Sta diventando sempre più evidente che la situazione nel settore automobilistico sta degenerando rapidamente, tanto che non è più necessario cercare informazioni soltanto nelle cronache locali. Anche La Repubblica ha iniziato a trattare l’argomento, segno che il problema è ormai evidente. Un ulteriore effetto collaterale della crisi Volkswagen si è manifestato recentemente in Piemonte. A soli trenta giorni dall’annuncio della fusione con Vitesco Technologies, la Schaeffler, azienda tedesca che produce cuscinetti e altre componenti, ha dichiarato la riduzione di quasi 5.000 posti di lavoro e la chiusura di due stabilimenti in Europa. Di questi, circa 2.800 saranno in Germania, distribuiti in dieci differenti impianti, mentre il resto riguarderà altre località. Particolare attenzione è rivolta allo stabilimento di Momo, in provincia di Novara, che potrebbe essere uno dei due destinati alla chiusura definitiva. La comunicazione ufficiale è prevista per la fine dell’anno, ma l’ansia e le preoccupazioni stanno già crescendo.
In Francia, Michelin ha annunciato l’interruzione delle attività in due fabbriche, mettendo a rischio 1.300 posti di lavoro. L’industria automobilistica sta dunque attraversando una fase critica, paragonabile a un “Covid 2.0”. Mentre l’Europa è indecisa sul da farsi, tra emissioni di debito comune e riconversioni industriali dovute alle esigenze della NATO, sorge la domanda su come sia possibile che chi ha causato il problema continui a gestire la situazione.
Al di là degli attuali problemi, la situazione energetica è altrettanto preoccupante. I prezzi dell’elettricità, soprattutto in Germania e Francia, sono alle stelle, con picchi mai visti dal 16 dicembre 2022, in piena crisi energetica causata dalle sanzioni alla Russia. Questo sta accadendo nei giorni in cui si discute il salvataggio di Uniper. La crisi industriale automobilistica potrebbe presto confluire in una nuova crisi energetica, creando una situazione insostenibile, soprattutto con l’inverno alle porte.
È urgente che l’Europa trovi una soluzione rapida, magari stampando nuova liquidità attraverso la BCE. Senza questa iniezione di capitale, l’economia reale potrebbe subire danni irreparabili, ben oltre le fluttuazioni speculative della borsa. La pressione sociale sta aumentando e il rischio di esplosioni di rabbia è concreto, trasformando l’Europa in un teatro di proteste diffuse.
Intanto in Italia, mentre i media si concentrano su scandali e dossieraggi, altri temi importanti sono stati trascurati. Ad esempio, la privatizzazione di Poste Italiane è stata rimandata, nonostante fosse stata programmata per metà ottobre. La vendita del 14% delle azioni, inizialmente prevista per il 14 e poi per il 21 ottobre, è stata posticipata, forse fino al 2025, dopo che la presentazione dei risultati finanziari ha fatto aumentare il valore delle azioni. Questo rinvio potrebbe essere dovuto alla realizzazione di quanto fosse svantaggioso vendere un asset così importante in fretta.
Ricordate le notizie riguardanti prestiti sospetti a imprese vicine alla ‘ndrangheta? Dopo un giorno, la situazione sembrava già risolta. Recentemente, il consiglio di amministrazione della banca coinvolta ha confermato che l’istituto continuerà a operare normalmente, nonostante le indagini. Eppure, la questione è stata rapidamente dimenticata dai media, che hanno preferito concentrarsi su altri scandali meno rilevanti.
Infine, la situazione di Mps. I risultati finanziari verranno presentati domani, seguiti da un nuovo collocamento di azioni da parte del Ministero dell’Economia. Questo collocamento è cruciale, in quanto mira a ridurre la partecipazione dello Stato sotto il 20% del capitale. Tuttavia, il presunto acquirente ha già rifiutato l’offerta, aggiungendo ulteriori incertezze al futuro dell’istituto.
Questi esempi dimostrano che in Italia ci sono questioni ben più urgenti e gravi di quelle che spesso occupano le prime pagine dei giornali. È essenziale che ci si concentri su questi problemi reali, piuttosto che perdere tempo con distrazioni meno importanti.
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