Il Gruppo Bosch vuole vendere Edim, la ex Albertini di Villasanta, fonderia con lavorazioni meccaniche, “prima vittima in Brianza della crisi dell’automotive di cui è un pezzo di classe della filiera: 120 esuberi qui e 40 nel polo produttivo veneto di Quero, in provincia di Belluno. Questo il quadro che ci è stato prospettato”. Semplicemente “inaccettabile” per i sindacati. Che all’appuntamento con l’azienda si aspettavano di discutere di difficoltà e invece si sono ritrovati davanti il gruppo tedesco deciso a cedere gli stabilimenti. “Abbiamo chiesto al ministero di aprire subito un tavolo sulla vertenza”, dicono i metalmeccanici, che lunedì incontreranno i lavoratori che rischiano il posto in assemblea per definire in maniera quanto più possibile chiara il quadro della situazione.
“Alla luce dei numeri e dell’importanza del caso deve necessariamente intervenire il governo – chiariscono i segretari Gabriele Fiore della Fim-Cisl e Pietro Occhiuto della Fiom Cgil –. Ai manager abbiamo chiesto di fare subito un passo indietro”. Il problema, però, ha radici lontane, “dall’acquisizione, nel 2017, non sono stati fatti gli investimenti necessari a rilanciare il sito”. “Non c’è pace per l’ex Sime, un’altra delle vesti che la società ha avuto in passato, è un dramma senza fine – ancora Occhiuto – e ora si apre un nuovo fronte. Ci hanno spiegato che la pressofusione non rientra più nel loro business, anche se Bosch ormai fa lavatrici, tagliaerba, trapani”.
Lo stabilimento Edim riforniva tutto il gruppo “e infatti il fatturato era aumentato: da 47 milioni di euro a 79, ma adesso è subentrato un calo e il giro d’affari subirà un ridimensionamento nel 2025. Così la casa madre ha deciso di passare la mano”. L’operazione, secondo le sigle sindacali, sarebbe quella “di alleggerire la fonderia brianzola per renderla più appetibile e poi procedere con la cessione”. “Un piano visto altre volte che vogliamo bloccare – l’impegno dei rappresentanti dei lavoratori –: parliamo di uno stabilimento storico e di una pesantissima ricaduta sociale che avrebbe l’operazione se venisse realizzata”.
In servizio ci sono uomini e donne, l’età media è fra i 45 e i 50, un momento difficile per ricollocarsi e lontano dalla pensione. Nel 2017 l’arrivo del Gruppo Bosch era stato salutato come una svolta positiva, dopo tanti passaggi di mano per la fabbrica di San Fiorano, un’eccellenza nel panorama internazionale. Ai tedeschi forniva le scatole per gli sterzi delle auto. Nata negli anni Sessanta, da una piccola realtà si era imposta nel settore cambiando nome più volte, fino al gruppo Form. Soltanto nel 2021, il management sottolineava l’importanza del rapporto con il territorio, in particolare per la formazione. Un’alleanza concretizzata attraverso la collaborazione con tante scuole della provincia. E ancora, ribadiva la volontà di diventare un’impresa green a impatto zero, annunciando la conversione al fotovoltaico per il controllo dei consumi elettrici. “Oggi, invece, vogliono lasciare”. Ma i sindacati sono pronti a salvare ancora una volta tutto quanto: occupazione e sede.
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