Insegnare ai bambini a riconoscere
un attacco di ictus e a chiamare immediatamente il numero
telefonico d’emergenza 112 può essere molto importante
nell’eventualità di trovarsi nella situazione in cui un adulto,
ad esempio un genitore o un nonno, ne è colpito. È da questi
presupposti che nasce ‘Fast Heroes’, campagna educativa globale
e gratuita sviluppata dal Dipartimento di Istruzione e Politiche
Sociali dell’Università della Macedonia avviata in una ventina
di Paesi, Italia compresa, e sbarcata a Genova.
È rivolta principalmente alle bambine e ai bambini delle
scuole dell’infanzia e primaria, ai loro familiari ed insegnanti
e si pone l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sull’ictus,
sindrome clinica che richiede un immediato intervento e cure
mediche di alta qualità. Il riconoscimento rapido dei sintomi di
questa grave condizione medica è infatti fondamentale per
salvare vite e ridurre i danni cerebrali permanenti.
Il progetto è stato presentato a Palazzo Tursi alla presenza
delle assessore comunali Marta Brusoni (Politiche
dell’Istruzione e Servizi Civici) e Lorenza Rosso (Famiglia e
Servizi Sociali), con loro Nicoletta Reale presidente
dell’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale Liguria.
“Insegnare alle nuove generazioni a saper riconoscere e ad
affrontare una situazione di grave situazione medica come il
sopravvenire di un ictus è di grandissima importanza”, commenta
Brusoni. “La campagna di sensibilizzazione per una problematica
grave come l’ictus non può che coinvolgere tutte le fasce d’età,
a partire proprio dai più giovani”, dichiara Rosso.
Tra i sintomi dell’ictus più comuni che devono mettere in
allerta la difficoltà nel parlare correttamente, alterazioni
della vista, deficit di forza o sensibilità da un lato del
corpo, alterazione dell’equilibrio o stato confusionale.
Fino all’80% dei pazienti con ictus non riconosce i propri
sintomi e non ritiene che la situazione sia abbastanza grave da
agire rapidamente e circa la metà dei pazienti ha nipoti piccoli
con cui trascorre almeno un paio di pomeriggi alla settimana, da
qui l’idea che i bambini possano diventare veicoli
dell’informazione, piccoli ‘supereroi’ che aiutano i nonni e gli
altri adulti.
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