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© Tutti i diritti riservati. Vietata la ripubblicazione cartacea ed in internet senza una espressa autorizzazione scritta. È consentito il link diretto a questo documento.

Autori: Avv. Ernesto Sparano e Avv. Roberto Sparano

 

Riflessioni Introduttive – 1. L’Impatto delle Norme di concorrenza sul Contratto di Fideiussione – 2. La Posizione o Meglio la Rilevanza della Qualità del Fideiussore. – 3. L’Effettività del Provvedimento della Banca Centrale in Riferimento al Tempo del Rilascio della Fideiussione – 4. La deroga alla disciplina dettata dall’art. 1957 c.c. – 5.  La fideiussione astratta – 6. Le Pronunzie più Recenti e su Fattispecie Particolari – 6.1. Sulla rilevanza del Dolo in Tema di Contratto di Fideiussione. – 6.2 Ancora sulla Garanzia Astratta e la deroga all’art. 1957 c.c. – 6.3 La natura vessatoria dell’art. 1957 c.c. – 6.4 Fideiussione e Fondo Patrimoniale – 6.5 Trasformazione societaria e aumento del rischio del fideiussore – 6.6 Liberazione del Fideiussore ai sensi dell’art. 1956 c.c. – 7 Conclusioni

 

Riflessioni Introduttive

Nel 2023 è letteralmente esploso il numero di pronunce su un argomento apparentemente consolidato: le fideiussioni bancarie. Incuriosito, ho iniziato a contarle navigando tra i miei siti preferiti. Ne ho già trovate 150 e il conto non è ancora finito!

Da anni studio con attenzione gli interventi legislativi e dottrinali sulle garanzie rilasciate alle banche, anche scambiando opinioni, osservazioni e preoccupazioni con un vero amico, Marcello Valignani, giurista apprezzato, studioso[1] e tecnico del diritto, avvocato di rango con ampia esperienza nell’ambito bancario.

Qualche sentenza sollevava la nostra attenzione e ci ponevano spesso il dubbio se fosse un’espressione di un orientamento consolidato ovvero una indicazione nuova o “rivoluzionaria”.

Per gli avvocati non più giovani, il principio della nomofilachia è sacro che imponeva un attento esame dei precedenti.

Sembra che vi sia una crescente spinta ad “innovare”, a verificare da capo i termini di ogni fattispecie e giungere spesso a fornire nuove indicazioni che travolgono le “precedenti”.

Non va tralasciata la circostanza che vi sono siti che pubblicano le pronunzie più favorevoli ad una settore ed altre che procedono al contrario, il che spesso non permette una serena valutazione. Va detto, però, che vi sono importanti siti che danno notizia della produzione giurisprudenziale raccolta.

A quanto detto, va aggiunto che spesso le pronunzie sono determinate dalla carenza probatoria e in questo contesto il tentativo attuale della specializzazione dovrebbe portare ad un ridimensionamento del fenomeno sopra esposto perché è possibile ritenere che un legale esperto della materia bancaria avrà ben presente la necessità di acquisire le prove necessarie e, quindi, dissuadere il cliente di adire l’Autorità Giudiziaria se non fosse possibile soddisfare l’onere probatorio.

Tornado alla occasione che mi ha indotta a scrivere queste brevi note va ricercato nella circostanza che molti anni orsono ebbi a discutere con il mio amico Marcello, sulla valenza della legge sulla trasparenza del 1992[2] che all’art. 10, fra l’altro imponeva l’indicazione di una somma determinata da riportare nella fideiussione e modificava la disciplina dell’art. 1956 c.c.[3]

Su questo argomento l’avvocato Valignani ed io condividevano le preoccupazioni del prof. Gustavo Minervini[4], terrorizzato che un garante potesse con il rilascio di una fideiussione omnibus essere esposto per importi notevoli e superiori di molto rispetto al fido accordato all’affidato al tempo del rilascio della garanzia.

Cosa certa che gli interessi in gioco erano e sono rilevanti e che vi è uno scontro perpetuo tra la banca creditrice e il soggetto senza debito, il fideiussore. Questo fenomeno mi ha indotto a scrivere uno studio con il collega Angelo Pierri: la tutela del fideiussore, edito da Giuffrè nell’autunno 2021[5].

Volevo aggiornare il testo e ne parlai con Marcello Valignani che mi spinse a lavorare sul tema. Ebbi cura di inviarli il lavoro, ma ho atteso invano di conoscere il suo pensiero per i recenti tristissimi eventi.

Innanzi tutto, va esaminato e stabilito se il fenomeno del proliferarsi del contenzioso sia o meno patologico, come si è indotti a ritenere sebbene il fideiussore cerchi ogni argomento per cercare di sollevarsi dai suoi obblighi anche alla luce della rilevanza delle norme anticoncorrenziali e dai principi introdotti dal Giudice comunitario.

Tornado alla constatazione del fenomeno dell’ingente numero di pronunzie nel solo anno in corso, si potrebbe tentare di unificare gli interventi sulla stessa questione per fornire un contributo chiarificatore.

In conclusione, potremo verificare se nel 2023 vi sia stato una conferma dei principi già accolti ovvero se vi sono state nuove aperture sui vari temi.

Volendo fare una sintesi la giurisprudenza pubblicata nel 2023 e le pronunzie più rilevanti hanno riguardato i seguenti argomenti:

  • l’impatto delle norme di concorrenza sul contratto di fideiussione.
  • la tutela del consumatore.
  • la rilevanza della data del rilascio della garanzia in relazione al provvedimento n. 55/2005 della Banca di Italia nella sua funzione di vigilanza sulla concorrenza bancaria[6].
  • la qualificazione delle fideiussioni astratte.
  • la liberazione del garante per inosservanza di azioni da parte della banca ai sensi dell’art 1957 c.c.

 

1.  L’impatto delle norme di concorrenza sul contratto di fideiussione.

Sull’impatto delle norme che favoriscono lo sviluppo della concorrenza sul contratto di fideiussione vi sono tre risvolti da esaminare:

  • l’applicazione della legge 10 ottobre 1990 sulla concorrenza e, in particolare dell’art. 2 comma 2 in materia di intese vietate;
  • la rilevanza del provvedimento n. 55 del 2005 della Banca di Italia,
  • l’onere della prova che l’attore deve soddisfare in giudizio.

Invero il primo argomento da esaminare è se la normativa antitrust sia applicabile pure alle fideiussioni specifiche, quelle rilasciare per uno specifico affidamento, ovvero se il principio valga solo per le fideiussioni omnibus.

Sulla questione si scontrano due diverse prese di posizioni; la prima che così viene argomentata: la circostanza che, nel caso di specie, una fideiussione non sia omnibus, ma specifica, esclude la violazione della normativa antitrust, dovendosi dare prevalenza al fatto che solo per le fideiussioni omnibus che riproducono negli atti di fideiussione concertati in sede ABI e le deroghe all’archetipo codicistico, concretizzino quel comportamento che è stato ritenuto violativo della normativa antitrust.

Questo principio è stato accolto dal Tribunale di Lodi con la sentenza del 18.1.2023 così recita: “nell’ipotesi in cui il fideiussore eccepisca nullità della fideiussione per violazione della normativa antitrust deve operarsi una distinzione tra fideiussione omnibus e fideiussioni specifiche, nel senso che lo schema ABI, sanzionato dall’autorità antitrust riguarda unicamente le fideiussioni omnibus sicché la censura articolata dall’opponete non trova applicazione con riferimento alla fideiussione specifica”.

