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Seni rifatti coi soldi pubblici: “ritoccata” pure la collega del pm che indaga il chirurgo Alfano #finsubito prestito immediato – richiedi informazioni –


Seni rifatti a spese dei contribuenti, anche se il tumore non c’era. Sempre saltando la fila delle vere menomate, e caricando 7mila euro al giorno di sala operatoria più protesi sulle già dissestate casse della sanità pubblica. Se arriva a farlo una magistrata, la pratica dev’essere proprio diffusa. Succede a Salerno dove, indagando su un noto chirurgo, una pm incappa in una collega che porta addosso i benefici del “favore”. Ma andiamo con ordine.

Quello degli interventi chirurgici al seno è un business colossale: stando ai dati del ministero della Salute ogni anno in Italia vengono impiantate 57mila protesi e il costo dell’intervento oscilla tra i 6 e 10mila euro. C’è però un modo per averlo “gratis” facendolo presso strutture pubbliche con l’aiuto di medici compiacenti. Una pratica odiosa che sfugge ad ogni statistica per il mutuo interesse di chi la esegue e di chi ne beneficia.

L’Espresso e il Fatto Quotidiano hanno però raccontato il caso di uno noto chirurgo plastico di Salerno che da sempre esercita con gran disinvoltura. Si tratta di Carmine Alfano, il primario di Chirurgia Plastica all’Ospedale Universitario San Giovanni e Ruggi d’Aragona che a giugno è finito nella bufera per gli insulti agli specializzandi. Alfano è costretto a ritirarsi dalla corsa a sindaco di Torre Annunzia, la Procura di Salerno lo indaga per truffa, concussione, falso ideologico e viene pure inibito dall’attività ospedaliera. Il fascicolo è affidato alla pm Elena Cosentino. Dall’inchiesta giudiziaria, però, emerge anche altro.

Stando alle carte che abbiamo potuto visionare, il chirurgo avrebbe utilizzato le sale operatorie dell’ospedale pubblico per interventi chirurgici a soli fini estetici, inserendo conoscenti con priorità alta come per i casi oncologici veri. Ma c’è di più. Perché a beneficiare di questo generoso trattamento sarebbe anche una magistrata, e dello stesso distretto giudiziario della pm che indaga.

Salerno, metà dicembre del 2023. La togata in questione effettua un’ecografia mammaria presso un ambulatorio della Campana. Per aumentare il volume del seno nel 2001 aveva fatto una mastoplastica additiva, ma ora presenta “profili irregolari alla mammella destra con presumibile rottura intracapsulare”. Sei settimane dopo, la donna si presenta per una visita presso il dipartimento diretto da Alfano all’Ospedale di Salerno.

A visitarla è Alfano in persona che la inserisce in lista d’attesa con priorità d’urgenza – intervento entro 30 giorni – codice di norma riservato a gravi casi oncologici. Ma le “complicazioni meccaniche” non lo sono. Ricovero e intervento avvengono all’inizio di marzo, in linea con le indicazioni d’urgenza, non certo con le liste d’attesa della sanità campana e tantomeno coi tempi medi per una ricostruzione mammaria in Italia, che vanno dai sei ai 12 mesi.

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La scheda di dimissioni dice che di attesa la magistrata ne ha fatta poca: il 7 marzo, dopo tre giorni di ospedale totalmente a carico dell’SSN, esce dall’ospedale col seno nuovo, rifatto e rialzato. Perché oltre ad aver cambiato le vecchie protesi, fa una mastopessi bilaterale, cioè il sollevamento. Poteva farlo a carico del SSN?

“In base alla documentazione non poteva”, sostiene un perito del Tribunale di Milano: “Essendo la protesi impiantata nel 2001 a fini additivi, doveva essere rimossa e sostituita in una clinica privata al di fuori del contesto ospedaliero pubblico. Inoltre, la problematica insorta, cioè la rottura intracapsulare, non è una motivazione sufficiente per ricorrere a un intervento urgente in regime di Ssn”. Insomma, il chirurgo sembra confermare la frode all’Ssn. E non è l’unico caso.

In un audio registrato dagli specializzando di Salerno Alfano diceva di dover accontentare la richiesta di un “amico” per la figlia. Sennò “ci prende e ci porta sopra la Sila, ci attacca vicino a una pianta e ci fa stare nudi per una settimana e non lo viene a sapere nessuno”. La giovane donna viene inserita negli interventi ordinari urgenti, nonostante l’intervento fosse totalmente estetico: una mastopessi e un impianto di protesi bilaterale per asimmetria mammaria. Per essere coperta dall’SSN, però, l’asimmetria deve essere invalidante al punto tale da impedire alle braccia di muoversi.

“Ricostruzioni del setto nasale a fini estetici e non sanitari, piccole asimmetrie mammarie “passate” come interventi sanitari abbondano e i legali delle assicurazioni sanitarie private certo non si annoiano”, ammette Paolo Santanchè, socio della Società Italiana di Chirurgia Plastica ricostruttiva e dell’Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica. “Succede anche in ospedali pubblici”.

E infatti ci sarebbe un altro porto franco per protesi facili (e gratis). Dal 2005 al 2019 Alfano ha lavorato a Perugia, dove fino a settembre era a processo per truffa perché, secondo i magistrati, aveva un contratto di esclusiva con l’ospedale ma “con artifici e raggiri” eseguiva interventi chirurgici in altre cliniche private. Il procedimento penale è appena stato prescritto, prosegue quello civile: Alfano è stato condannato a risarcire parte del dovuto, la somma non soddisfa per intero l’ospedale che ha fatto ricorso alla Corte d’Appello di Roma.

Già all’epoca una specializzanda, oltre a minacce e richieste indegne (pulirgli l’auto, andare a comprare regali per l’amante) aveva riferito agli inquirenti di interventi estetici a carico della struttura. Ricontatta dai cronisti, ricorda: “Le diagnosi erano di asimmetria mammaria, eppure venivano inserite protesi di uguali dimensioni su entrambi i seni. I pazienti campani li operava lui, per lo più di chirurgia mammaria e rinoplastiche, mentre quelli perugini venivano rimandati a data da destinarsi, mai operati”. Della segnalazione però non ha più saputo nulla. “Dopo un anno e mezzo la situazione non era più sostenibile, Alfano è stato trasferito alla Sapienza di Roma”. E da lì a Salerno, dove emergono analoghe condotte. Contattato dal giornale, Alfano non ha risposto alle nostre domande. Ai magistrati qualcosa dovrà pur dire.



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