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Sono giorni cruciali per il salvataggio del gruppo Egea. La «più complessa operazione di composizione negoziata della crisi che si sta tentando in Italia per dimensioni e difficoltà», come è stata definita dagli stessi curatori, è arrivata alle battute finali: o si accetta l’offerta più volte discussa e rimodellata dal gruppo Iren, o si va verso il fallimento. Ottenuto il sì a denti stretti degli oltre duemila creditori e trovato l’accordo con le 32 banche coinvolte, manca solo il via libera al piano da parte dei 77 obbligazionisti che negli anni passati hanno sottoscritto in sei emissioni circa 30 milioni di obbligazioni, di cui 10 milioni garantiti da Sace. Ma è proprio quest’ultimo assenso che tarda ad arrivare, con il rischio concreto di andare oltre il tempo massimo consentito.

Giovedì scorso c’è stata l’ultima assemblea, con l’ennesima fumata nera. Ai sottoscrittori è stato offerto lo stesso trattamento delle banche: accettare un saldo e stralcio al 30% sui crediti non garantiti, che potranno essere incassati tra cinque anni, quando Iren potrà esercitare il diritto di riscatto delle azioni. Inoltre gli obbligazionisti avranno un posto nel cda della newco che si formerà per sostituire Egea Spa, detenuta al 50% da Iren e al 50% dalle banche e dagli obbligazionisti stessi. Ma pare ci sia una fronda che vorrebbe ottenere di più e che fa tenere tutti con il fiato sospeso, perché rappresenterebbe il 41% del credito, non consentendo ai restanti di arrivare al 60% necessario per chiudere l’accordo. Di fronte a questa situazione di stallo, si è deciso di arrivare alla conta: martedì il notaio sarà in Egea per raccogliere le firme di chi accetta il piano e a quel punto uscirà il verdetto.

«In una situazione così complessa, ogni posizione di chi è coinvolto è rispettabile e comprensibile, ma spero proprio che prevalga il senso di responsabilità e si possa arrivare all’accettazione del piano, perché ogni altro scenario sarebbe disastroso, prima di tutto per i dipendenti di Egea e per l’erogazione dei servizi, ma anche per tutti i creditori» dice il sindaco di Alba, Carlo Bo. Un parere largamente condiviso, anche se è cresciuto il disappunto per come negli ultimi anni è stata gestita la società multiservizi albese, ora che i numeri sono venuti a galla. Al termine della due diligence che l’ha portata a fare la sua offerta vincolante, Iren ha valutato il valore di Egea intorno ai 500 milioni di euro. Ma ci sono 800 milioni di debito da colmare, quindi è come se il valore della società fosse negativo per 300 milioni. «L’unica strada per ridurre il deficit e rendere l’operazione fattibile è chiedere sacrifici a tutti. La procedura si può chiudere solo se raggiungiamo almeno il 60% dell’accordo con le diverse categorie di creditori» è stato spiegato.

Il primo a vantare crediti, per oltre 200 milioni, è il fisco. Poi ci sono le banche, verso le quali Egea ha un debito di 364 milioni di euro, 160 dei quali garantiti e per la parte restante chirografari. Per i fornitori di Egea Spa, Egea Commerciale Srl ed Egea Produzione e Teleriscaldamento (Pt) Srl, la proposta è di incassare il 25% dei crediti maturati al 30 giugno 2023 e il 100% di quelli dal primo luglio, con pagamento a sei mesi dalla firma dell’omologa dell’operazione, prevista per fine giugno. Inoltre potranno recuperare l’Iva pagata sull’intero credito e recuperare fiscalmente quando perduto, così che la percentuale del «recovery» possa salire al 53%. «Non c’è da festeggiare, ma si tratta di valori alti, rispetto ad altre analoghe procedure», ha spiegato Massimo Feira, commercialista impegnato da mesi sul salvataggio della multiservizi. Sempre che si arrivi alla firma dell’accordo.

 

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