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dati e proposte per affrontare un disagio crescente • Secondo Welfare #finsubito prestito immediato


Lo scorso settembre a Napoli si è tenuta la XVI Conferenza ESPAnet Italia. Di seguito proponiamo la sintesi di uno dei paper  presentati durante la sessione dedicata alla salute mentale delle nuove generazioni, che crediamo di valore per approfondire il tema del benessere psicologico a scuola (e non solo).

Già nel 2021, l’United Nations Children’s Fund (UNICEF, 2021) sottolineava come lo stigma e la discriminazione, assieme a un’insufficiente offerta di servizi di prevenzione della salute mentale e benessere psicosociale degli adolescenti, impedissero spesso, soprattutto a chi ne ha più bisogno, di ricevere assistenza e cure.

In questo contesto, il report “Life in Lockdown” (Sharma et al., 2021) ha analizzato un ampio insieme di ricerche provenienti da tutto il mondo con l’obiettivo di descrivere lo stato della salute mentale e del benessere di bambini e adolescenti durante la pandemia di Covid-19. Il report evidenzia come la pandemia abbia inciso profondamente sulla salute mentale dei più giovani, portando a un aumento di alcune sindromi neuropsichiatriche.

Altri studi (Banati, Jones, & Youssef, 2020; Salari et al., 2020; Sherr et al., 2021) hanno inoltre rilevato un incremento nei livelli di depressione, ansia e problemi comportamentali, riscontrando, rispetto al periodo pre-pandemico, anche un aumento dei disturbi comportamentali e dell’abuso di sostanze. Sul fronte comportamentale il lockdown ha intensificato sentimenti di paura, ansia, rabbia, irritabilità, negatività e disattenzione, soprattutto nelle nuove generazioni, con particolare significatività nei confronti dei bambini con ADHD e autismo.

Disagio giovanile: smettiamola di dare tutte le colpe al digitale

Quello della salute mentale è pertanto un fenomeno complesso e multidimensionale, sicuramente aggravato dalle condizioni di lockdown, che necessita pertanto di una risposta bidirezionale (Sanfelici, Mordeglia, & Gui, 2020). Se da un lato, infatti, è necessaria una ristrutturazione generale degli apparati organizzativi al fine di rispondere adeguatamente alle nuove esigenze numeriche della salute mentale, dall’altro lato, quello individuale, è fondamentale investire in una formazione professionale capace di comprendere sia i bisogni delle persone che i contesti culturali, promuovendo nuove prospettive oltre le logiche prestazionali (Longo e Maino, 2021).

Cosa fanno le nuove generazioni?

Sebbene il processo di innovazione dei servizi sociosanitari e educativi avanzi con tempi spesso inadeguati, le nuove generazioni hanno già cominciato a utilizzare i mezzi a loro disposizione per esprimere le proprie esigenze e richiamare l’attenzione della società civile. Le organizzazioni giovanili sono infatti le stesse che rivendicano i propri diritti chiedendo di porre maggiore attenzione al tema del benessere psicologico, utilizzando sia strumenti politici che iniziative di sensibilizzazione e promozione di dialogo.

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In questa direzione si muovono le campagne promosse dalle organizzazioni giovanili e di rappresentanza studentesca-universitaria che sostengono con forza iniziative legislative volte all’introduzione di figure quali lo Psicologo di base, previsto, tra le altre, dalla proposta di legge A.C. 814 Ciocchetti e dalla proposta A.C. 1034 Lupi, e già anticipato da alcune Regioni, ovvero, di misure quali il Bonus Psicologico, previsto dal Decreto Legge 3 Dicembre 2021, numero 228 e più volte finanziato (INPS, 2024).

