Il binomio Puglia e 2030 ricorre nelle misure regionali per lo sviluppo della nostra regione nel prossimo futuro. Insieme all’assessore regionale Alessandro Delli Noci – che di recente ha ricevuto dal presidente Michele Emiliano anche la delega alla Programmazione dei Fondi di Sviluppo e Coesione e Europei – cerchiamo di comprendere le prossime sfide da affrontare e gli obiettivi che l’amministrazione regionale intende raggiungere.
Dove va la Puglia verso il 2030? Sembra un obiettivo lontano, in realtà mancano pochi anni…
«La Puglia prova a costruire una centralità nel Mediterraneo, prova ad avere l’ambizione di un territorio moderno che, allo stesso tempo, guarda a un sistema mediterraneo ma anche a un sistema globale. Una regione che, quindi, non si sente seconda in un’asse Nord-Sud, ma che prova a costruire relazioni internazionali in virtù di quelle caratteristiche geografiche e strutturali che ci hanno favorito in questi anni e che ci hanno dato anche una visibilità e un’autorità internazionale. Non a caso viene fatto qui il G7, perché c’è stata una crescita non solo di brand identity ma di crescita economica. La Puglia non è ferma, è una delle regioni più virtuose, la prima regione nella scorsa programmazione per l’utilizzo dei fondi comunitari. È la regione che è riuscita a creare un abbassamento del divario digitale provando a costruire nuovi ecosistemi. Uno degli ecosistemi su cui si è investito più di tutti è quello dell’Innovazione digitale, un asset importante che per anni è stato un asse verticale che non dialogava con gli altri settori e che, invece, abbiamo voluto provare a direzionare verso la modernizzazione, questa è stata la chiave di volta per favorire la crescita di competenze”.
Cosa si intende per “Puglia dei colori”?
«Nei prossimi anni dobbiamo sfruttare tre grandi colori. Mi è capitato di dirlo più di qualche volta. Il colore Green, il colore verde, è quello che ci consente di essere una regione sostenibile, che riesce a spegnere i grandi produttori di energia a carbone e riesce a riconvertirsi dal punto di vista energetico. La Puglia prova a costruire un’indipendenza energetica abbassando quelli che sono i costi non solo per i cittadini ma anche per le imprese, puntando a essere realmente sostenibile. Blu è il secondo colore, perché siamo la regione continentale con il maggior numero di chilometri di costa, che abbiamo valorizzato da un punto di vista turistico e sotto il profilo della biodiversità. Ora dobbiamo rafforzare gli aspetti della pesca e della logistica. L’asse della logistica è un asse primario: la connessione tra i porti e la ferrovia ci può portare a essere il nord dell’Europa nei flussi delle merci. Di questo si è dibattuto tanto a Taranto. Bari lo è diventata ma ancora i porti principali in Italia si trovano al Nord Italia. Noi possiamo far risparmiare nelle rotte geografiche tantissimi chilometri se viene rafforzato, così come si sta facendo, l’asse ferroviario e abbiamo una direzione portuale importante anche in una ricalibrazione geopolitica che vede l’Europa protagonista dello scenario produttivo logistico di assemblamento di prodotti. Abbiamo visto, ad esempio, come Vestas, un’impresa importante, abbia deciso di investire proprio per una geografia logistica nel Mediterraneo, a Taranto. Un altro asse è il Grigio, perché le competenze, la materia grigia, oggi sono un asset primario perché tantissime imprese decidono di insediarsi, soprattutto post-pandemia, dove trovano il capitale umano adeguato. Quindi investire sul digitale, sull’innovazione, sulla modernità, sull’intelligenza artificiale ci consente di costruire un’occasione straordinaria. Una strategia generale che abbiamo denominato ‘Mare a sinistra’, una strategia che prova a costruire le condizioni di valorizzazione del capitale umano, di chi decide di restare, chi decide di rientrare, ma anche chi decide di scegliere un territorio dove meglio si può vivere, dove può costruire le condizioni di quel binomio tra famiglia, salute, lavoro, innovazione, quell’habitat naturale dove poter provare a costruire i propri interessi».
Quindi ci sono tutti gli ingredienti per creare le condizioni affinché gli studenti pugliesi restino qui dopo la laurea. Anche il nostro sistema universitario attrae l’insediamento di aziende e di imprese che lavorano sul digitale, sull’innovazione, sull’informatica.
«Il digitale è il futuro il sistema della formazione di alta eccellenza; il nostro sistema delle cinque università, dei nostri ITS è cresciuto moltissimo in questi anni e si è diversificato. Ma in questo momento è indispensabile anche l’acquisizione di competenze denominate soft skills. Noi vogliamo fare in modo che ognuno decida dove di formarsi, immaginando che la Puglia non sia un piano B e, una volta definito dove formarsi, sappia che può anche rientrare, se si è formato fuori, e trovare un territorio che ha l’ambizione e una visione del futuro di una regione moderna. Non solo una terra delle comodità ma una terra delle opportunità».
Con i fondi strutturali europei a che punto siamo come spesa? Sappiamo che questo settennio è iniziato con grande ritardo a causa dello slittamento del precedente provocato dal Covid. Siamo ancora tra le prime regioni se non la prima per la spesa?
«È presto per fare calcoli. La cosa che posso dire, con estrema certezza, è che almeno il mio Dipartimento lo Sviluppo Economico è il primo per la spesa. È un dipartimento che ha pubblicato oltre 20 bandi, che continua a pubblicare importanti opportunità che le imprese stanno cogliendo e che stanno mantenendo un PIL elevato di crescita. Adesso, con le nuove deleghe, proveremo a fare un’attività di azione di supporto a tutti i settori, per incidere con la spesa e mantenere quel risultato straordinario che abbiamo avuto sulla scorsa programmazione».
Puglia 2030 è anche il nome di un progetto che è stato finanziato di recente per la condivisione degli Open data che coinvolge tutti i comuni pugliesi. Qual è il ruolo di ciascuno dei Comuni, ma anche di ciascuno dei cittadini in questa condivisione di dati?
«Il dato è il capitale, l’oro dei prossimi anni. E il dato è lo strumento su cui si basa l’informazione, la conoscenza ma, soprattutto, l’intelligenza artificiale. Per fornire il maggior numero di dati dobbiamo coinvolgere ogni singolo territorio e avere una pianificazione complessiva. I dati possono essere utili per i cittadini che li utilizzano ma anche per gli amministratori che pianificano e per le imprese. Vogliamo fare in modo che non ci sia un’azione a marchia di leopardo, quindi, abbiamo voluto coinvolgere i piccoli, piccolissimi comuni in un’azione di modernizzazione comprendendo che è un fattore complesso, ma dando loro una cassetta degli attrezzi utile per affrontare la sfida del digitale».
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