Se fosse un film, sarebbe “Amici Miei – Atto II”, con il famoso “rigatino” del conte Mascetti, interpretato da Ugo Tognazzi, che lascia l’albergo senza saldare il conto. Ma a Foligno la realtà supera la fantasia cinematografica: una donna, apparentemente tra i 60 e i 70 anni, sta truffando gestori di Bed & Breakfast e affittacamere, sparendo senza pagare dopo aver alloggiato per due o tre giorni. Un modus operandi che sembra studiato nei dettagli, tanto da attirare l’attenzione non solo degli operatori del settore, ma anche delle forze dell’ordine.
La donna contatta le strutture ricettive esclusivamente tramite telefono, evitando con cura le piattaforme di prenotazione online, che richiedono pagamenti anticipati o garanzie tramite carta di credito. Durante la chiamata, dimostra di conoscere bene le dinamiche del settore: chiede informazioni dettagliate, si accorda per una permanenza breve e, come da prassi, invia una fotocopia del documento d’identità, spesso accompagnata da un foglio che ne segnala lo smarrimento.
Giunta sul posto, porta con sé solo un paio di buste della spesa, un dettaglio che sulle prime non desta sospetti. Alcuni gestori pensano che si tratti di un viaggio breve o che il resto dei bagagli sia in auto. La donna si mostra gentile e rassicurante, spiega di non avere contanti al momento e promette di pagare alla partenza. Tuttavia, quando arriva il giorno del saldo, lei è già scomparsa, lasciando i proprietari con una stanza occupata e un conto insoluto.
La donna scompare dopo una permanenza di 2/3 giorni senza saldare il conto
Il caso ha iniziato a far discutere, soprattutto sui social media, dove i gestori delle strutture ricettive hanno condiviso esperienze simili, lanciando avvertimenti ad altri colleghi del settore. In uno dei post più condivisi si legge: “A tutti coloro che hanno strutture ricettive: attenzione, gira una signora con le buste della spesa per avere alloggio 2/3 giorni, presenta una fotocopia del documento di identità e ti dice che pagherà domani perché ora non ha con sé i contanti. Il giorno dopo sparisce e rimani senza soldi”.
Questo passaparola ha portato alla luce un quadro più ampio: la donna avrebbe già collezionato diverse denunce per episodi analoghi, anche al di fuori del Folignate. Tuttavia, risalire alla sua identità si è rivelato difficile. I dati riportati sui documenti fotocopiati potrebbero essere falsi, così come la residenza indicata, complicando ulteriormente le indagini.
Le azioni della donna configurano il reato di insolvenza fraudolenta, una fattispecie simile alla truffa. A differenza della semplice incapacità economica di far fronte a un debito, in questo caso l’insolvenza è accompagnata da raggiri o finte promesse, come l’esibizione di documenti apparentemente validi o la simulazione di una capacità di pagamento inesistente. Questo reato si verifica quando una persona stipula un contratto, come quello di soggiorno in una struttura ricettiva, fingendo di poterlo onorare, per poi scomparire senza saldare il conto.
Difficile provare l’intenzione fraudolenta perché si perfezioni la condotta dolosa
La denuncia per insolvenza fraudolenta può portare a conseguenze penali, anche se la giurisprudenza sottolinea la difficoltà di provare l’intenzione fraudolenta iniziale. In casi come questo, però, il ripetersi degli episodi e il modus operandi costante rafforzano l’ipotesi di una condotta dolosa.
Per i proprietari delle strutture ricettive coinvolte, l’esperienza è un misto di rabbia e impotenza. Molti lamentano la difficoltà di recuperare il denaro e il senso di vulnerabilità che deriva dal non poter verificare immediatamente l’autenticità dei documenti presentati. Inoltre, l’assenza di prenotazioni tramite piattaforme online, che garantiscono un minimo di tutela, lascia le strutture esposte a rischi simili.
Alcuni gestori, per evitare di cadere nella stessa trappola, hanno deciso di richiedere pagamenti anticipati anche per le prenotazioni telefoniche. Tuttavia, questa soluzione potrebbe non essere sempre applicabile, soprattutto nei piccoli B&B che si affidano ancora a metodi più tradizionali di gestione delle prenotazioni.
Le denunce presentate contro la donna hanno avviato indagini da parte delle autorità locali, ma la difficoltà nel verificare l’identità della sospettata complica l’iter investigativo. La fotocopia del documento, spesso accompagnata dalla dichiarazione di smarrimento, potrebbe contenere dati falsi o riferirsi a una persona inconsapevole del furto dei suoi dati personali.
Le forze dell’ordine stanno cercando di ricostruire i movimenti della donna, partendo dalle testimonianze dei gestori e da eventuali immagini catturate dai sistemi di videosorveglianza. Parallelamente, stanno monitorando i social media per raccogliere ulteriori segnalazioni e delineare un quadro più preciso delle sue attività.
Quello di Foligno non è un caso isolato ma si è registrato in altre parti d’Italia
Quello che sta accadendo nel Folignate non è un caso isolato. Episodi simili di persone che sono scomparse senza saldare il conto sono stati segnalati in altre parti d’Italia, dove persone con modalità analoghe hanno ingannato gestori di strutture ricettive. Questo suggerisce che il problema potrebbe essere più diffuso di quanto emerga dalle denunce ufficiali.
La facilità con cui è possibile sfruttare documenti falsi o fotocopiati e l’assenza di un sistema centralizzato per verificare le prenotazioni telefoniche rendono queste truffe particolarmente difficili da prevenire. I gestori, soprattutto nei piccoli centri, spesso non dispongono delle risorse o delle competenze per verificare l’autenticità dei documenti o adottare misure di sicurezza più avanzate.
Per contrastare episodi come questo, è fondamentale che i gestori delle strutture ricettive adottino alcune precauzioni. Una soluzione immediata è quella di richiedere un pagamento anticipato, anche parziale, per le prenotazioni effettuate tramite telefono. Inoltre, l’uso di software gestionali che integrino sistemi di verifica dell’identità potrebbe aiutare a ridurre il rischio di truffe.
A livello istituzionale, sarebbe utile promuovere campagne di sensibilizzazione e fornire strumenti pratici ai gestori, come l’accesso a banche dati per la verifica dei documenti d’identità. Infine, una maggiore collaborazione tra associazioni di categoria e forze dell’ordine potrebbe facilitare la condivisione di informazioni e la prevenzione di episodi simili.
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