Da mesi molti beneficiari dell’ADI, cioè dell’Assegno di Inclusione, hanno le loro pratiche sospese per accertamenti. In pratica, l’INPS ha la domanda di sussidio di un determinato beneficiario sospesa perché sta verificando alcune cose per tornare ad erogare il beneficio mensile del sussidio o per revocarlo del tutto.
Sono diverse le motivazioni che possono portare a una situazione di questo genere. Ma se alla fine dei controlli qualcosa non quadra secondo l’INPS, allora ecco che può scattare la revoca del beneficio.
E, soprattutto, possono scattare le conseguenze, anche molto gravi, a cui va incontro chi si rende responsabile di omesse dichiarazioni o di dichiarazioni mendaci. Per i furbetti tolleranza zero. E, soprattutto, sanzioni “monstre”.
“Buonasera, da qualche mese ho la mia pratica di Assegno di Inclusione sospesa perché pare che ci siano incongruenze tra il grado di invalidità che effettivamente ho a mio carico e quello che avrei dichiarato all’INPS nella mia DSU. In pratica, io ho dichiarato di avere una invalidità grave e invece l’INPS sostiene che io non ne ho una grave.
In effetti, io sono invalido al 60% e a quanto pare solo oltre il 67% gli invalidi possono prendere questo sussidio. Proprio stamane dall’INPS mi arriva una lettera in cui mi indicano che, non avendo il giusto grado di invalidità, ho 10 giorni di tempo per produrre la documentazione idonea a giustificare la corresponsione dell’ADI a mio nome. Altrimenti la mia pratica non solo verrà revocata, ma mi sanzioneranno. Non capisco perché mi devono sanzionare. Sono loro che mi hanno pagato da gennaio a luglio, sono loro che dovevano controllare prima se ne avevo diritto.”
Assegno di Inclusione, ecco cosa rischiano i furbetti a cui l’INPS ha sospeso il sussidio
In effetti, il caso del nostro lettore non è certo un caso isolato perché, come detto, sono davvero tanti i beneficiari dell’ADI che si trovano con una domanda sospesa dopo diversi mesi in cui hanno incassato il beneficio.
Può essere dipeso da incongruenze tra il grado di invalidità dichiarato e accettato, proprio come il nostro lettore. Ma può anche essere per mancata visita ai servizi sociali alle scadenze cadenzate di 90 giorni in 90 giorni.
Ma può anche dipendere da omesse dichiarazioni di inizio attività lavorativa o di attività lavorativa che ha superato i 3.000 euro di reddito aggiuntivo. O, ancora, di modifiche mai comunicate di variazioni di stato di famiglia, patrimoniali e reddituali. Se la sospensione del sussidio nasce da una dichiarazione del diretto interessato, cioè del beneficiario dell’Assegno di Inclusione, tutto è a posto.
Infatti, la sospensione del sussidio porta solo l’INPS a rivedere la domanda, confermare o revocare il sussidio. O ricalcolare il tutto dal punto di vista degli importi. Diverso è il caso di una sospensione che finisce poi nella revoca del sussidio per omesse dichiarazioni. O dichiarazioni mendaci del beneficiario.
Anche il carcere per chi fa il furbetto anche non volendo
Quando la sospensione preventiva del sussidio poi diventa una revoca definitiva, c’è il concreto rischio di finire nella cosiddetta revoca sanzionatoria. In questo caso, il beneficiario dell’ADI, reo di aver dichiarato il falso, rischia prima di tutto di dover restituire tutte le somme indebitamente percepite nei mesi di sussidio erogato proprio in base alle mendaci dichiarazioni. “La legge non ammette ignoranza”, così recita un vecchio detto che calza a pennello per l’ADI. Infatti, chi dichiara il falso non potrà certo giustificarsi con il fatto che non era a conoscenza delle regole.
Ogni errore commesso, anche se in buona fede, per l’Assegno di Inclusione vale come pratica da furbetti. E come tale, questa situazione fa scattare le sanzioni previste.
L’Assegno di Inclusione è stato introdotto dal DL n° 48 del 4 maggio 2023 e al suo articolo n° 8 si parla proprio di sanzioni. E oltre a dover eventualmente dare i soldi indietro come detto prima, il colpevole dell’errore, che sia stato fatto di proposito come fanno i furbetti, o involontariamente, rischia il carcere.
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Infatti si legge che “chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio economico, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, rischia il carcere da 2 a 6 anni”. Ma il carcere si rischia anche se si omettono informazioni rilevanti sopraggiunte dopo la fruizione del sussidio.
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