Una ricerca del Politecnico di Milano evidenzia come lavorare in smart working abbia fatto breccia nel cuore degli italiani: il 73% degli occupati attualmente in smart working non vorrebbe rinunciarvi e il 27% sarebbe pronto a cambiare lavoro in caso l’opportunità gli venisse revocata; il 46% tenterebbe di convincere il capo a mantenere la flessibilità del lavoro agile. Lo studio dimostra come il lavoro agile sia tuttora molto apprezzato, soprattutto dopo l’esperienza della pandemia.
Come testimoniano i dati, lo smart working viene considerato un fattore d’attrazione per i lavoratori e le aziende potrebbero utilizzarlo per mantenere i talenti.
Il ricorso allo smart working in Italia
Per smart working gli studiosi intendono “una filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati“.
Secondo i dati dell’Osservatorio smart working del Politecnico, l’accesso a questa modalità è tuttavia limitato con significative differenze tra grandi imprese, Pmi, microimprese e Pubblica amministrazione. Il numero di lavoratori da remoto è rimasto quasi stabile nel 2024 con 3,55 milioni di persone, leggermente in calo rispetto ai 3,58 milioni del 2023. Si tratta di una flessione del -0,8%.
Nelle grandi imprese il lavoro agile cresce significativamente, coinvolgendo quasi 2 milioni di lavoratori (1,91 milioni), con il 96% delle grandi realtà produttive che ormai adottano iniziative di smart working. La crescita è del +1,6% sul 2023. Nelle Pmi si registra una riduzione da 570.000 a 520.000 smart worker rispetto all’anno scorso. Nelle microimprese la situazione resta sostanzialmente stabile: 625.000 lavoratori nel 2024 e 620.000 nel 2023; nella Pubblica amministrazione si parla di 500.000 lavoratori nel 2024 e 515.000 nel 2023.
Per il 2025 si prevede una crescita del +5%, che porterebbe la quota di lavoratori in smart working a 3,75 milioni. Tutte le grandi imprese prevedono di conservare gli attuali assetti relativamente allo smart working. Ci si attende una crescita, in termini di personale coinvolto o di policy, pari al (+35%). A seguire, la Pa (+23%) e le Pmi (+9%).
Quanti giorni in smart working
Le grandi aziende permettono ai loro lavoratori di prestare l’opera in smart working per una media di 9 giorni al mese; la media cala a 7 giorni nel settore pubblico e a 6,6 giorni nelle Pmi.
Maggiore flessibilitÃ
In caso dovesse venire meno la possibilità di aderire al lavoro agile, i lavoratori chiederebbero ai datori di lavoro di compensare tramite maggiore flessibilità oraria o aumentando gli stipendi di almeno il +20%.
Solo il 19% di chi è tornato a lavorare in azienda l’ha fatto per scelta personale, perché non aveva più la necessità di lavorare da remoto o per socializzare con i colleghi; il 23% è stato trasferito a nuove mansioni che non possono venire espletate da remoto e il 58% ha subito una decisione presa dai vertici dell’azienda.
Ma oltre allo smart working, emergono sempre nuove forme di flessibilità . Meno di una azienda su 10 ha adottato la settimana corta, ma l’idea starebbe suscitando sempre maggiore interesse.
Riguardo al lavoro agile, il principale rischio percepito dalle aziende è la perdita di senso di appartenenza e la riduzione dell’engagement (per il 57% delle grandi imprese), mentre per il 46% la preoccupazione riguarda soprattutto la sicurezza dei propri dati.
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