Gli indiani di Vulcan Steel sono andati via venerdì da Taranto. Sono stati diversi giorni in Acciaierie d’Italia, hanno visto di nuovo gli impianti e parlato con i tecnici. Domani, al massimo martedì, arrivano invece gli azeri di Baku Steel Company. Insieme ai rappresentanti della siderurgia dell’Azerbaijan, anche consulenti italiani. Anche per loro la visita dovrebbe seguire lo stesso canovaccio di quella effettuata dagli emissari del gruppo che fa capo a Naaven Jindal: visita agli impianti e approfondimenti tecnici. Ormai manca poco alla chiusura del secondo step della gara, ovvero la presentazione delle offerte vincolanti che, in base al bando dei commissari di Acciaierie, deve avvenire entro fine mese. Non si hanno notizie – o meglio non ce ne sarebbero – circa un’eventuale discesa in campo di altri gruppi insieme ai tre che hanno detto di voler prendere tutta l’ex Ilva. Ovvero Vulcan Steel, Baku Steel Company e Stelco, che dal Canada è passata in mani americane.
Gli altri “papabili”
Nessuna traccia, allo stato, degli ucraini di Metinvest, che pure sono stati accreditati come possibili interessati ad Acciaierie. Yuri Ryzhenkov, ceo del gruppo Metinvest, ha dichiarato a settembre al “Sole 24 Ore” che «l’ex Ilva non è la nostra priorità ma resta un dossier interessante. Non riteniamo opportuno, però, formalizzare un investimento da soli. Ci piacerebbe rientrare in partita più avanti, magari con un partner italiano”. Tuttavia è sempre possibile che Metinvest, da sola o in cordata, si faccia viva nel rush finale di questo secondo step della gara. La partita non è chiusa. Anzi. Non lo sarà dopo la fine di novembre, perché da qui partirà una fase ulteriore come ha detto il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, e non lo sarà molto probabilmente nemmeno a marzo prossimo, un anno dopo l’amministrazione straordinaria e il commissariamento pubblico, perché potrebbe essere necessario un po’ di tempo in più per la cessione degli asset aziendali.
Lo Stato non ci sarà
Tutto aperto, quindi, mentre un punto fermo sembra essere quello che lo Stato non sarà azionista delle “nuove” Acciaierie così come lo è stato con ArcelorMittal tramite Invitalia. I sindacati continuano ad insistere sulla presenza pubblica (ultimo, venerdì a Taranto, il segretario generale della Fiom Cgil, Michele De Palma), ma Urso nella stessa giornata ha confermato che lo strumento di controllo che il Governo vuole mettere in campo è il Golden Power. E Urso ha citato proprio il caso dell’azienda Beko, azienda turca che produce elettrodomestici, indicato invece a Taranto da Di Palma come esempio che il Golden Power, agendo ex post, non è efficace. «Su Beko abbiamo esercitato il Golden Power – ha dichiarato il ministro – e il fatto stesso che in questi mesi abbiano annunciato la chiusura di altri stabilimenti in Europa mentre in Italia sono al tavolo di confronto con i sindacati e le Regioni, garantito e presieduto dal ministero, ci deve dare più serenità».
La situazione di mercato
In ogni caso, al di là di chi acquisirà l’ex Ilva nei prossimi mesi e come, cioè con quale offerta industriale, sia ambientale che occupazionale, ed economica, prezzo, un dato evidente sin d’ora è lo stato per niente brillante del settore acciaio. La freschissima analisi di Siderweb, riferita ai bilanci a dicembre 2023 di 1.757 aziende italiane del settore, dice che dal 2022 all’anno scorso il fatturato è sceso del 15,02 per cento (da 93 miliardi complessivi a 79), il valore aggiunto calato del 18,70 (da 15,243 a 12,392 miliardi) e il risultato netto diminuito del 44,71 (da 5,649 a 3,123 miliardi). Non c’è Acciaierie d’Italia in questa analisi, ma è più che noto che è andata male nel 2023 e che quest’anno, con la ripartenza e due altiforni in marcia, si sta cercando di toccare i 2 milioni di tonnellate di produzione. E comunque è indicativa la frenata del settore, ex Ilva a parte. In Puglia le 22 aziende censite hanno espresso un fatturato di 275,882 milioni e utili per 3,342 milioni. Tre le aziende osservate per Taranto, dato numericamente molto modesto (a Bari sono 12 e a Foggia 5), e presentano tutte insieme 9 milioni e 251mila euro di fatturato e quasi 223mila euro di utile netto. Avverte Siderweb: “Quest’anno sarà ancora debole per giro d’affari e redditività: ordini interni in diminuzione così come l’export e produzione industriale in forte rallentamento. Segni ancori negativi nei bilanci delle imprese siderurgiche del 2024. Dai principali settori utilizzatori di acciaio, automotive ed edilizia, non arrivano buone notizie. Nel 2025 ci si attende una ripresa, i cui confini sono però incerti. Preoccupano il costo di energia, materie prime e sottoprodotti”.
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