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La società di recupero crediti non è iscritta all’albo previsto dalla legge e il precetto di pagamento è nullo. Lo ha stabilito il Tribunale di Rimini accogliendo l’opposizione presentata dai debitori, assistiti dall’avvocato Daniele Fantini, in merito al recupero del credito a seguito di stipula di un mutuo fondiario.

La banca, dichiarato inesigibile il credito vantato verso il cliente, aveva ceduto lo stesso ad una società di recupero attraverso una operazione di cartolarizzazione. La società cartolarizzata aveva poi avviato le attività per l’esecuzione immobiliare.

Gli opponenti avevano già contestato alla banca il pagamento della somma complessiva di 48.261,41 euro a titolo di capitale residuo ed interessi del mutuo fondiario in quanto da considerarsi nullo non essendovi stata l’effettiva messa a disposizione della somma di denaro data in mutuo, che non vi era allegato il piano di ammortamento, non vi era alcun dettaglio in ordine al grado di progressione nell’imputazione dei rispettivi rimborsi, non era specificato se si dovesse applicare la capitalizzazione semplice o composta degli interessi.

Il giudice del Tribunale di Rimini ha riconosciuto le ragioni del debitore annullando il precetto e sospendendo l’esecuzione, con una sentenza che potrebbe aprire ad una tutela ben precisa in questo settore.

Avvocato Fantini che cosa si intende per cartolarizzazione dei crediti?

“Si tratta di operazioni previste e disciplinate dalla legge nazionale n. 130/1999 e dall’articolo 58 del Testo unico bancario. Accade spesso e sovente che la società che cartolarizza, ovvero che acquista in blocco pacchetti di crediti in sofferenza dai grandi istituti bancari, si debba poi attivare per recuperare giudizialmente questi crediti, attraverso un ricorso per decreto ingiuntivo ovvero un precetto e poi un pignoramento in presenza di mutui fondiari ed ipotecari. Queste società di cartolarizzazione che notoriamente sono qualificate come ‘società veicolo’ o SPV possono agire, per recuperare i crediti, direttamente ovvero affidarsi a loro volta ad una ulteriore società (cosiddetti Servicer o Master Servicer). Quando operano in questo secondo caso il Servicer o Master Servicer deve essere iscritto ad un albo delle Banche e degli Intermediari Finanziari disciplinato dall’art. 106 Testo Unico Bancario. Questo lo prevede l’art. 2 della legge 130/1999 e poi è stato anche ribadito da una Circolare del 2015 di Banca d’Italia e da recenti disposizioni esplicative sempre di Banca d’Italia del dicembre 2023”.

Questo è quanto prevedono leggi e regolamenti, ma nella prassi, come nel caso in questione, cosa succede?

“Nella prassi di questi ultimi anni diverse esecuzioni immobiliari e azioni per decreto ingiuntivo sono state poste in essere con questo sistema della delega o procura. Ovvero la SPV ha delegato l’attività di riscossione dei crediti a società apposite. Molte di queste società, però, da verifiche effettuate non sono iscritte all’albo 106 Testo unico bancario”.

E questo quali conseguenze comporta?

“A mio modesto avviso non avrebbero potuto avviare azioni esecutive o proseguire azioni esecutive come mandatarie/delegatarie delle società cessionarie. Tutte le esecuzioni, anche quelle in stato avanzato, con aste imminenti possono essere viziate da questo, ovvero essere state iniziate o proseguite da società che non sono iscritte nell’albo 106 Testo unico bancario e dunque non hanno la necessaria autorizzazione legislativa e quindi legittimazione ad agire. In simili casi ritengo che la parte esecutata potrebbe fare opposizione all’esecuzione e chiederne la sospensione bloccando anche le aste, oppure sollecitare d’ufficio i poteri del giudice. Le norme citate sono imperative e non possono essere derogate. In conclusione un elevato numero di pignoramenti e decreti ingiuntivi potrebbe essere sospeso e/o annullato, liberando il debitore. Gli effetti sul sistema potrebbero essere molto rilevanti. La sentenza di Rimini è un caso emblematico”.

 

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