Nel febbraio 2022 la Rete degli Studenti Medi e l’Unione degli Universitari hanno dato avvio a una campagna volta alla sensibilizzazione sul tema del benessere psicologico: “Chiedimi come sto”. In collaborazione con Alta Scuola SPI-CGIL e IRES Emilia-Romagna, la campagna si è poi articolata in un questionario online, diffuso tra febbraio e marzo 2022, che ha raggiunto circa 30.000 studenti (Dazzi & Ingenito, 2022).

La ricerca condotta ha adottato un approccio mixed methods facendo precedere alla somministrazione del questionario una serie di interviste a soggetti di spicco della formazione e due diversi Focus Group, adottando dunque una metodologia partecipativa (Wadsworth, 2011).

Una generazione precaria

Sulla base di un modello biopsicosociale abbiamo esaminato le risposte alle principali domande del questionario Chiedimi Come Sto, prodigandoci in una nuova rielaborazione delle base dati e interrogandoci su quali fossero le determinanti principali del disagio psicologico nelle nuove generazioni. In altre parole, abbiamo provato a rispondere a tre domande:

  1. A fronte della Pandemia di Covid-19, come stanno le nuove generazioni?
  2. Quali fattori contribuiscono a spiegare l’insorgere di stati emotivi e di emozioni negative?
  3. Quanto rilevano le differenze economico sociali nel contesto della salute mentale?

Abbiamo quindi adottato un approccio olistico alla salute mentale, tenendo conto non solo delle determinanti biologiche e psicologiche, ma anche di quelle sociali (OMS, 1946; Engel, 1980). Lo abbiamo fatto a partire dalla rielaborazione di un dataset – quello dell’indagine Chiedimi Come Sto – composito e ricco di informazioni.

Agli intervistati è stato chiesto se nel corso dell’emergenza sanitaria fosse cambiata la frequenza con cui avessero vissuto specifiche emozioni e stati d’animo. Il 46% del campione dichiara di aver provato maggiore paura e rabbia, il 60% dice di aver provato con maggiore frequenza stati d’animo ansiosi, il 63% ha provato maggior solitudine, il 66% ha sperimentato con maggior frequenza la demotivazione e il 68% la noia (Figura 1).

Figura 1. Frequenza delle emozioni negative. Rielaborazione degli autori dei dati dell’indagine “Chiedimi Come Sto”.

I risultati dell’analisi lasciano presumere che l’appartenenza geografica, il genere e la condizione economica siano alcune tra le determinanti che gravano maggiormente sulla salute psicologica degli studenti intervistati.

Indagando l’insorgere delle emozioni negative per il genere degli intervistati emerge chiaramente come a soffrire maggiormente siano stati gli individui che si riconoscono in un genere non binario: il 24% dichiara infatti di aver sperimentato un aumento nella frequenza degli stati emotivi negativi. Per chi si riconosce nel genere femminile il rapporto è del 19%, mentre, per chi si riconosce nel genere maschile la percentuale è solo del 9%.

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La condizione economica è un’altra determinante fondamentale per l’insorgere di emozioni negative nelle giovani generazioni. Tra gli studenti che dichiarano di aver visto un peggioramento della propria condizione economica a seguito della pandemia, il 21% riferisce di aver provato tutti e sei gli stati d’animo negativi con maggiore frequenza. Tra coloro che hanno visto un miglioramento della propria condizione economica, oppure non hanno visto cambiamenti, il rapporto scende al 14,0%.

Anche la ripartizione geografica sembrerebbe avere un qualche effetto sullo stato d’animo provato dalle nuove generazioni nel corso della pandemia. Le regioni del Sud Italia e delle isole presentano percentuali maggiori, rispetto alle altre regioni, di chi dichiara di aver sperimentato con più frequenza tutte e sei le emozioni negative nel corso della Pandemia (Figura 2).

Figura 2. Frequenza dell’insorgenza di tutte le sei emozioni negative per ripartizione geografica Rielaborazione degli autori dei dati dell’indagine “Chiedimi Come Sto”.

