Il Superbonus 110% è stato introdotto tramite il Decreto Rilancio (Legge 34/2024) durante l’emergenza causata dalla pandemia di Covid-19. Per rilanciare l’economia, favorire l’occupazione e sostenere la ripresa del settore edilizio colpito gravemente dalla crisi sanitaria, il governo italiano ha deciso di lasciare questa misura come parte di un pacchetto di interventi.
La misura in questione prevede una detrazione fiscale del 110% sulle spese sostenute per interventi di ristrutturazione edilizia e di miglioramento della classe energetica, da spalmare in cinque anni. Era altresì possibile cedere il credito d’imposta a banche o ad altri soggetti, una soluzione che ha incentivato ulteriormente l’accesso al beneficio anche per chi non aveva la capacità di utilizzare immediatamente le detrazioni.
Gli interventi coperti dal Superbonus riguardano l’isolamento termico, le installazioni di impianti fotovoltaici e la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale. Infine, il Superbonus si inserisce in un quadro più ampio di transizione ecologica, che si è fatto sempre più urgente a livello globale, anche in vista degli obiettivi europei.
Sempre in questo contesto, e nella vendita delle case ristrutturate, la normativa attuale impone un periodo di dieci anni per la tassazione delle plusvalenze, ossia sui i guadagni ottenuti dalla vendita di un immobile quando il prezzo di vendita è superiore al prezzo di acquisto e al netto di eventuali costi accessori.
Questo significa che se si ha intenzione di vendere una casa ristrutturata con il Superbonus entro un decennio dai lavori, la plusvalenza generata è soggetta a tassazione. Recentemente, alcuni membri del Parlamento, tra cui Lavinia Menunni, Guido Quintino Liris e Matteo Galmetti, hanno presentato un emendamento volto a ridurre il periodo a cinque anni. La commissione del Bilancio del Senato ha però dichiarato inammissibile la proposta.
COSA PREVEDEVA LA PROPOSTA
Come brevemente anticipato, la proposta mirava a ridurre il periodo di tassazione delle plusvalenze a cinque anni anziché a dieci, così da agevolare chi decide di vendere l’immobile dopo la ristrutturazione con superbonus. La proposta avrebbe permesso una tassazione agevolata già dopo i cinque anni, rendendo così più conveniente la vendita di immobili ristrutturati.
Un altro tentativo di modifica riguardava i condomini, dove il Superbonus è stato utilizzato per la ristrutturazione di parti comuni senza un reale beneficio dell’agevolazione fiscale da parte dei singoli condomini. Anche questa proposta è stata negata, quindi, anche i proprietari di appartamenti in uno stabile condominiale dovranno pagare la tassa sulle plusvalenze se decidessero di vendere l’immobile prima dei dieci anni.
Attualmente, la normativa rappresenta un’ardua sfida per i proprietari che hanno intenzione di vendere il proprio immobile ristrutturato con il 110%. Se decidono comunque di vendere, dovranno tenere in considerazione l’impatto fiscale della tassazione. Questa condizione porta così un gran numero di persone a decidere di posticipare la vendita dell’immobile.
NESSUNA AGEVOLAZIONE PER I PRELIMINARI FIRMATI PRIMA DEL 2024
L’emendamento cercava anche di chiarire la situazione per i contratti preliminari firmati prima del 2024, ma perfezionati solo nel 2024. La nuova legge sulla tassazione delle plusvalenze è entrata in vigore il 1° gennaio 2024, creando incertezze per chi aveva già firmato un contratto preliminare di vendita prima di tale data, ma aveva concluso formalmente la compravendita solo nel 2024.
Infine, proponeva di esentare dalla tassazione tutti quei contratti che, pur essendo stati formalmente conclusi nel 2024, erano già vincolati da un accordo preliminare firmato prima di gennaio. Ciononostante, questa proposta non è stata accettata, quindi i contratti conclusi nel 2024 sono comunque soggetti alle nuove regole fiscali, anche se erano già stati avviati prima di gennaio.
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