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di Francesca Cicculli, Carlotta Indiano

Sul Pnrr il Governo continua a non rispondere. L’11 luglio, durante una conferenza stampa, il ministro Raffaele Fitto ha negato l’esistenza dei ritardi nel completamento dei lavori e i problemi nell’erogazione della terza (19 miliardi di euro) e quarta rata (16 miliardi di euro) del fondo da parte di Bruxelles, lasciando aperti molti punti di domanda.

Solo grazie al lavoro giornalistico – per IrpiMedia attraverso la serie #LeManisullaRipartenza – sono emerse ipotesi sulle criticità che potrebbero aver fatto slittare il pagamento dei fondi europei. Inizialmente pareva che Bruxelles contestasse il rinnovamento degli stadi di Firenze e Venezia, previsti da un decreto interministeriale di aprile 2022, in quanto non rispondenti a criteri e requisiti necessari per ottenere i nuovi fondi previsti dal Pnrr. Successivamente, fonti giornalistiche hanno sostenuto che l’Europa avesse bloccato i fondi sugli asili – di cui si è occupata anche IrpiMedia in questo articolo – perché mentre per i comuni italiani che devono realizzarli era sufficiente ampliare quelli esistenti, Bruxelles avrebbe preteso la costruzione di nuove strutture. Entrambe le ricostruzioni sono state smentite dalla Commissione. Ora sul banco degli imputati ci sono i ritardi sugli studentati.

Di sicuro c’è un fatto: al 30 giugno non tutti i target del Pnrr sono stati completati. Per gli asili, ad esempio, andavano aggiudicati tutti gli appalti (valore 660 milioni) ma su Italia Domani, sito che raccoglie gli aggiornamenti sul Pnrr, l’obiettivo è definito ancora «in corso». Mancano inoltre gli appalti pubblici per l’installazione di stazioni di ricarica veloci e ultra-veloci per veicoli elettrici, 2.500 in autostrada e quattromila in zone urbane; un impianto previsto per l’Ilva di Taranto; intere tratte ferroviarie. Obiettivi che forse non sarà possibile raggiungere neanche entro il 2026, visti i ritardi.

Come annunciato da Fitto, d’ora in avanti per evitare che i tempi di ottenimento delle rate del Pnrr si allunghino ancora, l’Italia condividerà prima con Bruxelles eventuali modifiche agli obiettivi da raggiungere. Il Ministro ha ottenuto dalla Cabina di regia del Pnrr, l’organo di indirizzo politico presieduto da Giorgia Meloni che decide in sostanza come usare i fondi del Pnrr, l’approvazione per la modifica di 10 obiettivi su 27 previsti per il 30 giugno 2023, in modo da considerarli già raggiunti. Attualmente sul portale OpenPnrr è possibile osservare che dieci scadenze relative al primo semestre del 2023 sono state completate mentre 17 sarebbero in ritardo. Le modifiche agli obiettivi riguardano sei ministeri: Imprese e made in Italy, Infrastrutture e trasporti, Ambiente e sicurezza energetica, Istruzione, Cultura e Politiche di coesione. Il settore più interessato è quello della transizione energetica, in particolare gli investimenti legati all’utilizzo dell’idrogeno, su cui IrpiMedia aveva già espresso dubbi a marzo 2021 e successivamente.

Secondo la Relazione del Parlamento sullo stato di attuazione del Pnrr pubblicata a giugno 2023, il governo ha richiesto numerose modifiche proprio in seguito ad alcune difficoltà incontrate nell’implementazione del piano. Relativamente alla missione due “Rivoluzione verde e transizione ecologica” ha richiesto di modificare i target della sperimentazione di idrogeno per trasporto stradale, riducendoli. Per il governo «l’evoluzione della dinamica del mercato sembrerebbe indicare una minore attrattiva del vettore idrogeno nel trasporto stradale». Sulle infrastrutture di ricarica elettrica, il Parlamento ha evidenziato «alcuni ritardi» dovuti secondo il governo «alla necessità di consultare i diretti interessati» e per cui è stato richiesto il supporto tecnico del Gestore servizi energetici (Gse). Sempre in materia di risparmio energetico, è a rischio anche la missione relativa alla ristrutturazione di edifici per scopi antisismici, tanto che sono stati attivati due tavoli tecnici al ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) ed è stato richiesto dal governo di eliminare il Sismabonus sostituendolo con l’Ecobonus. Le altre modifiche riguardano le caldaie a gas, gli asili nido, le tecnologie satellitari, la creazione di imprese femminili.

Fitto comunque ha rassicurato che le modifiche non pregiudicheranno il finanziamento dell’intera rata, che è confermato, ma non si sa con che tempi, come per la terza. Le modifiche, si legge in un documento approvato dalla cabina di regia, sono «riferite ad errori nella Cid», ovvero Council Implementing Decision, il documento di applicazione del Recovery, «e a circostanze oggettive che non consentono la rendicontazione delle misure». Questo restyling è stato messo a punto anche con la Commissione europea, ma per l’erogazione delle risorse servirà il via libera formale dopo una verifica, una volta che l’Italia avrà inviato la richiesta di pagamento, che dovrebbe avvenire a giorni.

Al netto dei ritardi, come ci hanno raccontato fonti interne alle varie task force create per il Pnrr, quello che l’Italia rischia di scontare è la mancanza di progettualità. Il Piano di ripresa e resilienza sta mettendo a nudo le bugie che ci siamo raccontati fino alla pandemia, ovvero che il nostro è un Paese pieno di progettualità ma privo di finanziamenti. Ora che abbiamo i finanziamenti, ci rendiamo conto che a mancare è la progettualità e parte dei soldi del Pnrr andranno restituiti se non riusciremo a creare ricchezza investendo in progetti ambiziosi, come ambiziosi sono gli obiettivi richiesti dalla Commissione europea per erogare i fondi. In questo modo, restituire il debito che creeremo, sarà ancora più difficile, se non impossibile.

Quello che richiede l’Europa con i suoi controlli minuziosi è un’idea di sviluppo, che però sembra mancare. Al momento il nostro unico obiettivo è quello di spendere i soldi per tempo, per ottenere altri soldi, apportando modifiche che non ci facciano perdere neanche un centesimo, ma rinunciando alla creazione di sviluppo e a quei miglioramenti di cui invece l’Italia ha bisogno.



 

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