A scuola hai imparato a scrivere, a leggere e a fare di conto, hai studiato la storia e (poco) la geografia, poi scienze, arte e via dicendo ma c’è qualcosa su cui i programmi scolastici sono assai carenti, in ogni indirizzo: l’economia e, in particolare, l’educazione finanziaria.
Nemmeno i corsi negli istituti tecnico commerciali approfondiscono questo aspetto se non per brevi cenni; così alla fine delle superiori si esce sapendo ben poco di cosa sia la moneta e i vari sistemi di pagamento, non si capisce la dinamica dell’inflazione che, nella maggior parte dei casi, verrà sempre considerata come una mera progressione dei prezzi e nessuno (o quasi) si prende la briga di parlare di investimenti e di prodotti finanziari, lasciando le persone in balia di miti, come l’investimento immobiliare, o incapaci di comprendere appieno l’impegno di un finanziamento come un mutuo e i costi accessori.
Possiamo dire che in Italia (ma non solo, anzi!) ci sia una situazione di analfabetismo finanziario che, in un qualche modo, va superata o, quantomeno, mitigata. Per queste ragioni, da sette anni a questa parte, Bankitalia, CONSOB e il Governo sponsorizzano l’appuntamento del Mese dell’Educazione Finanziaria che, quest’anno, cade in novembre, proprio per promuovere iniziative volte a colmare questo gap cognitivo nella popolazione. Ma cos’è questa educazione finanziaria, alla fine? Magari il termine spaventa un po’, riportando alla mente complicate formule matematiche e analisi continue degli indici di borsa, ma non è assolutamente una materia ostica, per nessuno.
Si tratta semplicemente di un’infarinatura di base dei concetti chiave che stiano alla base che permettano di comprendere a grandi linee il funzionamento dei mercati, cosa siano i principali strumenti finanziari in cui ci si potrebbe imbattere sia leggendo i giornali sia nella vita quotidiana quando ti saranno proposti dal tuo consulente in banca e, magari, non cadere nelle truffe portate avanti dai cosiddetti “fuffa-guru” che, ormai, infestano il web o tramite le sempre più frequenti telefonate di scam come quella sugli inesistenti “programmi di investimento di Amazon” che dovrebbero portare a lauti guadagni con un minimo investimento.
Proprio quest’ultimo punto porta a uno degli assunti base dell’educazione finanziaria e, cioè, che non esistono investimenti redditizi sicuri al 100% (e nemmeno lì vicino), il rendimento dipende dal rischio e meno questo sarà accentuato, più contenuto o, addirittura nullo, sarà il guadagno.
Una volta, però, esistevano dei prodotti che venivano spacciati per sicuri come i buoni postali o e assicurazioni vita “index linked” che “garantivano” il capitale e un rendimento minimo, la storia ha mostrato quanto tutto questo non fosse vero, infatti sebbene i primi abbiano sì il capitale garantito dallo Stato tramite la Cassa Depositi e Prestiti è evidente che in caso di default di questo difficilmente si potrebbe rientrare in possesso del capitale e anche i rendimenti sono stati, a volte, tagliati unilateralmente come con la celebre serie Q/P del 1986 mentre le seconde, che scontano comunque il rischio fallimento dell’emettitore, sono sparite dopo il caso Lehmann.
Lo stesso investimento immobiliare, per fare un esempio concreto, ritenuto il migliore per generazioni non è esattamente così efficiente come pensato da molti. La domanda base, in questo caso, è “quanto vale un immobile”? La risposta corretta sarebbe “niente, almeno finché non sia posto sul mercato”. Questo perché un immobile se non posto a rendita rappresenta solo costi (mantenimento, utenze, imposte e tasse) e non è affatto vero che “il mattone batta inflazione e mercati, salvo casi particolari. È chiaro che chi abbia comprato, ad esempio, un bilocale a Milano, in una zona che, poi, è stata riqualificata (come City Life), anche una decina di anni fa oggi possa ottenere un guadagno non indifferente rispetto all’investimento iniziale ma se uno lo avesse comprato al Gratosoglio quando parlavano dei “nuovi quartieri milanesi”?