Negli stessi termini, Tribunale Napoli 21.4.2023 n.4158 così massimata: “la nullità non colpisce le fideiussioni specifiche riproducenti lo schema ABI, ma solo le fideiussioni “omnibus”.

Si afferma che nel caso di fideiussioni rilasciate a garanzia di obbligazioni derivanti da specifiche operazioni bancarie, l’impegno di garanzia non può confondersi con la fideiussione c.d. “omnibus”. Pertanto, non è possibile riscontrare la prova della sussistenza dei presupposti per pervenire ad una censura di invalidità totale o parziale delle clausole ivi riportate.

Il Tribunale Pescara, 6.3.2023 precisa che il provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005, n. 55, che dichiara la illiceità delle clausole nn. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale elaborato dall’ABI nel 2003, per contrasto con la normativa antitrust, L. 10 ottobre 1990, n. 287, all’art. 2 comma 2, lett. a), riguarda le sole fideiussioni omnibus e non anche le fideiussioni specifiche. Dunque, la mera corrispondenza di una fideiussione specifica allo schema ABI non determina la nullità delle predette clausole, in essa riprodotte, poiché non vige il criterio presuntivo secondo cui tale fideiussione rappresenti il frutto di un’intesa vietata.

Sempre applicando la stessa impostazione, il Tribunale di Modena con la pronunzia n. 175/2023 del 1.2.2023, ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo così motivando: “il provvedimento della Banca d’Italia 55 del 2.5.2005 ebbe ad oggetto, tanto nelle considerazioni svolte nella sua motivazione che nel dispositivo, esclusivamente le condizioni delle fideiussioni omnibus sottoposte dalle banche alla clientela. Non è dunque possibile ritenere solo sulla scorta di quel provvedimento che anche le condizioni delle fideiussioni specifiche siano il frutto d’intesa anticoncorrenziale.

Gli argomenti proposti non ci sembrano potersi assumere in modo incondizionato e, infatti, la pronunzia sopra indicata ha aperto una breccia nell’affermare che “[l]’eccezione di nullità va quindi rigettata, ritenendo di essere in presenza, nella sostanza, di una fideiussione specifica con la quale la garante si è impegnato in solido con la debitrice, per una obbligazione singolarmente determinata”, ma che trattandosi nel caso in esame di fideiussioni specifiche, i garanti avrebbero dovuto, in punto di allegazione fattuale e documentale, non affidarsi all’istruttoria della Banca di Italia, per avvalersi della sua particolare funzione probatoria, ma avrebbero dovuto introdurre un’autonoma fattispecie di comportamento anticoncorrenziale, relativa all’applicazione uniforme, anche con riferimento alla stipulazione di fideiussioni ordinarie, sulla base di una intesa fra più istituti di credito e, dunque, in violazione delle regole del mercato e della concorrenza, del medesimo schema negoziale.

In buona sostanza, il principio sopra riportato può trovare eccezioni allorquando il fideiussore sostenga e provi che anche per la fideiussione specifica rilasciata sia una conseguenza di una intesa o quanto meno da un coordinamento anche tacito tra gli istituti di credito. La prova empirica dell’esistenza, quanto meno di comportamenti paralleli, emergerebbe dai testi uniformi delle garanzie specifiche.

Invero tale accertamento sembra agevole perché spesso gli impegni assunti dal fideiussore con una garanzia specifica sono sempre, se non spesso, la riproduzione delle norme Uniformi bancarie, ossia quelle esaminate dalla Banca di Italia con il provvedimento del 2005.

In sintesi, se il testo delle fideiussioni rilasciate per un determinato affare riporta le clausole ritenute illegittime, quelle censurate dalla Banca Centrale, non vi sarebbe motivo di proporre la differenziazione. Sarà, in ogni caso, necessaria la prova della uniformità dei testi!

Invero alcuni tecnici del diritto hanno sollevato altro argomento secondo il quale si dovrebbe stabilire se le fideiussioni specifiche mascherino in realtà fideiussioni omnibus. In un caso specifico, l’attore in giudizio eccepiva di avere rilasciato varie garanzie alcune per un determinato affidamento e altre omnibus. In questo caso sembra che si possa sostenere che la diversa qualificazione delle garanzie sia irrilevante perché la banca chiedeva una copertura integrale delle sue esposizioni.

In buona sostanza, va tenuto presente che per le fideiussioni “specifiche”, ovverosia accessorie a un rapporto negoziale determinato (quale ad esempio per un contratto di mutuo) il garante non può giovarsi dell’inversione dell’onere della prova, derivante dalla corrispondenza delle clausole allo schema sanzionato, ma deve dimostrare che lo schema utilizzato corrisponda a una pratica uniforme frutto anch’essa, come per le fideiussioni omnibus, di intese anticoncorrenziali degli istituti concedenti i mutui.

In conclusione, si deve dubitare che sia assorbente l’argomento basato sulla circostanza che il provvedimento della Banca di Italia non esamini le fideiussioni specifiche per trarre un principio che la detta indicazione sarebbe applicabile alle sole fideiussioni omnibus.

Il fatto che non vi sia una decisione delle autorità di vigilanza che cristallizzi la violazione delle norme antitrust di per sé non esclude che anche in relazione alle fideiussioni specifiche, possa essere configurabile, in ipotesi, una violazione della normativa antitrust. Una tale eventuale violazione deve essere, in concreto, allegata, cioè indicata e provata da chi intende farla valere in giudizio in conformità alla regola generale dell’onere della prova.

In questa tematica vale ricordare la recente pronunzia di rigetto sulla notazione che l’attore si sarebbe limitato a richiamare il provvedimento della Banca di Italia senza affermare e provare in concreto la violazione delle norme antitrust. Questa notazione si collega a quanto osservato nella premessa e precisamente che molti giudizi non andavano giammai coltivati.

Inoltre, i giudici del merito hanno condiviso l’affermazione che il provvedimento della Banca di Italia, costituisca una prova privilegiata, in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso, come precisato dalla ordinanza della Cassazione (Cass. 22.5.2019 n. 13846), anche se ciò non esclude la possibilità che le parti offrano prove contrarie (Tribunale di Milano, 6.9.2022, n. 7015).

 

2.   La posizione o meglio la rilevanza della qualità del fideiussore

Dall’introduzione del Codice dei consumatori nel nostro sistema giuridico e a seguito della sempre maggiore attenzione del legislatore alla tutela delle parti “deboli” del contratto ha fatto sì che la qualificazione del fideiussore abbia assunto un ruolo centrale. La Cassazione 30.8.2023, n. 25459 ha confermato un principio già acquisito da tempo e precisamente che “[i]l fideiussore, persona fisica, non è un professionista “di riflesso”, non essendo quindi tale solo perché lo sia il debitore garantito.

Dello stesso tenore il Tribunale Sez. spec. Impresa – Roma, 10.5.2023, n. 7396 che ha ribadito il principio che la disciplina consumistica si applica al fideiussore che stipula un contratto per finalità estranee alla propria attività professionale, sottolineando che ai fini dell’accertamento della qualità di consumatore del garante, con “conseguente applicazione della disciplina consumeristica bisogna esaminare la figura del fideiussore, per cui se costui ha agito come persona fisica, per scopi che esulano dalla sua attività professionale e non ha alcun collegamento con il debitore, può considerarsi a pieno titolo un consumatore”.

