Sono quindici gli uomini e le donne africane che hanno prestato il loro volto a questa campagna, realizzata dal fotografo James Mollison, che già ha firmato importanti campagne per il gruppo di Ponzano. Su campo bianco, si vedono persone che svolgono lavori umili: vendono palloni sulla spiaggia, oppure il pesce; fanno le pulizie o sudano nei cantieri. Di quel lavoro, tutto l’orgoglio traspare nelle facce, perché da lì passa il loro futuro e quello dei loro figli: per cominciare hanno potuto godere della più rivoluzionaria forma di prestito mai vista, il microcredito.
Benetton ha scelto di sposare una causa importante, in un paese dove oltretutto non ha nemmeno un punto vendita, e ha messo la propria forza d’urto a disposizione di una speranza: sostiene con queste immagini il progetto Birima, creato dal musicista senegalese Youssou N’Dour – figura che gode di enorme prestigio in ambito internazionale, essendosi sempre battuto per le cause etiche e i diritti dell’uomo – e lo fa muovendosi su un doppio binario. Da un lato la campagna stampa e di affissioni: sarà così massiccia che quando si concluderà nessun potrà più dire «io non sapevo». Inoltre, stanzia un finanziamento per il quale non dà cifre ma si limita all’aggettivo “solido”, per contribuire all’avvio dell’operazione, allo start up di uffici e personale.
Inutile chiedere, come si faceva al tempo dei manifesti shock, cosa c’entra il microcredito con i maglioni. Perché quando i maglioni sono l’azienda, l’azienda fa 120 collezioni e 150 milioni di capi l’anno, li vende in 5 mila negozi nel mondo e fattura oltre 2 miliardi di euro, allora c’entra con tutto.
Lo dice il suo vicepresidente esecutivo Alessandro Benetton, che «non rinnegando la formazione anglosassone di finanza come interesse», dichiara con grande semplicità che a volte «bisogna saper buttare il cuore oltre l’ostacolo».
Lo butta a tal punto che qui fa quasi un passo indietro, e dice «il faro di questa campagna è Youssou N’Dour», invita a guardare verso questo cinquantenne che Time ha inserito tra i cento uomini più influenti del pianeta e che sul progetto lanciato con questa campagna mette il suo nome, i suoi soldi anche, e la sua credibilità. Lo ha voluto chiamare Birima: è un nome proprio e si legge con l’accento finale. Apparteneva a un leggendario principe del Senegal, vissuto nell’Ottocento: parlava pochissimo, una sola volta l’anno addirittura, e manteneva ogni parola data. La stretta di mano, per lui, era la più granitica delle garanzie.
Birima oggi è il progetto di microcredito sostenuto da N’Dour, lanciato nel mondo da Benetton; il primo ufficio è operativo da oggi nella Medina di Dakar, al limite dei più poveri tra i quartieri della capitale, il secondo lo sarà a breve. Fornirà sostegno sotto forma di prestito (fino a un massimo di mille euro) a qualunque senegalese si presenti con la forza di un’idea d’impresa da realizzare: sia vendere palloni sulla spiaggia o comprare un telaio per tessere il cotone. I soldi, come sempre avviene nel microcredito, dovranno essere restituiti, con un interesse che gli esperti di finanza definiscono “minimo ma necessario affinché il meccanismo funzioni”.
La campagna, che ha impegnato per mesi le migliori forze creative di Benetton e Fabrica, avrà oltre alle immagini il sostegno planetario radiotelevisivo perché N’Dour ha per l’occasione riarrangiato una sua canzone del 2000, Birima appunto, e lo ha fatto assieme a Patti Smith, Simphiwe Dana, e agli italiani Irene Grandi e Francesco Renga, ieri presenti a Dakar e oltremodo orgogliosi di essere stati coinvolti in questo progetto.
La campagna si concluderà il 5 aprile quando Youssou N’Dour terrà l’ultimo concerto del suo tour europeo, in partenza a giorni. Sarà un evento realizzato con Benetton e sarà a Paris Bercy. Proprio a Parigi, due anni fa, celebrando i 40 anni del Gruppo al Beaubourg, Luciano e Alessandro Benetton avevano conosciuto Youssou N’Dour; si erano piaciuti, c’era stato un scambio di inviti. L’idea di fare qualcosa insieme, un incontro a Villa Minelli. Una stretta di mano. Il resto è cronaca di oggi, da Dakar.
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