La mostra sull’esperienza in Carso. L’interpretazione degli artisti contemporanei e un docufilm
Il respiro di Giuseppe Ungaretti e il respiro di quei luoghi dalla melanconica bellezza, aspri e fragili, in bianco e nero o dai colori brillanti. Vediamo un paesaggio immenso, dilatante e dilatato fino al mare: è la vista dal Monte San Michele, quello scenario che Ungaretti visse durante la Grande Guerra. Nel 1966 a distanza di mezzo secolo dalla pubblicazione di Il Porto sepolto, il poeta tornò in quel punto panoramico e a Gorizia, ospite del convegno «La poesia, oggi», disse: «Il Carso oggi non è più un inferno, è il verde della speranza».
La narrazione
Parte da quel verde infinito la narrazione di Ungaretti poeta e soldato. Il Carso e l’anima del mondo. Poesia, pittura, storia, il nuovo vasto progetto multidisciplinare firmato da Marco Goldin, che spiega: «Sono entrato per il mio primo corso in un’aula universitaria a Ca’ Foscari e il professore ha tirato fuori un libro dicendo: “il corso sarà sulla poesia di Ungaretti, inizieremo col Porto sepolto”. Era segnato nel mio destino che oltre 40 anni dopo tornassi alla sua limpida, denudata e arroventata poesia».
L’iniziativa si compone di due mostre, al Museo Civico di Santa Chiara di Gorizia e alla Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone, aperte da sabato fino al 4 maggio 2025. Promosso dai Comuni di Gorizia e Monfalcone con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, la partecipazione di PromoTurismoFVG e l’organizzazione di Linea d’ombra, il progetto s’inserisce nelle manifestazioni di «GO! 2025».
«Il progetto di Goldin – sottolinea Anna Del Bianco, direttrice generale Erpac – rientra esattamente nella strategia regionale di creare per Gorizia capitale europea della cultura prodotti che restino nella memoria». La mostra goriziana è un excursus sull’avventura dello scrittore nei due anni trascorsi sul Carso tra la fine del 1915 e la fine del 1917, con le battaglie a cui ha partecipato, i momenti di riposo in retrovia e i congedi. La parte storica è stata affidata a Lucio Fabi; Paolo Ruffilli e Maurizio Cucchi si sono occupati dell’analisi dell’opera letteraria legata alla pubblicazione a Udine, in 80 soli esemplari nel dicembre 1916, di «Il porto sepolto», a cura di Ettore Serra. Si parte a rovescio per quel che riguarda gli spazi, col visitatore invitato a salire al terzo e ultimo piano del museo dov’è allestita una sala con 100 posti, per immergersi – con un docufilm di 40 minuti di Marco Goldin – in viaggio tra letteratura, storia e pittura, che s’accende da quel panorama al San Michele. Sulle note di Remo Anzovino, alle immagini d’epoca si alternano quelle girate con i droni sul Carso, inframezzate da dialoghi tra Goldin e Fabi sui luoghi delle trincee, spezzoni dalle Teche Rai con interventi di Ungaretti e brani del poeta letti dall’attore Gilberto Colla. Poi le pitture di quei luoghi, dipinte oggi, che sullo schermo prendono vita grazie alle animazioni create da Alessandro Trettenero. Sono alcuni tra i 100 quadri che 12 pittori italiani hanno realizzato dopo avere calpestato quei paesaggi. Ed ecco l’esposizione, a scendere di piano in piano, che è sì una mostra dall’impronta storica e letteraria, con altri approfondimenti filmici, i versi ungarettiani e la fisicità di oggetti, fucili e uniformi originali, «ma è anzitutto una mostra di pittura», chiosa il curatore trevigiano.
Mosaico visivo
Dalla reinterpretazione della trincea di San Michele e di un terreno dolceamaro di Matteo Massagrande; alle luci soffuse del Carso di Francesco Stefanini e alle atmosfere post-turneriane di Graziella Da Gioz; è un sogno onirico L’Isonzo sotto il Sabatino di Franco Dugo e un sogno azzurro Nell’acqua quello di Laura Barbarini. Giovanni Frangi rende franto il paesaggio, con le sue pietre-macchie di colore depositate sulla tela; Francesco Michielin ci restituisce un quasi surrealista Porto sepolto. C’è un silenzio esteso nelle opere di Cesare Mirabella, è una pittura fotografica che si sfalda quella di Alessandro Papetti, sia nei paesaggi sia nel ritratto del poeta, effigiato anche da Andrea Martinelli e che ritroviamo pure in una tela di Franco Polizzi, immortalato tra le macerie e nella sua «grigità». Fino all’Ungaretti trasfigurato da Alessandro Verdi in una luna che illumina un notturno sul Carso. Un mosaico visivo di Ungaretti soldato e uomo, che si completa con una ricostruzione di un campo di battaglia e con la chicca di una preziosa copia di Il porto sepolto, vidimata dalla Procura del re. «Un cammino dei ricordi – conclude il sindaco di Gorizia, Rodolfo Ziberna – che dal passato ci porta ai giorni nostri».
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