Non si discosta da tale pronunzia, il Tribunale Bari, 8.5.2023, n. 1754 che precisa che “nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per l’applicazione della normativa consumeristica devono essere vagliati con riferimento alle parti dello stesso, senza considerare il negozio principale, dovendo ritenersi, pertanto, consumatore il fideiussore persona fisica che – pur esercitando una propria attività professionale (o anche diverse attività professionali) – stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla medesima, nel senso che la fideiussione prestata non deve costituire atto espressivo di siffatta attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (cd. atti strumentali in senso proprio)”.

Anche le pronunzie Corte appello Brescia, 26.4.2023, n. 710 e Corte di appello Firenze 20.3.2023 sono negli stessi termini.

Il Tribunale Nocera Inferiore, 14.4.2023, n. 793, ha esaminato la posizione del fideiussore socio della società garantita. In tale ipotesi il Tribunale ha escluso che il garante sia un consumatore ritenendo che “[i]n ipotesi di fideiussione omnibus, se il garante abbia una partecipazione societaria ovvero occupi un ruolo in seno alla compagine garantita, il suo debito non può considerarsi assunto in qualità di consumatore, bensì quale atto espressivo della sua attività professionale o, comunque, strettamente collegato ad essa”.

Invero vi sono pronunzie che valutano anche la rilevanza della partecipazione, ma ciò non è in contrasto con il principio affermato.

Di certo è che la qualità di consumatore non possa essere eccepita dal rappresentante della società, la Cassazione sez. un. – 27.2.2023, n. 5868 ha affermato e confermato che deve ritenersi consumatore il fideiussore che, pur svolgendo attività professionale, stipuli un contratto di garanzia per finalità estranee.

La motivazione è chiara e approfondita.

Nel contratto di fideiussione, i requisiti soggettivi per l’applicazione della disciplina consumeristica devono essere valutati con riferimento alle parti di esso, senza considerare il contratto principale, come affermato dalla giurisprudenza unionale (CGUE, 19 novembre 2015, in causa C-74/15, Tarcau, e 14 settembre 2016, in causa C-534/15, Dumitras), dovendo pertanto ritenersi consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale (o anche più attività professionali), stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa”,

Viene precisato il concetto, affermando che la prestazione della fideiussione “non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento (atti strumentali in senso proprio)”.

Infine, la corte ha ribadito che spetta al giudice di merito stabilire “se la prestazione della garanzia rientri nell’attività professionale del garante o se vi siano collegamenti funzionali che lo leghino alla garantita o se abbia agito per scopi di natura privata e che non si può necessariamente considerare il fideiussore alla stregua di un “professionista di riflesso”, rimanendo altrimenti frustrate le finalità della disciplina consumeristica).

Sembra che vi sia uniformità di valutazione dopo che per decenni si affermava, senza valida motivazione, si seguiva la teoria del professionista di riflesso o di rimbalzo.

Nella sentenza del 6.1.2023 Tribunale Milano affronta la nota questione della fattispecie nella quale nella causa di opposizione tardiva – in assenza di invocazione dei requisiti di cui all’art. 650 c.p.c. con conseguente passaggio in giudicato del decreto – venga rilevata nel contratto posto a fondamento del credito ingiunto di una clausola con carattere eventualmente abusivo, dell’assenza di una motivazione espressa nel decreto ingiuntivo sulla validità della detta clausola e della sollecitazione del consumatore sul punto, il Tribunale ritiene “di essere tenuto a rilevare di ufficio il carattere eventualmente abusivo della clausola e, all’esito del contraddittorio delle parti, ha dichiarato l’abusività della stessa, con conseguente nullità del decreto ingiuntivo per incompetenza del Tribunale del monitorio, per essere competente in via esclusiva il Tribunale del foro del consumatore”.

 

3.  L’effettività del provvedimento della Banca Centrale in riferimento al tempo del rilascio della fideiussione.

Il principio generalmente accettato era che il provvedimento di Banca di Italia sullo schema ABI era stato emesso a seguito di una indagine svolta nel 2002 per cui aveva tenuto presente la fattispecie storica. Ciò peraltro non esclude che si possa provare che le banche successivamente hanno continuato ad operare in violazione alle norme antitrust.

In ogni caso si deve tener conto che la Cassazione ha ritenuto il provvedimento del 2005 prova privilegiata relativamente alla rilevanza della violazione.

In questo contesto si sono avute varie pronunzie, che sembrano riportare considerazioni non univoche.

Un attento esame merita la pronunzia del Tribunale Spoleto, 27.5.2023, n. 405 che ha affermato che la nullità della fideiussione non deriva automaticamente dalla conformità di alcune clausole allo schema ABI, infatti, “[l]a mera coincidenza delle pattuizioni contenute in un contratto di fideiussione con le clausole nulle dello schema ABI non è sufficiente per dimostrare l’illiceità delle stesse, posto che ai fini dell’estensione del vizio l’attore deve dimostrare che la fideiussione prestata sia stata modellata sullo schema di contratto predisposto dall’ABI con la specifica finalità di aderire allo stesso ed in tal modo escludere un ambito di differente negoziabilità.

In motivazione si afferma che “[i]nvero, con riferimento all’onere probatorio in materia di nullità derivata del contratto di fideiussione omnibus, la giurisprudenza di legittimità è concorde nell’affermare che, ai fini dell’estensione del vizio, l’attore deve fornire la prova del fatto che la fideiussione omnibus prestata sia stata modellata sullo schema di contratto predisposto dall’ABI con la finalità di aderire allo stesso ed i tal modo escludere un ambito di differente negoziabilità” (cfr. Cass. civ. Sez. I Sent., 22/05/2019, n. 13846).

Si precisa inoltre, che “la mera coincidenza contenutistica della fideiussione con le clausole nulle dello schema ABI non è sufficiente per dimostrare l’illiceità delle stesse. A conferma di ciò, la giurisprudenza ha riconosciuto la validità delle singole clausole ABI riprodotte all’interno dei contratti di fideiussione, qualora manchi la prova del nesso causale tra la condotta lesiva della concorrenza e l’attività contrattuale successiva. Inoltre, la scissione del profilo formale da quello sostanziale è ulteriormente giustificata se si considera che le norme richiamate dalle clausole ABI, dichiarate nulle, sono in realtà derogabili dall’autonomia privata.

In altre parole, il Tribunale afferma che l’onere probatorio “in capo all’attore non possa essere soddisfatto attraverso la prova della mera coincidenza formale con le clausole censurate, essendo invece necessaria la dimostrazione che la Banca abbia adottato una condotta anticoncorrenziale.

Dopo tale affermazione, però, riprende l’esame del provvedimento n. 55/2005 della Banca di Italia che ha precisato: gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie (fideiussione omnibus) “contengono disposizioni che, nella misura in cui vengano applicate in modo uniforme, sono in contrasto con l’articolo 2, comma 2, lettera a), della legge n. 287/90”. Il Tribunale spoletino termina precisando che l’attore è tenuto a soddisfare ulteriore dell’onere probatorio relativo l’applicazione uniforme delle clausole.

