Di cambiamenti climatici, nell’estate del ’56, ancora non si sentiva parlare. Ma l’acquazzone che l’11 luglio colse sulla strada per Siena due giovani di Acquaviva, appena partiti per un raid in moto con destinazione Capo Nord, fu così lungo e impetuoso che i malcapitati dovettero riparare in un podere, dalle parti di Montaperti, e affidare i loro panni, fradici, ad un provvidenziale focolare contadino. Nonostante l’avvio complicato e una serie di inconvenienti lungo il percorso, coperto in coppia con una Aermacchi 150 Zeffiro, l’impresa ebbe successo. I due giovani protagonisti, Franco Bastreghi e Ilio Calabresi, entrambi studenti universitari, raggiunsero il Circolo Polare Artico il 29 luglio; in totale percorsero 15mila chilometri attraverso dieci Paesi europei.
Il raid partiva ufficialmente da Siena e portava la denominazione della città capoluogo, in quanto patrocinato dall’ente provinciale per il turismo, allora presieduto dal poliziano Lidio Bozzini. Del viaggio, oltre, ovviamente, a La Nazione, parlarono La Gazzetta dello Sport, Stadio e Motociclismo. L’intera vicenda è stata appena riportata alla luce dall’acquavivano Mario Bastreghi, autore di un volume sulla vita della frazione nel secondo dopoguerra, dopo aver già dato alle stampe una precedente monografia, incentrata sulle manifestazioni e gli eventi della comunità.
La ricerca di Bastreghi ha il merito di aver evidenziato un aspetto del carattere e delle passioni di Ilio Calabresi sconosciuto ai più, proprio nel decimo anniversario della scomparsa dello studioso, avvenuta il 27 febbraio 2014, all’età di 83 anni. Mentre dopo la laurea Franco Bastreghi si trasferì per lavoro, fino a diventare dirigente della concessionaria della pubblicità per la Rai, di Calabresi è noto il percorso di studi e di ricerche che lo ha portato ad essere un eminente conoscitore delle forme di scrittura e curatore di edizioni di documenti con qualità scientifica eccezionale, fino a diventare “un mito presso tutti gli studiosi e gli appassionati di storia locale”, come afferma Duccio Pasqui, già coordinatore della biblioteca comunale di Montepulciano, che ebbe modo di conoscerlo.
“Senza gli studi di Calabresi sulla Montepulciano del ‘300 – dice ancora Pasqui – il Bravìo delle Botti avrebbe rischiato di non nascere o di non esprimere la fedeltà storica che lo caratterizza”. Fin dal 2010 la comunità di Acquaviva ha intitolato all’illustre concittadino una fondazione; è stato anche creato un archivio pubblico in cui sono confluiti gli oltre 20mila libri provenienti dal fondo istituito intorno al ’49 dallo stesso Calabresi.
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