In pratica l’investimento immobiliare è molto conveniente se rivolto alla casa di abitazione laddove i prezzi siano in salita oppure come investimento in zone che si avviano a diventare molto attrattive, sia a livello abitativo sia a livello turistico, ma in altri casi rischia di essere assai oneroso, anche per le caratteristiche del mercato italiano, diciamolo viscoso, che non lo rende prontamente liquidabile in caso di bisogno.
Una fattiva educazione finanziaria dovrebbe permettere di scardinare questi miti e fugare molti timori che possano sorgere nell’impiegare le proprie risorse o pianificare un investimento continuativo per creare le basi per affrontare il futuro.
Ecco, il futuro è il concetto base per descrivere la ratio di una solida educazione finanziaria, perché conoscere le basi dell’economia e gli strumenti a cui si può accedere nella gestione delle proprie risorse permette di poter progettare e pianificare il proprio futuro, attraverso il risparmio e l’impiego consapevole delle sostanze che, nel tempo, si verranno a possedere. Questo vale per l’accensione del mutuo per comprare casa, dove non va valutato solo il mero tasso d’interesse ma tutti i costi aggiuntivi (assicurazioni, gestione della pratica, eventuali costi di incasso rata ad esempio), così come per il prodotto di gestione del risparmio che il tuo consulente, prima o poi, ti verrà a proporre. Soprattutto in quest’ultima categoria bisogna essere consapevoli di quello che si andrà ad acquistare, con gli eventuali pro e contro per poter valutare se realmente attinente alle proprie esigenze e non solo a quelle della campagna commerciale in corso in questo o quell’intermediario. Non si tratta, ovviamente, di saper analizzare un portafoglio o una strategia di investimento ma di conoscere le tipologie di prodotto a cui ci si potrebbe approcciare, se un fondo attivo, un fondo passivo, un’obbligazione o un prodotto assicurativo. Tutti hanno dei costi a latere e tutti hanno un certo grado di rischio ed è qui che si conclude un buon percorso di educazione finanziaria: con la valutazione del rischio.
Non basta avere un’infarinatura dei fondamentali di economia, che è necessaria va ribadito, non basta conoscere i prodotti finanziari, che è uno degli elementi di base, ma occorre saper valutare il rischio insito nell’impiego dei capitali. La percezione e la propensione al rischio non è uguale per tutti e, proprio per questo, non esistono soluzioni “da banco” da proporre massivamente; sta al singolo valutare e acquistare quello che realmente possa essergli utile e questo processo decisionale è impossibile metterlo in atto con consapevolezza senza possedere delle basi in materia.
Stessa discorso può essere riportato anche in ambito professionale perché sono troppi i professionisti che non abbiano concezione alcuna degli aspetti finanziari relativi al proprio lavoro, tanto da entrare in crisi anche solo nell’accensione di un finanziamento per la propria azienda o attività.
Tutto questo è stato sottovalutato per anni, tanto che tutto quello che riguarda la finanza difficilmente è mai stato trattato a scuola tranne che nei corsi specifici di indirizzo, spesso solo di livello universitario, ed è importante, quindi, che si mettano in campo iniziative come questa del Mese dell’Educazione Finanziaria da parte di Bankitalia, di CONSOB e dei ministeri competenti, istruzione e lavoro, tanto che lo stesso Ministero dell’Istruzione e del Merito, lo scorso anno, ha inserito i principi di educazione finanziaria all’interno del percorso scolastico di educazione civica indicando, come da parole dello stesso ministro Valditara, che “risparmio e investimento saranno centrali nella crescita dei ragazzi”. Non si tratterà, probabilmente, di un discorso esaustivo ma sicuramente può essere considerato un buon inizio, un reale investimento sul futuro per rimanere in tema.
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