L’ultima precisazione è interessante: il provvedimento n. 55 del 2005 della Banca di Italia costituisce prova privilegiata solo in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso; per contro, il provvedimento anzidetto “non costituisce prova idonea dell’esistenza dell’intesa restrittiva della concorrenza con riguardo alla fideiussione in parola, stipulata in un periodo rispetto al quale nessuna indagine risulta essere stata svolta dall’autorità di vigilanza, la cui istruttoria ha com’è noto coperto un arco temporale compreso tra il 2002 ed il maggio 2005”. Ed inoltre si precisa che è pur vero che l’indicazione della Banca Centrale si debba ritenere prova privilegiata, ma “soltanto con riferimento alle fideiussioni prestate nel periodo di tempo oggetto di esame della Banca medesima, parte attrice è, pertanto, onerata dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie d’illecito concorrenziale dedotto in giudizio, di cui all’art.2 della L. n. 287 del 1990”.

Il Tribunale per completare il suo pensiero afferma che “onere probatorio si sarebbe potuto adempiere depositando documenti o, quindi, articolato mezzi di prova volti a dimostrare che in quel periodo (2008) un numero significativo di istituti di credito, all’interno del medesimo mercato, avrebbe coordinato la propria azione al fine di sottoporre alla clientela dei modelli uniformi di fideiussione per operazioni specifiche in modo da privare quella stessa clientela del diritto ad una scelta effettiva e non solo apparente tra prodotti alternativi e in reciproca concorrenza” (cfr. Tribunale Milano Sez. VI, Sent., 20.10.2021).

Si riprende successivamente la tesi che andrebbe dimostrato “il nesso funzionale tra l’intesa a monte ed il contratto a valle, emergente dal contenuto di tale ultimo atto che – in violazione dell’art. 1322 c.c. – riproduca quello del primo, dichiarato nullo dall’autorità di vigilanza, a creare il meccanismo distorsivo della concorrenza vietato dall’ordinamento”.

Dobbiamo precisare che non è chiaro l’onere di dimostrare il “nesso di causalità” perché ci sembra evidente che la banca abbia ritenuto più cautelativo o meglio più valido presidio per le sue ragioni di credito il testo contrattuale che riproduce le norme uniformi bancarie; se ciò è incontrovertibile il nesso causale è implicito!

Nella parte dispositiva viene precisato che “l’onere probatorio in capo all’attore non si ritiene sufficientemente assolto, mancando agli atti la prova specifica e circostanziata della condotta illecita anticoncorrenziale della banca opposta e si precisa che l’attore si sarebbe limitato a fornire la prova della coincidenza formale e contenutistica tra gli articoli della fideiussione omnibus e quelli dello schema ABI. Infatti, il Tribunale ha affermato che la coincidenza contenutistica non può ritenersi sufficiente ai fini della prova.

Questo lungo esame della pronunzia del Tribunale di Spoleto è stato curato per evidenziare che il giudice del merito ha ritenuto di affrontare vari aspetti problematici per poi giungere ad una valutazione in fatto che poteva essere svolta tenendo conto che la fideiussione era stata rilasciata nel 2008, tre anni dopo l’intervento della Banca di Italia per cui era lecito richiedere all’attore un collaborazione per decidere la lite, come avvenuto in varie pronunzie che esamineremo successivamente.

Sul punto è necessario avanzare un dubbio; la prova della coincidenza sembra onere facilmente assolvere, mentre la dimostrazione della volontà della banca di aderire alla formulazione delle Norme Uniformi bancarie non ci sembra possibile dimostrare.

Tribunale Sez. spec. Impresa – Milano, 3.2.2023, n. 896, in modo diretto afferma che “le fideiussioni stipulate in data 15.12.2015 non subiscono gli effetti del provvedimento della Banca d’Italia riguardante le clausole anticoncorrenziali dello schema ABI”. Tanto viene affermato perché l’accertamento compiuto dalla Banca d’Italia, riguarda il periodo ricompreso tra il 2002 e il maggio del 2005, in forza del quale è stato emanato il provvedimento n. 55 del 2005 relativo alla normativa antitrust.

Le argomentazioni svolte dal Tribunale sono varie e vanno evidenziate.

1)La nullità delle clausole di reviviscenza o sopravvivenza della garanzia, predisposte unilateralmente e applicate in modo uniforme nei contratti bancari, anche se intesa quale nullità di protezione per il garante, è rilevabile d’ufficio.

2)Il provvedimento amministrativo, con cui la Banca d’Italia ha dichiarato la nullità delle clausole di reviviscenza o sopravvivenza della garanzia predisposte unilateralmente e applicate in modo uniforme nei contratti bancari, può valere quale prova della nullità nel giudizio civile, anche se il contratto è stato stipulato anteriormente al provvedimento della Banca d’Italia (Cass. 29810/ 2017). Si potrebbe ritenere che solo per le “vecchie” garanzie rilasciate prima del provvedimento, sarebbe possibile utilizzare i principi segnalati dalla Banca di Italia e non per le fideiussioni di data successiva al 2005.

Va tenuta presente, però, la decisione del Tribunale di Milano del 21.2.2023 che non si discosta dai precedenti citati e che tiene conto delle richieste del garante, affermando “[n]ell’ambito dell’esercizio dei poteri officiosi in materia antitrust della sezione specializzata in materia di impresa, il tribunale, in relazione al tema della prova dell’esistenza di una intesa illecita nel periodo anteriore alla adozione del provvedimento della Banca d’Itala n. 55/2005, può ordinare l’esibizione in giudizio dei modelli standard di fideiussione omnibus utilizzati da ciascun istituto di credito nel periodo in cui sono state rilasciate le fideiussioni oggetto di causa” ha, dunque, accolto l’istanza dell’attore volta ad ottenere l’esibizione del modulo standard delle fideiussioni omnibus utilizzato dalle altre banche.

Va evidenziato che il Tribunale ha preso atto che la garanzia oggetto di giudizio era stata stipulata in un periodo antecedente a quello considerato nel provvedimento di Bankitalia, per cui l’attore doveva provare la esistenza già all’epoca della sottoscrizione dei contratti, dell’intesa illecita.

La circostanza che la fideiussione fosse stata rilasciata nel 2001, infatti, implicava la necessita di determinare come si potesse giungere alla verifica dell’eventuale violazione delle norme antitrust.

Tribunale su sollecitazione dell’attore in giudizio ha accolto la richiesta istruttoria (ex art. 210 c.p.c.) sottolineando “in relazione al tema di prova dell’esistenza dell’intesa illecita anteriormente al perimetro temporale dell’accertamento condotto dalla Banca d’Italia, conclusosi con il provvedimento n. 55/2005, deve ritenersi ammissibile e rilevante l’istanza di esibizione ex art. 210 c.p.c. formulata dalla parte attrice. A tal fine, infatti, è stato ordinato ad un novero di istituti bancari, di diverso dimensionamento, l’esibizione del modulo standard per le fideiussioni omnibus utilizzato in epoca coeva a quella della stipulazione delle garanzie oggetto di causa.

Non è agevole ritenere che la pronunzia abbia valenza oltre la fattispecie che riguardare il rilascio della fideiussione avvenuto nel 2001 e ciò perché una diretta indagine sui modelli utilizzati di recente è possibile anche tramite una ricerca su internet.

Invero alcune banche hanno integrato i loro moduli con qualche differenziazione, specie sulla clausola relativa alla liberazione ex art. 1957 c.c.[7], altre hanno lasciato il testo ABI precedente. Una indagine tramite Internet è senza dubbio valido per accertare la uniformità dei testi.

