ROMA. «L’accordo sindacale siglato questo pomeriggio (ieri pomeriggio, ndr) e che ha coinvolto circa 195 mila dipendenti dei ministeri, delle agenzie fiscali, di Inps e Inail, e altre amministrazioni pubbliche, ha segnato un momento significativo nel panorama del lavoro pubblico in Italia. Con la firma di Confintesa Fp, Cisl-Fp, Confsal Unsa e Flp, è stato sancito un aumento medio salariale di 165 euro al mese per tredici mensilità, un passo importante verso il riconoscimento del lavoro svolto dai dipendenti pubblici». Lo dichiara Claudia Ratti, segretario generale di Confintesa Funzioni Pubblica. «Una delle novità più rilevanti dell’accordo – continua Claudia Ratti – è la possibilità di adottare una settimana lavorativa di quattro giorni, mantenendo inalterate le 36 ore settimanali, una misura che potrebbe rivoluzionare l’equilibrio tra vita lavorativa e personale. Inoltre, il riconoscimento del buono pasto durante il lavoro agile rappresenta un ulteriore incentivo per i lavoratori che scelgono questa modalità operativa». In merito alla rinuncia di Cgil e Uil di firmare il contratto, Francesco Prudenzano, segretario generale di Confintesa ha affermato che: «È incomprensibile come FP-CGIL e UIL-PA parlino di “rottura della trattativa”, considerando che sono state le loro delegazioni a lasciare il tavolo contrattuale al momento della firma. Inoltre, vale la pena sottolineare che le parti si sono impegnate ad avviare il rinnovo contrattuale 2025-27 già dall’inizio del 2025, con uno stanziamento iniziale di 5,5 miliardi; un evento che non si verifica fin dalla privatizzazione del Pubblico Impiego del 1993.
Cosa prevede il contratto
Il contratto, relativo al personale del comparto delle Funzioni centrali per il triennio 2022-2024, «presenta numerose innovazioni per i circa 195mila dipendenti di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici economici, e stabilisce un incremento mensile medio a regime di 165 euro, per tredici mensilità, pari a un aumento del 6%. A questi incrementi economici si aggiungono circa mille euro di arretrati medi mensili, calcolati al dicembre 2024», ha spiegato Antonio Naddeo, presidente Aran, al termine dell’incontro con i sindacati, che ha portato alla sottoscrizione del nuovo contratto per il pubblico impiego. «Tra le novità – ha sottolineato Naddeo – una maggiore valorizzazione del ruolo delle relazioni e della partecipazione sindacale e l’introduzione di una norma – già molto dibattuta a livello mediatico – che avvia la sperimentazione di una rimodulazione su quattro giorni, invece che su cinque, dell’attuale orario di lavoro di 36 ore settimanali, comportando ovviamente una giornata lavorativa più lunga, pari a nove ore più la pausa, oltre al riproporzionamento di ferie e permessi giornalieri. Si tratta di una prima sperimentazione, che le amministrazioni possono decidere di attuare su base volontaria e con l’assenso del lavoratore, fermi restando i servizi da erogare».
Più smart working
«In pratica – ha evidenziato il presidente Aran – un’ulteriore norma di flessibilità che si aggiunge alla possibilità di fare smart working in modo più articolato a seconda delle esigenze delle amministrazioni, con la quota di lavoro agile che può superare anche la presenza in servizio».
«Innovativa – ha proseguito Naddeo – l’introduzione dell’age management, che stimola le amministrazioni a tenere in considerazione le diverse età dei dipendenti, con il duplice obiettivo di avviare un nuovo patto intergenerazionale, valorizzando al meglio chi ha maggiore esperienza, attraverso il “mentoring”, nei confronti dei più giovani, ma allo stesso tempo permettendo di attivare un “reverse mentoring” verso i più anziani, per esempio, sulle competenze digitali. Nel testo si rivolge, inoltre, una particolare attenzione nella contrattazione integrativa per i nuovi assunti. In particolare con specifiche indennità, lavoro agile e welfare aziendale».
«Siamo chiamati a ridefinire un nuovo orizzonte alla Pubblica amministrazione e a rendere più attrattivo il lavoro, e sono certo che queste norme possono veramente avviare il cambiamento, iniziato con il precedente contratto firmato poco più di due anni fa, valorizzando le persone che ogni giorno garantiscono all’Italia servizi e competenze», ha concluso Naddeo.
Il no di Cgil e Uil
«Il governo e Aran si prendono la responsabilità di scegliere la via della rottura di una trattativa ancora in corso, quella del rinnovo del contratto funzioni centrali, che lasciava ancora margini per migliorare un testo che non dà risposte adeguate alle lavoratrici e ai lavoratori del comparto», hanno dichiarato Serena Sorrentino e Sandro Colombi, segretari generali di Fp Cgil e Uil Pa.
«Non comprendiamo perché, nonostante la discussione sulla Legge di Bilancio e sulle risorse da destinare al lavoro pubblico sia ancora in corso, si sia sentita la necessità di accelerare i tempi della trattativa, fino allo strappo con due delle organizzazioni sindacali più rappresentative – hanno aggiunto i sindacalisti – Nelle prossime ore continueremo le assemblee per spiegare le ragioni della nostra valutazione alle lavoratrici e ai lavoratori del comparto in tutto il Paese e sarà l’occasione per ribadire le motivazioni che ci portano allo sciopero del prossimo 29 novembre».
«Lavoratrici e lavoratori dei settori pubblici, che svolgono funzioni essenziali, meritano risposte su salari adeguati e non di subire la pesante ingiustizia di vedere riconosciuta solo un terzo dell’inflazione record registrata tra il 2022 e il 2024», hanno sottolineato i sindacalisti.
«Al Governo e al Parlamento diciamo che ci sono le condizioni per trovare aggiustamenti economici e normativi che consentano di dare giuste risposte. Chiederemo alle amministrazioni e alle altre sigle sindacali di procedere all’indizione di un referendum perché la parola per noi deve essere restituita alle lavoratrici e lavoratori e di certo non siamo noi ad aver paura della democrazia», hanno concluso Sorrentino e Colombi.
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