Scopri le ultime sentenze su: nullità del licenziamento discriminatorio; condizioni di esercizio dell’attività di lavoratore autonomo; legittimità del pignoramento.
Lavoro autonomo parasubordinato
Gli amministratori di società non sono lavoratori autonomi parasubordinati, sicché i loro crediti verso la società sono pignorabili senza alcun limite.
Corte di Cassazione, Sezione U, Civile, Sentenza, 20.01.2017, n. 1545
Licenziamento discriminatorio
Il licenziamento intimato alla lavoratrice che manifesta al datore di lavoro l’intenzione di assentarsi per un periodo di tempo futuro allo scopo di sottoporsi a pratiche di inseminazione artificiale è nullo in quanto discriminatorio e alla dipendente licenziata spetta il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro oltre al risarcimento del danno.
La nullità del licenziamento discriminatorio discende direttamente dalla violazione di specifiche norme di diritto interno, quali l’art. 4 della legge n. 604 del 1966, l’art. 15 st. lav. e l’art. 3 della legge n. 108 del 1990, nonché di diritto europeo, quali quelle contenute nella direttiva n. 76/207/Cee sulle discriminazioni di genere, sicché, diversamente dall’ipotesi di licenziamento ritorsivo, non è necessaria la sussistenza di un motivo illecito determinante ex art. 1345 c.c., né la natura discriminatoria può essere esclusa dalla concorrenza di un’altra finalità, pur legittima, quale il motivo economico.
(Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito sulla natura discriminatoria di un licenziamento che conseguiva alla comunicazione della dipendente di volersi assentare per sottoporsi ad un trattamento di fecondazione assistita).
Corte di Cassazione, Sezione L, Civile, Sentenza, 5.04.2016, n. 6575
Beni impignorabili o relativamente pignorabili
Il criterio dell’indispensabilità, che l’art. 514, n. 4, c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis prima della riforma introdotta dalla legge n. 52 del 2006), pone come discrimine tra beni pignorabili e beni impignorabili, ha carattere relativo, essendo frutto di una valutazione avente ad oggetto le concrete condizioni di esercizio dell’attività professionale, artistica, di lavoratore autonomo o di imprenditore del debitore, con esclusione delle strutture professionali o produttive in cui il fattore capitale prevalga sull’attività personale, nonché dei beni che costituiscano una dotazione sovrabbondante rispetto alle necessità lavorative.
Ne consegue che al debitore opponente spetta dimostrare la ricorrenza in concreto dei presupposti dell’impignorabilità, e non all’opposto la
legittimità del pignoramento.
Cassazione civile sez. III, 18/10/2012, n.17900
Requisiti di indispensabilità dei beni e di personalità dell’attività di impresa
Fattispecie relativa all’opposizione avverso il pignoramento di alcune ambulanze in dotazione ad un’associazione svolgente attività di pronto soccorso e trasporto dei malati sotto la forma giuridica di Onlus.
L’art. 514, comma 1 n. 4 (numero, peraltro, abrogato dall’art. 3, comma 1, l. 24 febbraio 2006 n. 52, a decorrere dal 1° marzo 2006), c.p.c., che sancisce l’impignorabilità dei beni strumentali indispensabili per l’esercizio dell’attività professionale, artistica, di lavoratore autonomo o di imprenditore che trae dal proprio lavoro la fonte della sua sussistenza, pone come criterio di discrimine un concetto di indispensabilità relativo che va riferito alle concrete condizioni di esercizio dell’attività del debitore al fine di escludere che l’impignorabilità si estenda a beni che costituiscano una dotazione sovrabbondante o a soggetti che esercitano la loro attività di impresa con una dotazione di capitale e organizzazione prevalente rispetto all’attività personale.
Il riscontro dei requisiti di indispensabilità del bene e di personalità dell’attività di impresa costituiscono l’oggetto di un accertamento di fatto che, per la sua natura, deve ritenersi riservato al giudice di merito e, quindi, sottratto al controllo di legittimità se congruamente ed esaurientemente motivato.
(Nella specie, relativa all’opposizione al pignoramento di 17 ambulanze proposta da un’associazione svolgente attività di pronto soccorso e trasporto dei malati con l’apporto di 83 soci operativi, con largo impiego di forza lavoro dipendente e capitale impiegato nelle attrezzature, tra cui le 17 ambulanze pignorate ed altre 6 non pignorate, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la sussistenza dei presupposti di applicabilità dell’art. 514, comma 1 n. 4, c.p.c., tenuto conto dell’attività svolta dall’associazione sotto la forma giuridica della Onlus ed evidenziato, in particolare, che a tale attività andava attribuito il carattere di impresa collettiva in cui il rilievo della forza di lavoro salariata costituita da 11 dipendenti, dell’
aspetto organizzativo e dell’impiego di capitali era prevalente rispetto all’attività svolta a livello personale dagli 83 soci).