Corte d’Appello di Milano, 24.2.2023, n. 641 ha ripreso quanto affermato dalla Cassazione: Il contrasto sussistente tra lo schema contrattuale standard di fideiussione predisposto dall’ABI e quello utilizzato può essere prova privilegiata per l’accertamento di intese restrittive della concorrenza

Dello stesso tenore Tribunale Sez. spec. Impresa – Milano, 14.2.2023, n. 1171 che afferma che “le cause c.d. ‘stand alone’ sono quelle relative a fideiussioni prestate in epoca successiva al provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia e che dunque, come tali, non possono giovarsi del provvedimento ai fini dell’accertamento dell’illecito antitrust. Per tale ragione in questa tipologia di controversie l’attore ha l’onere di dimostrare che all’epoca della stipula della fideiussione era già esistente un’intesa anticoncorrenziale fra banche per l’applicazione in modo uniforme delle tre clausole dello schema ABI oggetto delle censure della Banca d’Italia nel 2005 per violazione dell’art. 2 della l. n. 287 del 1990.”.

Per quanto riguarda le fideiussioni stipulate dopo il periodo di indagine di Bankitalia, il Tribunale Sez. spec. Impresa – Milano, 3.2.2023, n. 896 ha specificato che “[l]e fideiussioni stipulate in data 15.12.2015 non subiscono gli effetti del provvedimento della Banca d’Italia riguardante le clausole anticoncorrenziali dello schema ABI.

In questo contesto, le pronunzie citate sembrano univoco, ma va però commentate la pronunzia del Tribunale di Milano 20.3.2023 che precisa: “[l]a fideiussione è stata stipulata in data 11.08.2010 ad oltre cinque anni dal provvedimento della Banca d’Italia che accerta la sussistenza dell’intesa anticoncorrenziale. Tale provvedimento non può costituire prova dell’intesa anticoncorrenziale, perché l’istruttoria compiuta dalla Banca d’Italia riguarda il periodo temporale compreso tra il 2002 ed il 2005. È onere del contraente allegare e dimostrare l’esistenza di un’intesa anteriore o coeva alla stipulazione della garanzia avente ad oggetto quello di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale bancario.

Tanto affermato, il Tribunale precisa, però, “allo scopo di dimostrare la persistenza di un’intesa illecita anticoncorrenziale a considerevole distanza dall’accertamento operato dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2005, può essere accolta l’istanza di esibizione del modulo standard di fideiussione omnibus utilizzato da altre banche in epoca coeva a quella della stipulazione della fideiussione omnibus per cui è causa, individuando a tal fine istituti bancari di diverso dimensionamento nei confronti dei quali pronunciare l’ordine.

 

4.    La deroga alla disciplina dettata dall’art. 1957 c.c.

La recente sentenza pubblicata sull’argomento è quella del Tribunale Napoli 17.10.2023 che sofferma la sua attenzione sulla deroga alla disciplina dell’art. 1957 c.c. merita attenta riflessione.

Il Tribunale partenopeo afferma che la clausola di deroga alla disciplina dell’art. 1957 c.c.  è da sempre considerata un veicolo per il migliore funzionamento del credito in quanto consente una maggiore tolleranza per l’inizio delle azioni recuperatorie, in questi il giudice napoletano sembra ripercorrere lo stesso ragionamento proposto dalla Banca di Italia nel suo provvedimento del 2005, allorquando affermava che la fideiussione a semplice richiesta va conservata perché è uno strumento per accelerare i recuperi del sistema bancario.

Questa impostazione non è convincente ed anzi introduce una valutazione di natura para giuridica. Si tenga conto che la stessa argomentazione viene proposta dalla Corte di Appello di Venezia con la sentenza di data coeva (19.10.2023), commentata successivamente.

Va, in ogni caso, verificato come è motivata la sentenza del Tribunale di Napoli, laddove questo afferma che “[i]n tema di fideiussione, le disposizioni di cui all’art. 1957 c.c. non costituiscono elementi minimi ed inderogabili di esistenza e validità della fideiussione, potendo i diritti derivanti per il fideiussore dall’art. 1957 c.c. essere rinunciati in valide forme di legge.

Invero, la questione ci sembra ben altra!

Di poi il Tribunale precisa che[i]l fideiussore non può, inoltre, limitarsi ad affermare la pretesa nullità della fideiussione o di sue clausole per violazione dell’art.2 L. n. 287/1990 facendo leva sul provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia, che si riferisce al periodo all’intesa accertata per il periodo 2002 e 2005, ma è gravato dell’onere della prova circa l’esistenza di una nuova intesa anticoncorrenziale, evocando una pronuncia di public enforcement, costituente indefettibile presupposto della richiesta di nullità di una fideiussione stipulata successivamente al 2005.

Questo principio è già condiviso da vari tribunali che peraltro hanno tentato di trovare una più equa soluzione che non viene esaminata dalla pronunzia sopra citata.

Il giudice ha affermato che le clausole indagate dall’attore esistono nel diritto bancario da tempi risalenti, e specialmente la deroga al funzionamento del 1957 c.c. è da sempre considerata un veicolo per il migliore funzionamento del credito nell’interesse tanto del garantito che della banca, dal momento che l’estensione temporale dell’efficacia della garanzia fideiussoria, in assenza di un termine a pena di decadenza per l’attivazione dalla scadenza del debito, “consente una maggiore tolleranza verso gli inevitabili e fisiologici andamenti irregolari dell’esposizione debitoria di un’azienda, andamenti che sono connessi non solo alla capacità dell’imprenditore, ma anche della solvibilità generale del mercato”.

Inoltre, il contratto era stato stipulato in un momento successivo rispetto a quello (ottobre 2002 – maggio 2005) oggetto dell’accertamento effettuato dalla Banca d’Italia col provvedimento amministrativo n. 55 del 2 maggio 2005.

Per concludere il suo dire, la pronunzia osserva che l’attore avrebbe dovuto “provare l’esistenza di una intesa anticoncorrenziale successiva al periodo 2002-2005, al quale si riferisce il provvedimento Banca d’Italia”.

Invero il giudizio è stato incardinato in modo anomalo perché gli attori hanno chiesto la nullità totale della garanzia e solo in subordina la nullità parziale relativa alle clausole ritenute in violazione delle norme antitrust dalla Banca Centrale, oltre il risarcimento dei danni. Di contro la banca concludeva perché fosse rigettata ogni pretesa avversa, inammissibile ed infondata.

Va evidenziata che la fideiussione venne rilasciata nel 2012, secondo quanto dichiarato dall’attore, mentre il Tribunale indica una diversa data, 2009. Questa contraddizione è poco rilevante nel contesto del giudizio.

Il tribunale riprende l’iter giurisprudenziale (da ultima la nota ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione del 30.12.2021 n. 41994) per evidenziare che la tesi della nullità totale va rigettata., mentre si deve ipotizzare una nullità parziale, limitata alle singole clausole che riproducono lo schema unilaterale.

Successivamente il Giudice conferma che il Provvedimento “ha un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate, e il giudice del merito è tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva, non potendo attribuire rilievo decisivo all’attuazione o meno della prescrizione contenuta nel menzionato provvedimento con cui è stato imposto all’ABI di estromettere le clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario”.

