Questa attualmente risulta come una provocazione, ma tra qualche anno potrebbe diventare un’idea seria: secondo me l’INPS dovrebbe comprare Bitcoin.
I sistemi pensionistici dovrebbero raccogliere e mettere da parte i contributi versati dai lavoratori, per poi ridarglieli indietro sotto forma di pensione quando smettono di lavorare.
I veri fondi pensione funzionano così, mentre in realtà l’INPS italiana no.
Il problema principale per i fondi pensione che mettono da parte i contributi che ricevono è come proteggere il valore reale di questi fondi che incassano, dato che li incassano in valuta fiat (euro, dollari, ecc.). Il fatto è che la valuta fiat deve perdere potere di acquisto (ovvero valore reale) al ritmo di circa il 2% all’anno, anche se ovviamente il suo valore nominale rimane sempre lo stesso.
Questo problema nell’arco di decenni si ingigantisce a tal punto che per i fondi pensione risulta essere particolarmente difficile proteggere il valore reale dei fondi versati loro dai contribuenti.
Ma, mentre le valute fiat sono inflazionistiche, Bitcoin è stato progettato per avere natura deflattiva, ovvero con un’inflazione della massa monetaria in costante ed inevitabile calo, fino a diventare addirittura deflazionistico tra qualche decennio.
Infatti ci sono già fondi pensione che investono una piccola parte dei contributi che ricevono in BTC. Investirli tutti sarebbe un rischio assurdo ed eccessivo, ma investire meno del 3% attutisce di molto il rischio. Anzi, diversi fondi pensione che stanno già acquistando Bitcoin in giro per il mondo ci ha investito meno dell’1%.
Secondo me dovrebbe fare così anche l’INPS. Dovrebbe investire il 2%, o l’1%, o anche meno, dei contributi che incassa ogni mese (o ogni tre mesi) per comprare BTC, per poi rivenderli in parte non appena questi producessero un guadagno significativo.
Ad esempio potrebbe vendere solo le cifre guadagnate, ogni volta che queste eccedessero il 10%.
In teoria, così facendo, potrebbe riuscire a proteggere il valore reale dei contributi dei lavoratori che dovrà dare loro indietro, anche se in realtà l’INPS non li mette da parte. Inoltre così facendo si potrebbe persino arrivare, in teoria, a poter ridurre i contributi pensionistici versati dai lavoratori.
Investendo meno dell’1% in Bitcoin i rischi sarebbero minimi, ma la possibilità di migliorare la protezione dei contributi dei lavoratori dall’inflazione nel corso dei decenni potrebbe esserci. A quel punto varrebbe la pena se non altro prendere in considerazione questa eventualità.
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