VENEZIA – Ora anche la Procura regionale della Corte dei conti vuole vederci chiaro sulla vendita di palazzo Papadopoli a Venezia, perfezionata nel 2019 a un prezzo di 10 milioni 800mila euro. Il provvedimento di messa in mora ai fini dell’interruzione della prescrizione è stato notificato a 16 persone tra cui il sindaco Luigi Brugnaro, il capo e il vicecapo di gabinetto Morris Ceron e Derek Donadini, l’ex assessore (ora in carcere) Renato Boraso, tutti indagati a vario titolo nella cosiddetta operazione Palude che lo scorso luglio aveva portato all’emersione di diversi presunti episodi di corruzione in laguna. E poi a tutti gli altri assessori in carica nel 2017, esclusi due che erano in ferie quando le delibere furono approvate in Giunta, e a 6 dirigenti comunali che avevano preso parte al processo decisionale che portò alla cessione dell’immobile, fino a quell’anno iscritto a bilancio per 14 milioni.
Perché questa operazione è considerata importante? Perché nell’ambito dell’inchiesta “Palude” la Procura presso il Tribunale di Venezia aveva acceso un grande faro su quell’operazione, ipotizzando che sarebbe servita a “incoraggiare” il magnate di Singapore Ching Chiat Kwong a investire nell’area cosiddetta dei Pili a Porto Marghera, l’ultimo lembo di terraferma (41 ettari) che si incontra in auto prima di imboccare il ponte sulla laguna che porta a Venezia.
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