Questa impostazione è condizionata dalla notazione sulla data del rilascio della garanzia. Il Tribunale sottolinea che la fideiussione per cui è causa (stipulata nel 2009) si colloca in un periodo successivo rispetto a quello (ottobre 2002 – maggio 2005) oggetto dell’accertamento effettuato dalla Banca d’Italia col provvedimento amministrativo n. 55 del 2 maggio 2005, di conseguenza gravava “interamente” sull’attore l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione.

In tal senso, l’attore dovrebbe provare a monte l’esistenza di un’intesa, tra un numero adeguato di istituti di credito, idonea ad alterare la libera concorrenza del mercato, mediante la preclusione all’utente di beneficiare della competizione tra le banche per cogliere le migliori condizioni economiche del servizio richiesto. In altri termini, l’intesa dovrebbe vedere gli istituti di credito concertare tra loro delle condizioni di accesso ai servizi bancari sfavorevoli all’utente, uguali tra loro, sì da impedire quell’effetto naturale della concorrenza che comporta la differenziazione delle offerte commerciali tra i diversi concorrenti per aumentare la propria fetta di mercato. Di fatto, con le intese, i concorrenti in un determinato mercato, al fine di non incorrere nel naturale rischio di impresa connesso alla ricerca di nuovi clienti a danno dell’altro, si dividono il mercato creando artificiosamente e d’intesa identiche condizioni economiche per l’utenza. In questo senso il danno prodotto da un’intesa all’utente finale del mercato può avere una duplice accezione: 1) l’impossibilità di avvantaggiarsi di condizioni migliorative frutto delle dinamiche concorrenziali in virtù di un appiattimento della curva del prezzo; 2) l’aggravio di maggiori costi là dove l’intesa si spinga ad introdurre condizioni più sfavorevoli per quel segmento di mercato, innalzando la curva del prezzo. In questo senso, in sé il mero ricorso a moduli e formulari per la stipulazione di contratti standardizzati costituisce un’attività assolutamente lecita e peraltro positivizzata nel codice civile vigente, artt. 1341 e 1342 c.c., nonché disciplinata anche nel Codice del Consumo per il caso in cui l’utente del mercato sia un consumatore e non un professionista.

Va condivisa l’impostazione, ma il Tribunale avrebbe potuto prendere atto, con un semplice interpello su internet, che negli anni successivi al 2005 gli istituti di credito avevo mantenuto i testi fideiussori sostanzialmente inalterati.

Inoltre, molti attori in giudizio hanno cura di depositare vari moduli utilizzati dalle banche proprio per confortare le loro azioni, sebbene fosse un fatto notorio che la situazione era rimasta inalterata.

Ma in passaggio della sentenza del Tribunale che risulta più intessente  è il successivo quando si afferma che “rileva maggiormente nel caso di specie, se si considera che le clausole indagate dall’attore esistono nel diritto bancario da tempi risalenti, come la migliore dottrina insegna, e specialmente la deroga al funzionamento del 1957 c.c. è da sempre considerata un veicolo per il migliore funzionamento del credito nell’interesse tanto del garantito che della banca, dal momento che l’estensione temporale dell’efficacia della garanzia fideiussoria, in assenza di un termine a pena di decadenza per l’attivazione dalla scadenza del debito, consente una maggiore tolleranza verso gli inevitabili e fisiologici andamenti irregolari dell’esposizione debitoria di un’azienda, andamenti che sono connessi non solo alla capacità dell’imprenditore, ma anche della solvibilità generale del mercato. In questo senso il garante rinunciando ai diritti derivanti dall’art. 1957, 1° c.c., consente con il suo intervento un più agevole accesso al credito da parte del garantito, il quale non sarà esposto a repentine revoche di affidamento in presenza di un primo irregolare andamento di rimesse, dovendosi trovare nei rapporti tra garante e garantito la giustificazione economica e giuridica di tale sacrificio da parte del fideiussore in favore del garantito”.

Come già accennato, le osservazioni del Tribunale sono ampiamente discutibili sulla sola notazione che il fideiussore è un responsabile senza debito e che interviene solo per fornire una garanzia alla banca! Di conseguenza per lo stesso è (o dovrebbe essere) del tutto irrilevante l’interesse della banca.

L’ulteriore affermazione, davvero discutibile, è quella secondo cui la deroga alla disciplina detta dall’art. 1957 c.c. “si traduce in un minore costo di finanziamento per il debitore principale”.

Anche sul punto che la deroga aggrava la posizione del fideiussore e richiamare eventuali vantaggi del debitore principale sembra un errore di percorso. In questo contesto, va richiamata la sentenza Tribunale Firenze 4.10.2023 che ha inteso precisare la clausola di rinuncia ai termini di cui all’art. 1957 c.c. pone a carico del contraente, nei cui confronti la stessa clausola produce effetti, decadenze e/o limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni che impediscono al fideiussore di far valere la decadenza del creditore negligente per non essersi attivato avverso il debitore principale. Tale clausola deve ritenersi ricompresa nel novero delle clausole ritenute vessatorie dal legislatore sia ai sensi dell’art. 1341, secondo comma, c.c., sia dell’art. 33, secondo comma, lett. t) del Codice di Consumo, di conseguenza il garante deve ritenersi liberato dal vincolo fideiussorio con riferimento al credito oggetto di ingiunzione, e la banca decaduta dal diritto a far valere in giudizio le proprie ragioni di credito, se difetta la prova dell’attivazione, da parte della banca creditrice, di istanze giudiziali nei termini di cui all’art. 1957 c.c.

Queste considerazioni ci sembrano valide e confermano i dubbi avanzati in precedenza. La stessa impostazione si ritrova nella ordinanza della Cassazione del 28.9.2023 n. 27558.

Una fattispecie particolare viene esaminata dall’ordinanza della Cassazione del 17.2.2023 n. 5017 ove si afferma che l’obbligazione assunta da chi agisce in nome e per conto di associazione non riconosciuta è assimilabile alla fideiussione, invero l’aspetto più interessante della pronunzia riguarda l’applicazione della disciplina dell’art. 1957 c.c. osservando che “l’obbligazione solidale assunta da colui che agisce in nome e per conto di un’associazione non riconosciuta, prevista dall’art. 38 c.c., non concerne un debito proprio dell’associato ed è inquadrabile fra quelle di garanzia “ex lege”, assimilabili alla fideiussione. Pertanto ad essa si applicano i principi riguardanti la fideiussione solidale, tra cui il termine di decadenza di cui all’art. 1957 c.c. che opera in favore di colui che ha agito in nome e per conto dell’associazione”.

 

5.   La fideiussione astratta

Il Tribunale Napoli 22.5.2023 ha precisato quando la fideiussione si debba ritenere astratta, la premessa è semplice: l’elemento di differenziazione tra il contratto di fideiussione e quello autonomo va rilevato se sussiste l’accessorietà o meno.

Si è ritenuto per molti anni che la clausola di pagamento, a prima richiesta e senza eccezioni, sarebbe sufficiente per qualificare il contratto come contratto autonomo di garanzia perché emergerebbe l’autonomia dell’impegno assunto dal garante. Sul punto si è aperta una ampia discussione, infatti, mentre vi sono pronunzie che ritengono non sufficiente l’introduzione della sola clausola “a prima richiesta”, per privare il contratto da suo carattere di accessorietà rispetto al credito garantito, vi sono altre di segno del tutto opposto.

