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Quanta energia rinnovabile produciamo in Italia? Poca, perché abbiamo ancora un sistema energetico centralizzato, basato sull’importazione delle fonti fossili. Eppure qualcosa sta cambiando, e sono proprio i piccoli comuni a fare la differenza. L’energia rinnovabile inizia ad essere prodotta a km zero, e ogni anno l’elenco dei comuni italiani cosiddetti 100% rinnovabili si allunga. A questa spinta dal basso, finalmente, si aggiunge finalmente la speranza di una sponda politica. A Porto Torres, in Sardegna, vanno oltre al Reddito di Cittadinanza, e stanno addirittura sperimentando… il Reddito Energetico. Cos’è questo Reddito Energetico, e come funziona? Ve lo spiega Giada Serina in questo nuovo speciale “ambiente” su Byoblu

di Giada Serina

Avete mai provato a chiedere alle persone per strada se secondo loro l’Italia produce ancora energia elettrica dal carbone? Io si, e le risposte più gettonate sono state: “no – ma va – figurati – ma certo che no!”. E invece purtroppo la risposta è sì.

Anche se in calo, ancora molta della nostra energia elettrica proviene dal carbone. E in generale più del 60% dei nostri consumi elettrici sono soddisfatti da fonti fossili. Il problema è che produrre energia da queste fonti non è molto sostenibile, primo perché sono destinate a finire, secondo perché hanno dei costi sulla salute e sull’ambiente che indirettamente finiamo col pagare noi, non certo le aziende.

Di tutte le fonti fossili, il carbone resta quella più inquinante, per questo negli anni si sono svolte diverse battaglie, sia da parte di gruppi locali – i più colpiti dalle emissioni di queste centrali – che da parte di gruppi ambientalisti internazionali, per cercare di fermarne la produzione.

Qualcosa di concreto si è ottenuto a fine 2017, quando con la Strategia Energetica Nazionale il Governo Gentiloni ha messo in chiaro che dal 2025 non ci sarà più carbone in Italia. Solo che in sede europea lo stesso governo si diceva favorevole al finanziamento pubblico di centrali sia a carbone che a gas, senza alcuna restrizione. Quando si dice la coerenza!

Al momento sono ancora otto le centrali a carbone attive in Italia. Forse, però, un timido raggio di sole si intravede all’orizzonte. Sì, perché oggi vi voglio raccontare la storia di una Italia all’avanguardia, proiettata al futuro, che punta alle rinnovabili e all’indipendenza energetica.

L’Italia – non scherzo – è uno dei Paesi più avanti al Mondo nella produzione di energia rinnovabile e con le maggiori opportunità, grazie al fatto che le risorse sono diffuse in tutto il territorio, e le abbiamo tutte! Sole, acqua, vento… possiamo valorizzarle e integrarle nello sviluppo locale. Ed è proprio a livello locale che oggi si sviluppa il modello energetico più efficace e che ridefinisce completamente le forme con cui solitamente consumiamo, produciamo, gestiamo, distribuiamo l’energia elettrica e termica.
Invece che concentrarsi nella realizzazione di un unico grande impianto, ci si è cimentati nella produzione di energia il più possibile a km 0.

Infatti, sono ormai quasi 8000 i comuni dotati di almeno un impianto alimentato da fonti rinnovabili. Più di 3000 sono già autosufficienti per i fabbisogni elettrici, 58 per quelli termici e 37 sono i Comuni 100% rinnovabili. Rientrano in questa categoria quelli in cui le fonti rinnovabili installate riescono a superare i fabbisogni elettrici e termici dei cittadini (riscaldamento delle case, degli uffici, acqua calda per usi sanitari, elettricità…). Negli ultimi dieci anni c’è stata una forte crescita nel settore delle rinnovabili, aumentando la produzione di oltre 50 Twh e arrivando a coprire il fabbisogno di energia elettrica per il 34%.

Eppure oggi neanche questi risultati sono sufficienti a realizzare il cambiamento di cui avremmo tanto bisogno e purtroppo, negli ultimi cinque anni, la crescita delle installazioni ha subito un forte rallentamento. Nel 2017 è perfino calato il contributo della produzione di rinnovabili rispetto ai consumi, e sono tornate ad aumentare le emissioni di CO2, per colpa di politiche che hanno guardato in una direzione opposta. In questi anni, cioè, non vi è stata alcuna semplificazioni importante per gli interventi di piccola taglia e mancano ancora riferimenti chiari di integrazione nei territori per gli impianti più grandi e complessi.

La buona notizia è che tutti gli studi dimostrano che l’obiettivo di abbattere del 55% le emissioni di Co2 entro il 2030 sono tecnicamente raggiungibili. Questi tagli porterebbero al nostro Paese benefici pari a 5 miliardi e mezzo di euro ogni anno e alla creazione di quasi tre milioni di posti di lavoro. La ragione è molto semplice: si riducono le importazioni di combustibili fossili dall’estero, si riducono i consumi energetici e soprattutto si riducono i costi indiretti sulla salute.

C’è inoltre un caso particolare che fa ben sperare in un futuro rinnovabile aiutato, per così dire, dall’alto. Stiamo parlando del caso di Porto Torres, dove qualche settimana fa è stato ufficialmente inaugurato il Reddito Energetico, progetto che porta la firma del Movimento 5 Stelle.

Approvato nel luglio 2017, il reddito energetico è già attivo grazie a un fondo rotatorio di 500 mila euro in due anni con i quali, attraverso un bando pubblico, il Comune finanzia l’acquisto di pannelli fotovoltaici da installare sui tetti delle case, per fornire energia elettrica alle famiglie meno abbienti. In questo modo chi si trova in difficoltà economiche può risparmiare circa 200 euro all’anno sulla bolletta. Ma il progetto prevede nel tempo di installare pannelli per tutte le famiglie del comune. Non solo. L’energia prodotta durante il giorno e non consumata, viene venduta e rimessa nella rete grazie all’accordo con il Gestore dei Servizi Energetici (società che ha come socio unico il Ministero dell’Economia e delle Finanze), andando così a finanziare il fondo per poter acquistare nuovi pannelli per altri cittadini.

Il progetto, partito in via sperimentale, ha già visto l’installazione di 50 impianti con quasi 30 MWh di energia prodotta e 13,6 ton di Co2 evitata. Oggi possiamo dire che l’esperimento è riuscito: Porto Torres è un esempio di efficienza ambientale, coesione economico-sociale, crescita del territorio e democrazia energetica.

L’Amministratore delegato della GSE afferma di aver voluto sostenere il progetto perché il loro obiettivo è quello di replicare su scala nazionale iniziative che non solo promuovano lo sviluppo sostenibile nel nostro Paese, ma che ne diffondano la cultura stessa, compresa quella di inclusione sociale. Infatti si sta già discutendo su come replicare il progetto con la Regione Puglia.

Insomma, l’Italia ha le risorse e le tecnologie per non dover più dipendere dalle fonti fossili di altri paesi. Resta da capire se vogliamo andare avanti e migliorare il nostro futuro o se invece preferiamo …fossilizzarci!

 

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