Cassazione civile sez. III, 07/02/2008, n.2934
Pignoramento dei compensi corrisposti ad un lavoratore autonomo
Sono manifestamente inammissibili le q.l.c. dell’art. 1 d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180 e dell’art. 1 d.P.R. 28 luglio 1950 n. 895, censurati, in riferimento agli art. 3 e 36 cost., nelle parti in cui non prevedono il divieto di pignoramento dei compensi corrisposti ad un lavoratore autonomo, qualora questi costituiscano l’unica fonte di reddito.
Non solo, infatti, una delle norme impugnate ha natura di regolamento – non potendo, così, essere oggetto di sindacato di costituzionalità – e il remittente non precisa se la prospettata incostituzionalità derivi solo dalla norma legislativa, ma il “tertium comparationis” evocato – il regime dei lavoratori subordinati privati – è inidoneo e la pronuncia additiva richiesta implicherebbe l’inserimento di un elemento estraneo al sistema, che solo il legislatore può valutare.
Corte Costituzionale, 14/11/2007, n.381
Divieto di pignoramento
È rilevante e non manifestamente infondata la q.l.c., sollevata per violazione dell’art. 3 cost., degli art. 1 d.P.R. n. 180 del 1950 ed 1 d.P.R. n. 895 del 1950, nella parte in cui non prevedono il divieto di pignoramento, salve le eccezioni di legge, dei compensi corrisposti anche ad un lavoratore autonomo, quando costituiscano la sua unica fonte di reddito.
È, parimenti, rilevante e non manifestamente infondata la q.l.c., sollevata per violazione dell’art. 36 cost., degli art. 1 d.P.R. n. 180 del 1950 ed 1 d.P.R. n. 895 del 1950, nella parte in cui non prevedono il divieto di pignoramento, salve le eccezioni di legge, dei compensi corrisposti anche ad un lavoratore autonomo, quando costituiscano l’unica fonte di reddito, necessaria per assicurare a sé ed alla propria famiglia, un’esistenza libera e dignitosa.
Tribunale Como, 20/11/2006, n.346
Esecuzione forzata promossa dal lavoratore contro il datore di lavoro
Qualora, nell’esecuzione forzata promossa dal lavoratore contro il datore di lavoro per il pagamento di spettanze inerenti al rapporto di lavoro, il debitore esecutato ottenga la conversione del pignoramento mediante il
versamento di una somma su libretto bancario di deposito a risparmio intestato al lavoratore procedente, e tale somma venga poi assegnata a tale creditore dal giudice dell’esecuzione, il credito verso la banca depositaria, portato da tale libretto, è autonomo e distinto da quello di lavoro (rimasto soddisfatto a seguito dell’indicata assegnazione), e resta conseguentemente assoggettabile a sequestro o pignoramento, sottraendosi ai divieti o limiti fissati in proposito per i crediti di lavoro (art. 545 c.p.c., d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180).
Cassazione civile sez. III, 12/06/1985, n.3518
Prestazioni di lavoro autonomo
È inammissibile la richiesta di referendum popolare per l’abrogazione del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi) e successive modificazioni limitatamente agli art. 23 e 25 comma 1 – i quali prevedono che i soggetti indicati nel comma 1 dell’art. 23, che corrispondono a soggetti residenti nel territorio dello Stato compensi comunque denominati, per prestazioni sia di
lavoro dipendente sia di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente, ovvero rese a terzi o nell’interesse degli stessi, devono operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo di acconto dell’i.r.pe.f. dovuta dai percipienti -, nonché dell’art. 21 comma 15 l. 27 dicembre 1997 n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), il quale estende la portata delle precedenti disposizioni al caso in cui il pagamento sia eseguito mediante pignoramento anche presso terzi, in base ad ordinanza di assegnazione, qualora il credito sia riferito a somme per le quali, ai sensi delle predette disposizioni, deve essere operata una ritenuta alla fonte.
Infatti – posto che le sentenze della Corte n. 37 del 1997 e n. 11 del 1995 hanno già dichiarato inammissibili analoghe richieste referendarie; che gli strumenti di attuazione della pretesa fiscale possono ritenersi parte integrante della normativa tributaria “sol che si consideri che la mancanza di una disciplina idonea a garantire l’applicazione del prelievo renderebbe inefficace il mero apprestamento della norma sostanziale del tributo”; e che, per quanto riguarda il sistema del prelievo alla fonte, la sussistenza di uno stretto legame tra tale disciplina e la concreta realizzazione del tributo non può essere messa in dubbio, in quanto la
effettività dell’imposizione sul reddito dipende in modo rilevante dai particolari meccanismi previsti soprattutto per la riscossione materiale dei tributi -, deve essere confermato che il sistema della ritenuta alla fonte risponde sia all’interesse fiscale della immediata percezione delle somme, sia a criteri di tecnica tributaria che ne agevolano il prelievo; e nessun pregio può avere al riguardo, il fatto che possano utilizzarsi anche altri strumenti di accertamento e documentazione diversi da quello scelto dal legislatore e che si intende abrogare con la consultazione.
Corte Costituzionale, 07/02/2000, n.51
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