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Il lavoro driver di sviluppo per una dop economy che vale 20 miliardi e cresce, anche nell’export, ma i cambiamenti climatici impongono nuove scelte

La dop economy supera i 20 miliardi di euro di valore alla produzione nel 2022. A rilevarlo il XXI rapporto Ismea Qualivita che per la prima volta riporta anche i dati occupazionali di settore: i consorzi, alla base di questo mercato, arrivano a 296 coinvolgendo 195mila imprese e impegnando 890mila persone, di cui 580mila in agricoltura e 310mila nell’industria di trasformazione. I prodotti certificati pesano ormai per il 20% sul fatturato dell’agroalimentare italiano crescendo costantemente sia in vendite interne che nell’esportazione. Il comparto del cibo arriva quasi a 9 miliardi di valore registrando un +9%, mentre il settore vitivinicolo supera gli 11 miliardi di euro ed è in crescita del 5%.

Dop economy in crescita anche grazie all’export

Aumenta anche l’export raggiungendo la quota di 11,6 miliardi di euro, registrando un +8% sull’anno precedente. L’export del cibo genera 4,7 miliardi di fatturato segnando un +6% grazie soprattutto al recupero dei mercati extraeuropei, dove la crescita si attesta sul +10%. Il vino esportato registra un aumento del 10% generando un fatturato che sfiora i 7 miliardi. Dal rapporto emerge inoltre che il 90% delle esportazioni italiane di vino deriva da dop e igp, un dato rilevante per comprendere come la qualità italiana sia protagonista nella bilancia dei pagamenti internazionali.

Dop economy, la sfida si chiama cambiamento climatico

Come evidenzia Livio Proietti, commissario straordinario di Ismea, il futuro dell’agricoltura certificata dipenderà dalla capacità di gestione del rischio. Il comparto dovrà affidarsi all’innovazione e preservare la qualità, quindi migliorare la ricerca e la tutela di prodotti, ma dovrà anche saper evolversi con la questione dei cambiamenti climatici posti in evidenza da Mauro Rosati, direttore di Fondazione Qualivita e Origin Italia. “Le emergenze climatiche colpiscono tutta l’agricoltura, in particolare quella dop e igp legata a micro aree, basti pensare che la siccità tocca ormai l’86% dei territori”.

Dop economy, pesa la burocrazia
Sul palco il ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida

Sottolinea inoltre le problematiche di competitività dell’agroalimentare italiano in un quadro europeo di riforme che minano le nostre produzioni di qualità e che perdono di slancio in una situazione in cui la governance dei territori costringe le imprese in una trappola burocratica di eccesso di tutela. Un problema raccolto dal ministro dell’agricoltura, Francesco Lollobrigida, il quale ha garantito di operare favore della semplificazione nel futuro. “Ci adopereremo per uno snellimento in questo senso: noi italiani di solito nella confusione troviamo la soluzione migliore, ma non è sempre così, un eccesso di strumenti di difesa non è detto che funzioni”.

Ripensare la comunicazione: un must per il futuro della dop economy

Rosati auspica anche un migliore rapporto con il consumatoreil messaggio che trasmettiamo agli italiani deve essere chiaro, considerando che il 52% ha la terza media, va rivista la comunicazione” afferma Rosati.

Tutte le terre della dop economy
Grana padano

Il direttore della Fondazione Qualivita fa anche il punto sui territori. Treviso, risulta dal Rapporto la migliore provincia, ma tutte le province italiane sono coinvolte in questa economia, “soprattutto nelle zone collinari e preappenniniche dove l’economia ha più bisogno di sviluppo” fa osservare Maria Chiara Zaganelli, direttore generale di Ismea. Oltre i prodotti più noti come il prosecco, il parmigiano reggiano, il grana padano che arricchiscono Veneto e Emilia-Romagna si fanno spazio piccole certificazioni come l’aglio polesano bianco Dop che pesa sul territorio con 3 milioni di euro. “È un sistema che valorizza piccoli e grandi” afferma Maria Chiara Zaganelli, la quale sottolinea come l’Italia sia migliorata da questo sistema che conta su 853 riconoscimenti di cui 527 per il vino e 326 per il cibo, maggiormente concentrati in Toscana, Veneto e Piemonte. Tra l’altro, nel 2023, sono stati riconosciuti altri 7 prodotti certificati: la ciliegia di Bracigliano Igp, l’Olio Campania Igp, il Cedro di Santa Maria del Cedro Dop, le Sebadas di Sardegna Igp, la Ciliegia di Lari Igp, l’Asparago Verde di Canino Igp, i Canelli Dop. Nel sistema i consorzi sono concentrati soprattutto sui prodotti ortofrutticoli e i cereali (125 consorzi), mentre il primato per valore delle Ig del cibo spetta ai formaggi che rappresentano il 59,1% del totale. “Bisogna fare un’attenta considerazione del valore: l’olio di oliva, ad esempio, conta 50 riconoscimenti, ma rappresenta solo 1% del valore del comparto del cibo certificato” conclude la direttrice Ismea.

La dop economy nella gdo

Analizzati nel rapporto anche i consumi nella gdo: cibo e vino certificato hanno raggiunto i 5,4 miliardi di vendite (+3% su base annua), con una dinamica più sostenuta per il cibo (+5,6%) rispetto al vino (-2,5%). Cresce, inoltre, la rilevanza del canale discount per una fetta significativa di prodotti dop e igp, e resta forte, per quanto in calo, l’incidenza delle vendite in promozione per i prodotti Ig nella gdo (21,5%).

Far capire la dop economy in Ue

Paolo De Castro, europarlamentare, assieme a Lollobrigida, ministro dell’agricoltura, hanno rappresentato le loro difficoltà ad essere compresi in un’Europa dove il mondo delle certificazioni di qualità risulta incomprensibile in Paesi come la Germania, dove non esistono. “Non c’è un clima di accoglienza che potrebbe dare vantaggio all’Italia, Paese che primeggia con questo modello, anche rispetto alla Francia, che lo ha assunto parimenti”, specifica il ministro Lollobrigida. “L’Italia punta alla qualità e vogliamo difenderla rafforzando il sistema Paese in tutto il mondo –ha concluso Lollobrigida- il nostro impegno è attuare una visione strategica che impedisca la proliferazione dei marchi di qualità pubblici e l’affermazione di etichette scorrette che disorientano il consumatore”.



 

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