Nessun divieto di affitto o di vendita di immobili a scarso rendimento. Sarà prerogativa degli Stati imporre eventuali sanzioni
La Direttiva case green suscita molte preoccupazioni e perplessità tra i proprietari di immobili e gli addetti ai lavori.
Quali costi comporteranno l’applicazione della direttiva PBD e l’implementazione dei nuovi piani nazionali di ristrutturazione degli edifici esistenti?
Saranno stabiliti nuovi sistemi di calcolo, verifica e certificazione delle prestazioni energetiche?
Sono previste sanzioni o limitazioni per chi non si adegua?
Almeno con riferimento a quest’ultimo aspetto, la direttiva – sebbene contenga disposizioni vincolanti per gli Stati membri dell’Unione Europea – non dovrebbe avere un impatto diretto sui singoli proprietari immobiliari.
La sua attuazione e le relative sanzioni restano prerogativa esclusiva dei singoli paesi, con l’Italia attualmente incline a una visione meno rigida rispetto alla normativa.
Non vi è dubbio, invece, che per progettare edifici ad alte prestazioni energetiche con le nuove norme sarà sempre più necessario un software termotecnico innovativo e potente, che ti offra la sicurezza di essere sempre aggiornato e di ottenere verifiche affidabili e professionali.
Direttiva case green: stralciato anche il divieto di affitto e vendita
Già nella proposta presentata dalla Commissione Europea il 15 dicembre scorso è scomparso il divieto di affitto/vendita degli immobili a scarso rendimento energetico.
Nella formulazione definitiva dell’articolo 34 si legge solo che:
Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate in attuazione della presente direttiva e adottano tutte le misure necessarie per assicurarne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione, senza ritardo, e provvedono poi a dare immediata notifica delle eventuali modifiche successive.
Quindi, l’Italia potrebbe fissare degli obblighi collegati all’applicazione della direttiva e rafforzarli con delle sanzioni. In ogni caso, resta molto probabile invece una sanzione “di mercato”.
Sanzioni “di mercato” come effetto della direttiva EPBD
I Paesi membri dovranno approvare dei piani che portino entro il 2030 un taglio dei consumi medi del loro patrimonio residenziale del 16% rispetto al 2020 e del 20-22% entro il 2035.
Difatti, entro il 2050 bisognerà arrivare a emissioni zero relativamente a tutto il patrimonio immobiliare. Il che vorrebbe dire, in concreto, un consumo basso di energia, nessuna emissione di carbonio da combustibili fossili ed emissioni molto basse, o zero, legate ai gas a effetto serra nel luogo dove è collocato l’edificio.
In questo contesto, è probabile che il mercato stesso reagisca e gli edifici meno efficienti subiscano una svalutazione.
Con il miglioramento complessivo della qualità del parco immobiliare, chi si troverà immobili più energivori li vedrà inevitabilmente deprezzarsi. Questo, però, è un processo già in atto in questi anni, indipendentemente dalla direttiva, come testimonia una recente ricerca della Banca d’Italia.
Banca d’Italia: il rapporto tra classi energetiche e prezzi delle case
In un recente studio – pubblicato dalla Banca d’Italia e disponibile in versione inglese sul sito istituzionale – è evidenziato il rapporto tra i prezzi delle case e la loro efficienza energetica.
Oltre ad avere l’ennesima conferma che il patrimonio immobiliare residenziale italiano ha estremo bisogno di essere riqualificato, si traccia una linea chiara sulle tendenze di mercato connesse alle prestazioni energetiche delle abitazioni.
Secondo i dati riportati, mentre nell’Unione Europea gli edifici residenziali sono responsabili per circa il 9% del totale delle emissioni di gas serra (citando la Commissione Europea, 2021), in Italia, il dato tende a salire, considerando che le case, oltre ad essere in media un patrimonio vetusto, contribuiscono per il 12,5% alle emissioni di gas serra (dati ISPRA, 2023).
In base ai dati offerti da Immobiliare.it e dall’IEA (l’Agenzia Internazionale dell’Energia – 2023), in Italia gli edifici residenziali richiedono energia per un valore quasi doppio rispetto agli edifici terziari.
Nel 2022 le case in vendita su Immobiliare.it risultavano in classe energetica da A1 ad A4 circa per il 10%, mentre circa il 65% aveva un’attestazione pari a F o G.
In media, nel 2022, il prezzo al metro quadrato di una casa con etichetta da A1 ad A4 era superiore di circa il 40% rispetto a una casa con etichetta F o G.
A parità di condizioni, il prezzo per le case in classe energetica A risulta superiore del 25% rispetto alle case con le peggiori prestazioni energetiche.
Si tratta, afferma lo studio, di risultati medi a livello nazionale, ma sono forti le diversità a livello locale. Le classi energetiche sono difficilmente comparabili tra località diverse. Inoltre, l’Italia ha significative eterogeneità riguardo alle condizioni climatiche. E così, il sovrapprezzo medio per le case di classe A ammonta al 12% nelle zone più calde zone fino a raggiungere il 37% in quelle più fredde.
Questi dati offrono a Banca d’Italia lo spunto per suggerire le strategie che potrebbero essere adottate per incentivare l’efficienza energetica, visto il panorama immobiliare residenziale mediamente vetusto. Si evidenzia come gli incentivi sia opportuno:
- concentrarli sulle fasce più povere della popolazione;
- differenziarli su base regionale o provinciale, vista l’eterogeneità sopra descritta.
Gli autori parlano di incentivi in base al reddito, per garantire una transizione giusta, per promuovere un’economia più green che sia, allo stesso tempo, più equa e inclusiva.
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