Ha suscitato grande interesse la terza edizione del Biella Digital Summit, il convegno di Unione Industriale Biellese dedicato ai temi della digitalizzazione per le imprese. Questa edizione, che si è svolta lo scorso martedì a Palazzo Gromo Losa, si è concentrata sull’intelligenza artificiale. Dopo i saluti introduttivi del direttore UIB, Pier Francesco Corcione, l’incontro è entrato nel vivo con l’intervento di Marco Camisani Calzolari.
Camisani Calzolari ha sottolineato come il digitale sia ormai ovunque e ricopra un ruolo centrale in numerosi settori e professionalità. L’intelligenza artificiale è uno dei grandi temi della digitalizzazione. Ma, che cos’è realmente l’intelligenza artificiale? Che pericoli può creare questo mondo caratterizzato da notevole complessità, più per le sue implicazioni che per gli algoritmi utilizzati? Camisani Calzolari ha sottolineato che, prima di tutto, l’intelligenza artificiale è da comprendere, allo stesso modo in cui, anni fa, le imprese si sono approcciate al web.
In sintesi, Camisani Calzolari ha definito i sistemi di I.A. “pappagalli stocastici”, cioè in grado di lavorare velocemente una mole enorme di informazioni, ma non di elaborarla. Ecco perché l’uomo è comunque al centro di questa trasformazione, che investe la società e il mondo del lavoro. I sistemi di I.A. possono potenziare l’attività umana ma non sostituirla. L’intelligenza artificiale è un aiuto straordinario e va utilizzata per non “rimanere irrimediabilmente in dietro”, tuttavia l’I.A. sbaglia, quindi è pericolosissima se usata in sostituzione della competenza. La sua introduzione nelle imprese sta portando e porterà a importanti cambiamenti nel mondo del lavoro, creando nuove professioni e modificandone altre. Significa che l’inserimento dell’I.A. in azienda va governato fin da ora, non solo nelle grandi imprese ma anche in quelle di dimensioni minori. Va inoltre considerata la prospettiva di robot con intelligenza artificiale antropomorfi.
Per l’imprenditore, sottolinea Camisani Calzolari, è fondamentale capire dove porterà questa evoluzione anche in ambito manifatturiero. Permette di aumentare l’efficienza e ridurre gli sprechi, di fare manutenzione preventiva, di garantire grandi vantaggi alla supply chain. Ad esempio ci sono software che “prevedono” quando i macchinari possono guastarsi; che analizzano dati e costi per ottimizzare la supply chain; che applicano l’I.A. all’automazione migliorando la precisione anche nel campo del controllo qualità attraverso logiche predittive o di riconoscimento di immagine; che pianificano la produzione attraverso I.A. Software e applicazioni gestibili attraverso un semplice smartphone.
Tutto questo, però, consuma moltissima energia, che è necessaria per addestrare l’I.A. e per utilizzarla: il cervello umano consuma 30 watt dove l’I.A. ne impiega mille. E ne occorrerà sempre di più, in modo esponenziale rispetto alla crescita degli utenti che useranno la I.A. Si stanno aprendo nuove prospettive in diversi settori, ad esempio la mobilità, con la guida autonoma, o la sanità, con le interfacce cerebrali, basate sul machine learning. La questione della sostenibilità, delle risorse energetiche crescenti necessarie all’I.A. è un aspetto che, come ha evidenziato Camisani Calzolari, va considerata.
Se tutto è digitale, dai dati aziendali ai documenti riservati, il nodo della sicurezza è centrale. Il Cybersecurity Risk Report dice che solo il 10% delle aziende ha adottato misure di sicurezza informatica e che il 60% delle piccole imprese colpite da attacco informatico fallisce nell’arco di sei mesi. Il vero punto debole, ma anche la prima difesa del sistema di sicurezza informatica in azienda, sono le persone: un’adeguata formazione è necessaria per prevenire i cyber attacchi.
Servono anche nuove regole che definiscano quando l’I.A. può o non può essere usata. In Europa è stato approvato l’AI Act ma mancano ancora criteri di valutazione seri e standardizzati per misurare il comportamento responsabile degli LLM (Large Language Model, cioè algoritmi di deep learning capaci di riconoscere, generare, riassumere, tradurre e prevedere contenuti utilizzando grandi set di dati, come Chat GPT). Se non ci sono regole condivise, è difficile anche per le imprese competere a livello internazionale. Per proteggere maggiormente i dati, personali e aziendali, è possibile scegliere strumenti e LLM che funzionano in locale.
Sono numerosi anche i vantaggi che può portare l’I.A., a partire dalla semplificazione e la possibile riduzione delle disuguaglianze grazie all’accesso a strumenti sofisticati ma meno costosi e disponibili grazie ad una connessione internet. In conclusione, è fondamentale sviluppare un’ampia cultura digitale per governare questo stravolgente cambiamento. La seconda parte del convegno è stata dedicata alle domande da parte degli imprenditori UIB che, in dialogo con Marco Camisani Calzolari, hanno approfondito diversi aspetti legati a temi di interesse e settori.
Sono intervenuti, in particolare, Matteo Coppa, rappresentante del Comitato Piccola Industria; Filippo Lanaro, presidente Sezione Meccanici; Stefano Aglietta, presidente Sezione Filature; Michele Tolu, presidente Sezione Servizi Innovativi Tecnologici; Edoardo Pampuro, vice presidente della Sezione Alimentari e Bevande; Alessandro Boggio Merlo, presidente Sezione Turismo e Cultura; Stefano Sanna, presidente GGI. Il convegno si è concluso con gli interventi degli esperti del Digital Innovation Hub Piemonte e di Ermanno Rondi, presidente di Città Studi, che hanno valorizzato il loro ruolo a sostegno della digitalizzazione delle imprese biellesi.
Di seguito l’intervista a Calzolari
c. s. UIB g. c.
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