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ritenuta agevolata sulle royalties del beneficiario effettivo #finsubito prestito immediato


Cassazione: ritenuta agevolata sulle royalties del beneficiario effettivo

Ai fini dell’applicazione della ritenuta agevolata, forniti chiarimenti in merito all’individuazione delle beneficiarie effettive dei compensi corrisposti a titolo di royalties (Cassazione – sentenza 14 ottobre 2024 n. 26640, sez. trib.)

Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte, a seguito di processo verbale, redatto dalla Guardia di Finanza, l’Ufficio contestava ad una s.r.l. di avere utilizzato per l’attività alberghiera marchi di proprietà altrui i cui licenziatari venivano individuati in società aventi sede in Lussemburgo.

In particolare, la contestazione riguardava i compensi corrisposti alle società detentrici dei marchi relativi alle strutture alberghiere rispetto ai quali non era stato possibile individuare il beneficiario effettivo con conseguente inapplicabilità delle minori ritenute ai sensi dell’art.12 della Convenzione Italia/Lussemburgo contro le doppie imposizioni.

Il ricorso proposto dalla società in questione avverso l’atto impositivo venne rigettato dall’adita CTP e la decisione, appellata dalla stessa, veniva riformata dalla CTR che annullava integralmente l’avviso di accertamento.

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Il Giudice di appello riteneva che la Società avesse fornito idonea prova atta a dimostrare che le società, aventi sede in Lussemburgo, fossero le effettive beneficiarie dei compensi corrisposti a titolo di royalties sui marchi, con conseguente e, quindi, corretta applicazione da parte della contribuente delle ritenute nella misura del 10%. Aggiungeva il Giudice di appello che anche se si dovesse ritenere, come assume l’Agenzia delle entrate, che il beneficiario definitivo fosse una società americana la convenzione italo-statunitense sarebbe stata ancora più favorevole (8%).

Avverso la sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, articolato su due motivi:

– la ricorrente, con il primo motivo, censura la sentenza impugnata per avere la CTR ritenuto che la Società avesse provato che la s.r.l. fosse stata l’effettiva beneficiaria delle royalties oggetto dell’avviso di accertamento. In particolare, secondo la ricorrente e contrariamente a quanto ritenuto dalla CTR, le operazioni condotte dai verificatori avevano consentito di fare emergere un beneficiario effettivo non corrispondente alle Società lussemburghesi licenziatarie dei marchi, in quanto la s.r.l. non deteneva il controllo esclusivo del marchio, non subiva il rischio di un’eventuale diminuzione di valore del bene immateriale, aveva una limitatissima organizzazione operativa comprovata dall’esiguità del personale dipendente, era totalmente sottoposta al controllo della società americana attraverso una serie di società collegate e partecipate, dislocate in Lussemburgo; non svolgeva funzioni operative, di coordinamento, di comando e di controllo che erano, invece, di esclusivo appannaggio della società americana;

– con il secondo motivo di ricorso si deduce che la CTR non avrebbe fatto corretta applicazione dei principi in materia di prova per presunzioni nel rapporto con il Fisco, avendo annullato l’atto impositivo impugnato senza operare una valutazione complessiva di tutte le circostanze indiziarie addotte dall’Ufficio le quali, invece, avrebbero giustificato la conferma del rilievo fiscale in contestazione.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in materia di beneficiario effettivo: “In tema di doppia imposizione internazionale, ai fini della tassazione delle “royalties”, opera il criterio, elaborato dalla prassi internazionale, del “beneficiario effettivo”, volto a contrastare pratiche finalizzate a trarre profitto dalla autolimitazione della potestà impositiva statale, in forza del quale può fruire dei vantaggi garantiti dai trattati solo il soggetto sottoposto alla giurisdizione dell’altro Stato contraente che abbia la reale disponibilità giuridica ed economica del provento percepito, realizzandosi, altrimenti, una traslazione impropria dei benefici convenzionali o un fenomeno di non imposizione”.

Il concetto, seppure per la differente fattispecie di interessi ma ugualmente applicabile in materia di royalties, è stato ulteriormente specificato dalla Cassazione la quale ha statuito che ” In tema di esenzione degli interessi e di altri flussi reddituali dall’imposta ex art. 26-quater del d.P.R. n. 600 del 1973, è onere della società contribuente provare la propria qualità di beneficiario effettivo degli stessi, superando a tal fine tre test, autonomi e disgiunti, che, in rapporto alla fattispecie concreta, prendono in considerazione dei “parametri spia” o “indici segnaletici”:

– il “substantive business activity test”, che verifica se la società percipiente svolga un’attività effettiva;

– il “dominion test”, che verifica se la società percipiente possa disporre liberamente delle somme percepite a titolo di dividendi o interessi o sia invece tenuta a rimetterla ad un soggetto terzo;

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– iii) il “business purpose test”, che verifica le ragioni dell’interposizione di una società nel flusso reddituale transfrontaliero, e cioè se abbia una funzione nell’operazione di finanziamento o se sia mera “conduit company” (o “société relais”)”.

Alla luce dei principi specificati e ribaditi in tale ultima pronuncia, il mezzo di impugnazione non appare meritevole di accoglimento, non ravvisandosi nella sentenza impugnata alcun errore di diritto, avendo la CTR correttamente individuato le norme e i principi regolatori della materia ed essendo pervenuta alla conclusione che le royalties versate dalla sr.l. a una società lussemburghese per l’uso del marchio della società americana dovesse essere applicata l’aliquota ridotta del 10%, in luogo della più gravosa aliquota del 30%, essendo la società di diritto lussemburghese la “beneficiaria effettiva” delle royalties e ciò sulla base di un apprezzamento di fatto fondato sugli elementi forniti dalle parti la cui censura, ad opera della ricorrente, è inammissibile.  Invero e inoltre, dalla sentenza impugnata, emerge che la stessa società beneficiaria svolgesse un’attività economica effettiva sfruttando i Marchi e licenziandoli a terzi (substantive business activity test), avesse il diritto di disporre dei Canoni senza alcun obbligo di riversarli a terzi (dominion test) e avesse una funzione economica quale titolare dello sfruttamento dei Marchi (business purpose test).

Tuttavia la censura articolata con il secondo motivo di ricorso è infondata. Nel caso in esame, le argomentazioni svolte dall’Agenzia delle entrate non prospettano la violazione degli artt.2727 e 2729 c.c., risolvendosi in definitiva nell’allegazione di una diversa ricostruzione delle questioni di fatto e nella contrapposizione a quelli forniti dalla contribuente, dei diversi elementi indiziari (peraltro neppure dirimenti) forniti dall’Ufficio, la cui valenza probatoria è stata espressamente disattesa dalla CTR.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

di Ilia Sorvillo

Fonte normativa



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