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Roma, 21 dicembre 2023 – Sono 88.174 le unità abitative messe all’asta nel 2023. A dirlo è il ‘Report Aste 2023’, realizzato dall’osservatorio di NPLs RE_Solutions che conferma quel calo già registrato nei mesi precedenti e che continua a travolgere il settore delle aste immobiliari. La società, esperta in in esecuzioni immobiliari e procedure concorsuali, spiega a cosa è dovuto il decremento e quali sono le città e le tipologie di immobili oggetto di asta.

Aste immobiliari, molte case invendute

Distribuzione delle aste In Italia

Al primo posto per numero di esecuzioni in questo 2023 si conferma la Lombardia con 12.622 unità pignorate, totalizzando un 14,31%. A seguire la Sicilia con 11.215 unità staggite (12,72%), il Lazio con 8553 lotti (9,7%), la Campania con 6681 (7,58%) e la Toscana con 5713 unità (6,48%).

Se a livello regionale le posizioni restano invariate rispetto al 2022, lo stesso non si può dire delle città. Nel 2022, figuravano come prime Roma, Milano e Napoli. Oggi, eccetto Roma che mantiene il suo primato per il maggior numero di esecuzioni immobiliari, assistiamo a un rimescolamento delle province sul podio. Dopo Roma (con 5380 unità staggite), troviamo Salerno (con 2788 lotti), Catania (2554), Perugia (2435) e Milano (2427) che scivola così al quinto posto.

Tipologie di immobili in asta

Per quanto riguarda la tipologia immobiliare, invece, la categoria residenziale si conferma in testa totalizzando il 59,85% delle unità messe all’asta. Un dato piuttosto in linea con quello registrato nel 2022, pari al 57,45%. Tra le unità oggetto di asta troviamo appartamenti, monolocali, mansarde, attici, ville e villette. D’altro canto, una buona fetta del mercato delle aste è rappresentata dai terreni agricoli e edificabili (11,34%). In calo rispetto al 2022, invece, sono gli immobili ad uso commerciale, come negozi e uffici che dal 12,28% sono scesi al 9% (con l’esclusione dei capannoni industriali che, invece, restano invariati su un 3,3%). A fronte di questi dati, c’è da sottolineare un lieve aumento in due categorie di immobili: quella dei cantieri in corso di costruzione, semifiniti o abbandonati (che dallo 0,49% del 2022 salgono allo 0,82% nel 2023) e quello delle strutture ricettive (dal 0,47% allo 0,55%).

La provenienza delle unità

L’82,18% dei lotti in asta, spiega il report, è riconducibile a procedure di esecuzione immobiliare, ossia procedure di pignoramento immobiliare che porta alla vendita coattiva dell’immobile. Rientrano in questa casistica tutte quelle case che sono state pignorate in seguito al mancato pagamento delle rate di un mutuo ipotecario. Mentre il 14,32% dei lotti oggetto di asta, invece, è riferito a procedure concorsuali – vendite che fanno capo a fallimenti, concordati preventivi, liquidazioni coatte amministrative, piani di ristrutturazione del debito, ecc. – riconducibili sia alla nuova che alla vecchia normativa, una parte residuale alle procedure civili.

Il calo delle vendite all’asta

Con 88.174 unità abitative messe all’asta è stato generato un controvalore di base d’asta complessivo pari a 12.012.634.822,45 euro e offerte minime per 9.009.476.116,84 euro. Si tratta, come già accennato, di un -30% rispetto all’anno precedente, quando il numero di immobili in asta è stato di 113.056. Secondo Massimiliano Morana, amministratore delegato di NPLs RE_Solutions, c’è la pandemia dietro il decremento delle vendite degli immobili all’asta. Ma non solo. Il 2022 è stato infatti l’anno che ha avuto maggior ripercussioni degli effetti sfavorevoli dell’emergenza pandemica, e dove si è cercato di effettuare il maggior numero di vendite per ridurre i volumi accumulati durante le sospensioni. In questo senso, il calo registrato quest’anno è da considerarsi un effetto della transizione in atto, “caratterizzato dal proseguo delle operazioni di smaltimento delle aste pregresse e – spiega l’Ad – principalmente, dall’avvio delle prime procedure, esecutive e concorsuali, secondo le disposizioni dei nuovi codici normativi”.

Previsioni per il 2024

I dati raccolti dal report rivelano una diminuzione dei lotti in vendita, quasi dimezzati se si considerano le sole procedure concorsuali; il che è sicuramente positivo. Ma bisognerà aspettare la fine del 2024 “per iniziare a intravedere gli effetti delle riforme legislative attuate a partire dal 2023”, precisa Morana. Sarà inoltre necessario, aggiunge l’Ad, “ridurre costi e durata delle procedure, incentivare una diagnosi anticipata dello stato di difficoltà per ogni categoria di debitore, salvaguardare la capacità imprenditoriale ove la crisi sia contingente, agevolare le trattative tra le parti, prediligendo le soluzioni che favoriscono il superamento della crisi e semplificare il sistema normativo, uniformando la disciplina dei debitori siano essi consumatori o professionisti, sono i principali propositi del legislatore”. E conclude: “Pertanto, laddove dovessimo assistere a una riduzione delle aste, potrebbe essere un segnale di successo degli intenti legislativi. È importante monitorare i dati relativi ai procedimenti introdotti con il nuovo codice della crisi d’impresa, da leggere combinatamente a quelli relativi alle esecuzioni immobiliari, per meglio comprenderne l’andamento”.  

 

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