un’idea che funziona, è bene lasciar perdere tutte le altre e occuparsi di farla crescere. Dovremmo riflettere su come effettuare lo scale up, la crescita della finanza etica in Europa. Certamente non si può ripercorrere il percorso della BRAC nel senso di coprire spazi di mercato che ancora non esistono, poiché questi nel nostro continente sono ormai già da tempo occupati da istituti di credito di grandi dimensioni.

Forse però possiamo mutuare dall’esperienza di BRAC Bank un po’ di coraggio e lavorare più uniti tra le banche della Febea, la Federazione europea delle banche etiche e alternative, e tra quelle della stessa GABV. Soprattutto in questa epoca in cui tutti parlano di fare finanza sostenibile e però la riducono ad un singolo prodotto. Dobbiamo far sì che fare banca in maniera sostenibile possa significare puntare alla sostenibilità in tutti i suoi aspetti, in tutte le attività che si avviano o finanziano, nel modo in cui ci si organizza, nel tipo di partner che si scelgono. E soprattutto negli investimenti che si sceglie di effettuare.

 

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