Vale riportare brevemente la giurisprudenza più recente, in particolare, il Tribunale Chieti, 8.9.2023, n.474 secondo cui il contratto autonomo di garanzia ha come connotato fondamentale l’assenza di accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto a quella dell’ordinante. La corte teatina precisa che “il contratto autonomo di garanzia reca come connotato fondamentale l’assenza di accessorietà dell’obbligazione del garante rispetto a quella dell’ordinante, essendo la prima qualitativamente diversa dalla seconda, oltre che rivolta non al pagamento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore”.

Il giudizio verteva sulla generale inapplicabilità a tale contratto del disposto dell’art. 1957 c.c. L’importanza della pronunzia è evidente per il fideiussore.

Corte d’Appello di Brescia 24.7.2023, n.1256 introduce un’ulteriore precisazione sull’argomento, evidenziando che tra l’obbligazione del garante autonomo e quella del debitore principale non sussiste vincolo di solidarietà. “Tra l’obbligazione assunta dal debitore principale e quella discendente da un negozio autonomo di garanzia non c’è vincolo di solidarietà, stante che la causa concreta del contratto autonomo si sostanzia nel passaggio del rischio economico correlato alla mancata esecuzione di una prestazione negoziale da un soggetto all’altro, mentre nelle obbligazioni solidali in generale-e nella fideiussione in particolare- l’interesse all’esatto adempimento della stessa prestazione principale è protetto, pertanto, l’obbligazione del garante autonomo resta sempre distinta da quella del debitore principale, avendo quale scopo quello di indennizzare il creditore insoddisfatto attraverso il tempestivo versamento di una somma di denaro prestabilita, sostitutiva dell’omessa o inesatta prestazione, configurandosi tra le medesime un semplice collegamento negoziale ed un cumulo di prestazioni”.

La Corte appello Napoli sez. VII, 2.8.2023, n.3647, ha sostenuto che il contratto autonomo di garanzia e quello di fideiussione si distinguono sia per funzionamento, che per causa

Questa distinzione non è fine a se stessa, perché che evidenziata la mancanza del carattere di accessorietà del primo rispetto alla seconda, si deve ritenere che nel contratto autonomo è esclusa la facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale – in deroga all’art. 1945 c.c. – e conseguentemente è precluso al debitore di chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale. In sostanza, laddove il contratto autonomo di garanzia mira a tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, la fideiussione garantisce l’adempimento dell’obbligazione principale altrui (attesa l’identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante).

Secondo i giudici d’appello di Napoli la clausola di deroga all’art. 1957 c.c. non comporta automaticamente la trasformazione in una garanzia di tipo autonomo. In quest’ottica la deroga all’art. 1957 c.c. contenuta nell’atto di fideiussione non avrebbe rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come contratto autonomo di garanzia o come fideiussione, in quanto detta disposizione risponde a un’esigenza di protezione del fideiussore che prescinde dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale.

La Corte d’Appello di Caltanissetta sez. I, 23.5.2023, n.179, ripropone la statuizione della già citata pronunzia del Tribunale di Chieti, dando rilevanza alle clausole contrattuali di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni, per giungere alla qualifica del contratto come autonomo di garanzia.

Va però accennata una riserva riportata in motivazione, infatti la corte nissena evidenzia “salvo quando vi sia una evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale. Invero non sembra facile proporre un’eccezione sulla detta indicazione.

La garanzia autonoma ha una causa propriamente indennitaria, ossia di trasferimento da un soggetto ad un altro del rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, secondo il Tribunale Napoli Sez. spec. Impresa, 22.5.2023, n.5264.

Va segnalata la pronunzia del Tribunale Pavia sez. III, 19.5.2023, n.645 perché enuncia in modo dettagliato in cosa si distingue la fideiussione ordinaria dal contratto autonomo di garanzia: 1. la circostanza che mentre la fideiussione tutela l’esatto adempimento dell’obbligazione principale altrui, il contratto autonomo di garanzia pone a carico del garante un’obbligazione autonoma e diversa; 2. la prestazione cui è tenuto il garante è diversa da quella cui è tenuto l’obbligato principale; 3. l’inserimento nel contratto dell’espressione ‘a prima richiesta’ e ‘senza eccezioni’ sono indici della stipulazione di un contratto autonomo di garanzia, che comporta di regola la non applicabilità dell’art. 1957 c.c. e l’assenza dell’elemento dell’accessorietà , ferma restando l’esperibilità dell”exceptio doli’.

In buona sostanza, la pronunzia si adegua ad alcune sentenze già citate.

La Corte appello Napoli 11.5.2023, n.2119, ha osservato che anche nella garantievertrag può sempre sollevare l’eccezione di usurarietà del contratto, affermando “[n]ell’ambito del contratto autonomo di garanzia, la rinuncia del garante alla proposizione delle eccezioni che competono al debitore principale trova unico limite nelle contestazioni che sottendono la violazione di norme imperative, ordine pubblico o illeceità della causa, eccezioni che come tali devono intendersi sempre e comunque proponibili anche dal garante nella garantievertrag, nonostante qualsiasi rinuncia; in particolare, l’eccezione di usurarietà del contratto è sempre proponibile anche dal garante nella garanzia autonoma, posto che si tratta di un’eccezione attinente a profili di ordine pubblico e violazione di norme imperative, vista la rilevanza anche penale del reato di usura.

Si apre così per il fideiussore un ampio spazio per contestare la pretesa della banca.

La sentenza del Tribunale Torino sez. VIII, 11.5.2023, n.2033 è importante in un sistema che vede spesso il credito azionato dalla banca, ma un cessionario. Secondo il tribunale torinese il contratto autonomo di garanzia, non essendo un accessorio del credito, non si trasmette al cessionario. Il giudice della città della mole rileva che “nella cessione dei crediti deteriorati di cui all’art. 58 TUB non è compresa anche la cessione della fideiussione nella forma del contratto autonomo atteso che questa forma di garanzia, non avendo natura accessoria del credito, non si trasmette al cessionario. Pertanto, il cessionario non è legittimato ad esigere la prestazione oggetto di garanzia al pari del cedente in quanto, affinché possa prodursi il trasferimento ex lege del diritto di garanzia, non è sufficiente la semplice notifica al garante dell’avvenuta cessione ma occorre il suo consenso. Infatti, il contratto autonomo di garanzia è un rapporto giuridico contrattuale che non può essere ceduto in assenza del consenso di entrambi i contraenti”.

Nella decisione della Corte appello Brescia sez. I, 26.4.2023, n.710, ha evidenziato che il contratto autonomo di garanzia e quello di fideiussione si distinguono oltre che per funzionamento, anche per causa. La Corte ha inteso evidenziare che è la “causa” che distingue i due contratti, “nella fideiussione essa si sostanzia in una richiesta di adempimento rivolta al garante, anziché all’obbligato principale (in ciò concretizzandosi il carattere accessorio rispetto all’obbligazione principale), mentre nella garantievertrag la causa coincide con la richiesta di una prestazione diversa, costituita da un indennizzo svincolato dalla prestazione oggetto del rapporto principale.

