L’entità del danno provocato dalla bancarotta patrimoniale va commisurata al valore complessivo dei beni sottratti all’esecuzione concorsuale indipendentemente dalla relazione con l’importo globale del passivo (Cassazione penale, sentenza n. 28009/2024 – testo in calce).
Il fatto
L’amministratore delegato di una società a responsabilità limitata, dichiarata fallita, veniva condannato nel giudizio di merito per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per dissipazione di circa Euro 642.000,00 in ragione di ingiustificati finanziamenti effettuati a favore di una società controllata, rinunciando al relativo credito con corrispondente pregiudizio per il ceto creditorio della società fallita; veniva invece assolto in primo grado dal reato di bancarotta semplice e, in secondo grado, da quello di bancarotta fraudolenta documentale.
La Corte di cassazione annullava parzialmente la sentenza di condanna limitatamente alla circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all’art. 219, primo comma, legge fall., e al susseguente trattamento sanzionatorio, demandandone al giudice di rinvio la rideterminazione.
Avverso la decisione del giudice del rinvio che confermava la sussistenza dell’aggravante in questione proponeva ricorso il difensore dell’imputato, articolando un unico motivo, con cui lamentava la mancanza e contraddittorietà della motivazione e l’erronea applicazione dell’art. 219 legge fall. nella parte in cui la Corte d’appello aveva sostenuto che l’assoluzione dal reato di bancarotta fraudolenta documentale non aveva avuto alcuna influenza sul giudizio in merito alla sussistenza della circostanza aggravante del danno di rilevante gravità; evidenziava, inoltre, l’omesso esame, in concreto, del danno patrimoniale effettivamente subito dai creditori a seguito del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale dissipativa e la sua sostanziale sovrapposizione col giudizio in merito alla gravità del fatto di bancarotta, prescindendo da ogni valutazione concreta del pregiudizio arrecato ai creditori.
Contestava l’erronea applicazione del disposto di cui all’art. 219 legge fall., avendo la Corte di appello interpretato il disposto normativo alla stregua di una circostanza aggravante di pericolo, anziché di danno.
Il Procuratore Generale chiedeva che venisse pronunciata la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La sentenza
La Sezione assegnataria del ricorso ne ha dichiarato l’infondatezza ritenendo immune da censure la motivazione resa dai giudici del rescissorio in ordine alla ricorrenza, nel caso in esame, della circostanza aggravante ex art. 219 legge fall.
Ed invero la Corte d’appello aveva attribuito particolare rilievo, oltre che al valore dei trasferimenti, alle modalità con cui le condotte dissipative erano state realizzate, per la serialità delle elargizioni effettuate negli anni con rilevante nocumento alla compagine creditoria.
Aveva in particolare argomentato nel senso che l’entità degli ingiustificati trasferimenti di danaro dalla società poi fallita alla società controllata aveva integrato in modo certo il danno di rilevante gravità, perché il complessivo travaso di risorse si era tradotto nella sottrazione all’attivo fallimentare della cospicua entità finanziaria indicata nell’imputazione e quindi nella riduzione dell’attivo disponibile per la soddisfazione delle ragioni creditorie emerse nella formazione della massa passiva fallimentare.
Sul punto, la Corte ha ricordato che secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di reati fallimentari, l’entità del danno provocato dai fatti configuranti bancarotta patrimoniale debba essere commisurata al valore complessivo dei beni sottratti all’esecuzione concorsuale indipendentemente dalla relazione con l’importo globale del passivo e che la circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità di cui all’art. 219, primo comma, legge fall, si configura se a un fatto di bancarotta di rilevante gravità, quanto al valore dei beni sottratti all’esecuzione concorsuale, corrisponda un danno patrimoniale per i creditori che, complessivamente considerato, sia di entità altrettanto grave.
Dando seguito a tali principi, nel caso sottoposto al suo esame la Corte ha rilevato come la sottrazione degli importi corrispondenti alle indebite elargizioni che avevano concretato i fatti di bancarotta patrimoniale avesse cagionato il determinante emungimento della consistenza della massa attiva che avrebbe dovuto essere posta a disposizione del soddisfacimento delle ragioni creditorie all’atto del riparto dell’attivo fallimentare riducendone in modo evidente e incisivo l’entità; a nulla rilevando la circostanza che l’attivo fosse comunque superiore al passivo fallimentare stante la rilevante riduzione degli elementi attivi da destinare a beneficio dei titolari di credito.
I giudici del rinvio avevamo inoltre ritenuto, coerentemente secondo la Corte di cassazione, che l’assoluzione dal reato di bancarotta fraudolenta documentale non potesse avere un rilievo così marcato da alleggerire la posizione dell’imputato fino a determinare la valutazione di insussistenza della contestata aggravante, poichè il danno patrimoniale di rilevante gravità era stato valutato con primario riferimento alla condotta di bancarotta fraudolenta dissipativa e ai relativi effetti.
Le svolte considerazioni hanno imposto il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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