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Il diritto dell’Unione non osta, nell’ipotesi di annullamento di un contratto di mutuo ipotecario viziato da clausole abusive, a che i consumatori chiedano alla banca una compensazione che ecceda il rimborso delle rate mensili versate. Lo ha stabilito la Corte Ue, con la sentenza nella causa C-520/21 | Bank M., aggiungendo che per contro, esso osta a che la banca reclami pretese analoghe nei confronti dei consumatori.

La vicenda – Nel 2008, un consumatore e sua moglie hanno concluso un contratto di mutuo ipotecario con la Bank M. Il mutuo era indicizzato in franchi svizzeri (CHF), e le rate mensili dovevano essere pagate in zloty polacchi (PLN) previa conversione in applicazione del tasso di cambio di vendita del CHF, conformemente alla tabella dei tassi di cambio di valuta estera applicati dalla Bank M. il giorno del pagamento di ogni rata mensile.

Ritenendo che le clausole di conversione che determinano il tasso di cambio siano abusive e che la loro presenza renda invalido il contratto, il consumatore ha proposto ricorso contro la Bank M. dinanzi al tribunale circondariale di Varsavia, chiedendo un importo corrispondente alla metà del profitto che la Bank M. ha realizzato con le rate mensili. Il giudice polacco ha chiesto alla Corte di giustizia se le parti di un contratto di mutuo ipotecario dichiarato nullo possano chiedere una compensazione che ecceda il rimborso degli importi rispettivamente versati.

La motivazione – Per la Cgue la Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993 non disciplina espressamente le conseguenze derivanti dall’invalidità del contratto dopo l’eliminazione delle clausole abusive che spetta agli Stati membri.

Secondo la Corte, la facoltà, per un consumatore, di reclamare, nei confronti della banca, crediti che eccedano il rimborso delle rate mensili versate non sembra compromettere gli obiettivi summenzionati, potendo dissuadere i professionisti dall’inserire clausole abusive. Tuttavia, spetta al giudice nazionale valutare se l’accoglimento delle pretese rispetti il principio di proporzionalità.

Peraltro, aggiunge la sentenza, la direttiva osta a che la banca possa chiedere al consumatore una compensazione eccedente il rimborso del capitale versato e il pagamento degli interessi di mora al tasso legale, perché contribuirebbe a eliminare l’effetto dissuasivo esercitato sui professionisti. Non solo, tale rischio porterebbe a situazioni in cui sarebbe più vantaggioso, per i consumatori, proseguire l’esecuzione del contratto contenente una clausola abusiva piuttosto che esercitare i diritti che essi traggono dalla suddetta direttiva.

Infine, conclude la sentenza, per la Corte l’argomento relativo alla stabilità dei mercati finanziari non è rilevante nell’ambito dell’interpretazione della direttiva, che mira a tutelare i consumatori.

 

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