Il ruolo dei consultori e le innovazioni auspicate

I dati forniti dalle ricerche internazionali e la fotografia restituita dall’analisi del questionario “Chiedimi Come Sto” confermano come il disagio psicologico delle nuove giovani generazioni sia contraddistinto da molteplici dimensioni, non solo sanitarie ma legate dall’esasperazione di dinamiche sociali, psicologiche ed economiche.

Le forti differenze socioeconomiche che caratterizzano i contesti locali tenderebbero ad aumentare le disuguaglianze di partenza e questo emerge tanto sul piano della condizione emotiva degli studenti post pandemia, quanto sul tipo di servizio di supporto psicologico ricercato.

La domanda che sorge è: come affrontare questa situazione? Una parte della risposta potrebbe venire dai Consultori Familiari, che sin dalla loro istituzione sono stati un servizio fondamentale anche per la tutela e la promozione della salute dei giovani in età evolutiva. Grazie al libero accesso e alla gratuità delle prestazioni, insieme alla loro integrazione nel territorio, sono particolarmente adatti a mettere in atto interventi mirati a questa fascia di popolazione, come stabilito dalla legge istitutiva (Legge 29 luglio 1975 n. 405) e come sottolineato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 1989).

Quale futuro per i consultori familiari?

Nonostante l’attenzione del legislatore nel garantire che il servizio fosse accessibile ai giovani, i dati raccolti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) mostrano tuttavia che i Consultori sono poco frequentati dai giovani. Questo risultato conferma quanto emerso dall’indagine nazionale sulla fertilità condotta dall’ISS (Spinelli et al., 2020), che ha coinvolto un campione rappresentativo di studenti delle scuole secondarie di secondo grado. Lo studio ha evidenziato diverse criticità riguardanti la conoscenza e l’utilizzo dei Consultori Familiari da parte di adolescenti e giovani: i risultati indicano che solo una piccola parte degli studenti (meno del 10%) utilizza effettivamente i servizi offerti e che il 22% degli intervistati non conosce questi servizi.

L’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore della Sanità (Lauria et al. 2022) fotografa, inoltre, le critiche disuguaglianze territoriali nell’erogazione dei servizi nei consultori nel biennio 2018-2019. I consultori sono però considerati “punti nevralgici della salute dell’individuo, indicando tra le prospettive future per la tutela delle nuove generazioni “una maggiore disponibilità di spazi giovani, ideando strategie innovative per promuovere la loro conoscenza tra gli adolescenti e i giovani adulti” (Lauria et al. 2022).

Salute mentale: non bastano le politiche sanitarie, servono anche quelle sociali

Ad avviso di chi scrive, l’approccio olistico e multidisciplinare che caratterizza i consultori familiari si presta a una visione progettuale fondata sulla prevenzione e sulla promozione del benessere che si lega correttamente con i valori caratterizzanti il lavoro di comunità. Emerge tuttavia il bisogno di un rafforzamento localecomunitario, generatore di reti di supporto e socialità, che concorra a creare un contesto sano e attivo, al fine di contribuire in modo significativo al benessere e alla salute delle persone giovani, favorendo il loro sviluppo psicofisico e sociale in un ambiente di supporto e relazioni positive.

In conclusione, i Consultori Familiari, se adeguatamente finanziati e rinforzati, potrebbero ricoprire un punto di riferimento attivo all’interno dei nostri quartieri, dalle grandi città alle piccole province.

Come ricorda Allegri (2015), parlare di servizio sociale di comunità vuol dire cambiare prospettiva, uscendo da un’ottica puramente riparativa verso una preventiva, promozionale e capacitante. È in tale ottica che i Consultori potrebbero dare una risposta democratica e accessibile alle difficoltà delle persone giovani, in primis quelle legate alla salute mentale che dovrebbe rappresentare una priorità di intervento per le nostre istituzioni.

Bibliografia

Foto di copertina: Generata con DALL·E di OpenAI su prompt di Secondo Welfare



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