Il personale docente e ATA, sia a tempo determinato che indeterminato, ha diritto a tre giorni di permessi retribuiti per motivi personali o familiari. Tale diritto, introdotto con il Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) 2006-2009, è stato ulteriormente esteso dal CCNL Istruzione e Ricerca 2019-2021 anche ai supplenti. Recenti sviluppi giurisprudenziali hanno ribadito l’importanza di una motivazione chiara per poter usufruire di questi permessi. Di seguito un’analisi delle novità e delle regole fondamentali.
L’ordinanza della Cassazione sui permessi retribuiti
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (ordinanza n. 12991 del 13 maggio 2024) ha affrontato una controversia relativa ai permessi retribuiti richiesti dal personale scolastico per motivi personali o familiari. Nel caso in esame, un dirigente scolastico aveva respinto la richiesta di permesso perché considerata troppo generica.
La Cassazione ha confermato che, sebbene il dipendente non debba fornire dettagli riservati, la motivazione deve essere comunque specifica e chiara. La sentenza chiarisce che il dirigente scolastico non ha facoltà di valutare la validità delle motivazioni personali o familiari, ma può considerare eventuali impedimenti organizzativi.
Come funzionano i permessi retribuiti per docenti e ATA
Il diritto ai permessi retribuiti per motivi personali o familiari, introdotto nel 2007, prevede tre giorni all’anno di permesso per il personale docente e ATA, a condizione che siano fornite motivazioni adeguate. L’autocertificazione è sufficiente a giustificare la richiesta, evitando così la necessità di dettagli approfonditi.
L’estensione di questo diritto anche ai lavoratori precari, come i supplenti, attraverso il CCNL 2019-2021, ha garantito una parità di trattamento tra personale a tempo determinato e indeterminato. Per richiedere i permessi, è necessario presentare una richiesta scritta, corredata da una motivazione personale o familiare.
Il ruolo del dirigente scolastico
L’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) ha ribadito che il dirigente scolastico non ha il diritto di interferire con le motivazioni fornite dal dipendente. Il suo ruolo è limitato al controllo formale della domanda, senza alcuna valutazione di merito sulle ragioni personali del lavoratore.
La sentenza della Cassazione ha ribadito che il rigetto di una richiesta è possibile solo in caso di insufficiente giustificazione della motivazione, e non a causa di una valutazione personale del dirigente.
La recente ordinanza della Cassazione non introduce nuove norme, ma chiarisce ulteriormente le regole già esistenti sui permessi retribuiti per il personale docente e ATA. La richiesta di permesso deve essere specifica e ben motivata, anche se il controllo del dirigente scolastico rimane puramente formale. Questo garantisce al lavoratore il diritto di usufruire dei permessi, nel rispetto delle norme contrattuali e delle esigenze organizzative della scuola.
Per maggiori informazioni su questi permessi e sulle condizioni contrattuali del personale scolastico, è possibile consultare le nostre risorse dedicate alla scuola e ai docenti.
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