diRiccardo Bruno, inviato a Bologna
Esondazioni in città, rabbia e accuse. Il sindaco: «Limitati i danni». In Emilia-Romagna quarta alluvione in un anno. Crolli anche in Liguria
BOLOGNA –
Il sensore per misurare il livello del Ravone, uno dei torrenti che attraversano Bologna, era stato messo a 4 metri, un’altezza ritenuta sicura. Sabato sera l’acqua è salita così tanto, come mai aveva fatto prima, che l’ha spazzato via. Ha piovuto tantissimo, soprattutto sulle colline, poi l’acqua scendendo ha inondato anche la città: 175 millimetri in un giorno, due volte e mezzo quella che cade in tutto il mese di ottobre, 150 millimetri in appena sei ore. La piena del torrente Zena ha travolto a Botteghino di Zocca, frazione di Pianoro, l’auto in cui viaggiava Simone Farinelli, 20 anni, insieme al fratello maggiore che è riuscito a uscire dall’abitacolo. Il corpo senza vita di Simone è stato trovato ieri mattina. In due giorni tutta l’Italia è stata devastata da nubifragi e allagamenti. In Liguria è crollata parte dell’Aurelia all’altezza di Borghetto di Vara a La Spezia. Ma ancora una volta è l’Emilia-Romagna a pagare un tributo pesantissimo: un morto, danni alle abitazioni, alle attività commerciali, alle campagne. Ma soprattutto l’ennesimo colpo al morale. E questa volta ad essere colpito è stato il cuore di Bologna.
Via delle Lame non è molto distante da Piazza Maggiore. All’angolo con via Riva di Reno c’è il ristorante Da Bertino. «Sabato sera il locale era pieno, alle dieci è iniziata a salire l’acqua, la gente è dovuta scappare via — dice Stefano Roda, che ha ereditato dal padre l’attività —. Siamo qui da 67 anni, mai successa una cosa simile». Il giorno dopo è con il secchio in mano a togliere via il fango. «Le cantine sono allagate, è andata via la luce, dovremo buttare un po’ di roba. Non so quando riapriremo». Poco più giù c’è la sartoria che Ana Sevcenko, origini moldave, ha aperto un anno e mezzo fa. «I tessuti sono tutti da buttare. Le macchine non le abbiamo ancora riaccese, speriamo bene». Nel maggio dell’anno scorso, quando soprattutto la Romagna era finita nel fango due volte, a Bologna era esondato il Ravone in via Saffi, un chilometro più in là. Qui tutti pensavano di essere al riparo. Un anziano residente svuota la cantina ed è sicuro di sapere di chi è la colpa (come gli altri residenti del quartiere): «Tutto questo grazie al cantiere del tram». Poco più su, lungo via Riva di Reno, per realizzare la tramvia è stato scoperto il canale che corre sotto la strada. Proprio da lì è uscita l’acqua che ha inondato tutta la zona. «L’abbiamo vista salire a un ritmo impressionante, abbiamo avuto paura che non si fermasse più — racconta Silvia Guerra che abita nella palazzina che si affaccia sul cantiere —. La forza dell’acqua era incredibile, ha sfondato persino una porta blindata nel piano interrato».
All’incrocio c’è il Santuario di Santa Maria della Visitazione, costruito nel Cinquecento sul ponte che collegava le due rive del canale di Reno. Adesso il ponte non c’è più, e il canale era diventato fantasma prima dei lavori. È stata questa davvero la causa? Per il sindaco Matteo Lepore al contrario la sua «scopertura ha permesso di avere dei danni, ma in misura minore rispetto alla zona dell’Aposa e del Ravone, perché la pressione dell’acqua è stata molto meno forte».
Di sicuro sono tante le zone della città, soprattutto a sud e a ovest, che sono finite sott’acqua: via Murri, via San Mamolo, via Andrea Costa, e ancora una volta via Saffi. Qui l’anno scorso il Ravone era esploso uscendo da un negozio che era diventato il simbolo dell’alluvione, con tanto di strascico giudiziario tra il proprietario e il Comune. Il negozio è ancora chiuso, la farmacia di fronte che ieri doveva essere di turno ha aperto solo nel pomeriggio. «In mattinata non era ancora tornata la corrente — dice il dottor Mario Ferraresi —. L’anno scorso ci fu più fango, questa volta ho visto più acqua. La via era un fiume ma non l’hanno chiusa al traffico e i sacchi di sabbia sono arrivati a mezzanotte». Il sindaco Lepore non ci sta a finire sul banco degli imputati. Convoca una conferenza stampa per chiedere uno stop alle liti, «coesione istituzionale» e la ricerca tutti insieme di «nuove soluzioni ingegneristiche».
A fine giornata, il bilancio dà il segno dell’ennesima emergenza patita dall’Emilia-Romagna, la quarta di questa intensità in 17 mesi: oltre 3.000 evacuati, 8 fiumi sopra il livello di massima allerta. Oltre al capoluogo, situazioni critiche a Bentivoglio, dove hanno evacuato 59 pazienti dall’ospedale, Budrio, Anzola, Castel Guelfo, Imola, Malalbergo, Baricella, e a Cadelbosco di Sotto, nel Reggiano. E Pianoro, dove purtroppo si piange una vittima.
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