Questo argomento è molto dibattuto e vale richiamare la sentenza del Tribunale Civitavecchia 7.8,2023, n.907, secondo cui la presenza di una clausola di pagamento ‘a prima richiesta scritta’ non sempre qualifica il negozio come garantievertrag, affermando che “[l]a clausola che obbliga il fideiussore a pagare ‘a semplice richiesta scritta’ consente di qualificare la garanzia come contratto di fideiussione e non come garantievertrag. Invero, la previsione della clausola ‘a prima richiesta’ o ‘a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore’, senza la contestuale presenza di locuzioni quali ‘senza eccezioni’ o ‘ogni eccezione esclusa’ non è sufficiente a qualificare il contratto di fideiussione come contratto autonomo di garanzia.

Il passaggio più interessante della sentenza della Corte appello Firenze sez. II, 11.4.2023, n.725 è rappresentato dall’osservazione che la fideiussione comporta l’ampliamento del novero dei soggetti obbligati rispetto alla prestazione assunta dal soggetto obbligato principale. Dunque, con la garanzia autonoma si crea “un’obbligazione parallela indipendente da quella principale, tale da incidere sulle eccezioni che il garante può sollevare, che sono solo quelle relative all’inesistenza del credito conseguente alla nullità dovuta a violazione di norme imperative o illiceità della causa del rapporto principale nonché la c.d. ‘exceptio doli generalis’, che sottende l’abusiva pretesa del creditore e quindi la sua malafede perché il debito principale è stato estinto.

La pronunzia impone una riflessione e, precisamente, se il garante abbia la consapevolezza che stia assumendo un obbligo ben diverso dal “titolo” (“fideiussione” riportato sul testo sottoposto) mentre sta accettando di assumere un impegno molto più gravoso[8].

Corte appello Brescia sez. I, 3.10.2023, n.1484 conferma l’orientamento del Tribunale di Alessandria ed afferma che, a giudizio delle Corte, “la presenza di una clausola di pagamento ‘a prima richiesta’ non qualifica la fideiussione come garantievertrag”. Secondo i giudici della leonessa d’Italia “[p]er comprendere la differenza tra il contratto di garanzia autonoma ed il contratto di fideiussione e dunque qualificare correttamente la tipologia negoziale si deve partire, sì, dall’esame delle clausole contrattuali, ma questo non significa attribuire prioritaria rilevanza alle locuzioni adottate dalle parti: infatti la previsione del pagamento a prima richiesta, ancorché eventualmente accompagnata alla rinuncia al beneficio della preventiva escussione ex art. 1944 c.c. non comporta sempre, quale automatica conseguenza, quella della configurazione del rapporto come di garanzia autonoma.

Il tribunale aveva ammesso una CTU e, era emersa l’applicazione illegittima da parte della Banca di interessi anatocistici, ultra-legali, usurari, commissioni di massimo scoperto, spese ed oneri non dovuti, di cui la società aveva chiesto vanamente la restituzione, per evitare una azione esecutiva, la parte debitrice sottoscriveva un piano di rientro per il residuo debito di euro 18.629,89;

Il Tribunale qualificava gli attori come garanti autonomi della società correntista debitrice principale sulla base del tenore del contratto di garanzia il quale prevedeva che “il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla banca, a semplice richiesta, anche in caso di opposizione del debitore” e che “il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente alla Banca, a semplice richiesta scritta quanto dovutole, rimossa sin d’ora ogni eccezione e/o opposizione, a nulla rilevando la mancanza dell’ulteriore specificazione “senza eccezioni”, essendo ad essa assimilabile e quindi sufficiente, secondo l’opinione espressa dalla SC, la sola previsione “a semplice” e “a prima richiesta”.

Il rigetto era motivato dalla circostanza non era stata formulata una rituale exceptio doli.

In questo contesto veniva rigetta la domanda di esibizione ex art. 210 cpc, dei contratti perché gli attori avevano l’onere di conservazione dei contratti bancari e degli estratti conto.

La sentenza è molto articolata e particolarmente estesa e quindi esaminiamo solo i passaggi più rilevanti.

La questione dapprima esaminata è la natura dell’impegno assunto dai garanti. osserva la Corte d’Appello di non condividere l’orientamento del Tribunale che basava la sua decisione sull’inserimento nel contratto della sola locuzione “a semplice richiesta scritta”, ritenuta sufficiente in quanto assimilabile a quella, assente, “senza eccezioni”.

I giudici dell’appello sul punto osservavano che il motivo era fondato, non essendovi ragioni per discostarsi dall’orientamento espresso sul punto in vari precedenti della stessa Corte di Appello in ordine alla differenza tra garanzia autonoma e contratto di fideiussione (cfr. tra tutte: sentenza Corte di Appello di Brescia 21.6.2021 n. 798). In sintesi, la corretta qualificazione del contratto deve risultare dall’esame delle clausole contrattuali.

La Corte d’appello, quindi, procede ad un esame del testo del contratto di fideiussione e pone la verifica di fondo: fideiussore è un “vicario” del debitore o l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all’obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, “bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore”. Ed inoltre [s]econdo tale criterio, la distinzione opera non già in relazione alle parole impiegate, bensì sulla base del confronto tra la prestazione dedotta in garanzia e quella da essa garantita; laddove quest’ultima ne risulti “vicariata” dall’obbligazione di garanzia, si sarà in presenza di fideiussione; nel caso in cui, invece, l’obbligazione di garanzia svolga funzione compensativa del danno determinatosi in ragione dell’inadempimento dell’obbligato principale, e si sostanzi in una prestazione “qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale”, dovrà ravvisarsi il contratto autonomo di garanzia: ciò che differenzia le due fattispecie è dunque la causa, che nel caso di fideiussione si sostanzia nella richiesta di adempimento, rivolta al garante anziché all’obbligato principale (con ciò manifestandosi il carattere di accessorietà rispetto all’obbligazione principale), mentre nel caso di garanzia autonoma si realizza nella richiesta di una prestazione diversa, di regola costituita da un indennizzo predeterminato (in buona sostanza una penale non riducibile), svincolato dalla prestazione oggetto del rapporto fondamentale così come dalla stessa commisurazione della natura dell’inadempimento (ritardo, inesattezza, incompletezza) e dalla sua maggiore o minore gravità”.

Queste indicazioni sono da condividere e non resta che esaminare le pattuizioni del contratto. Con una logica stringente sono ripotate le condizioni del contratto per poi concludere che nel caso in esame non è, quindi, dato ravvisare alcuna effettiva distinzione dell’oggetto tra le due obbligazioni (quella del rapporto fondamentale e quella del rapporto di garanzia), né della causa dei due rapporti (tale per cui l’oggetto della garanzia, avente finalità di mera copertura del rischio economico, si presenti come del tutto distinto rispetto a quello dell’obbligazione oggetto del rapporto fondamentale), che sola potrebbe giustificare la qualificazione della garanzia contrattualmente assunta come autonoma: la garanzia è al contrario strutturata proprio mediante l’assunzione, da parte del garante, sia pure entro un predeterminato limite quantitativo, delle medesime obbligazioni che la debitrice principale ha assunto verso la banca.

Inoltre la Corte osserva che nelle fideiussione “non è contenuta alcuna rinuncia generale del fideiussore a proporre eccezioni che spetterebbero al debitore principale (art. 1945 cc), ma soltanto quella ad opporre eccezioni riguardo al momento in cui la banca intenda esercitare la sua facoltà di recedere dai rapporti col debitore. La deroga alla disciplina di cui all’art. 1957 c.c. non può costituire argomento a favore della qualificazione del rapporto come garanzia autonoma, perché, se tale fosse, non vi sarebbe bisogno di prevederla, trattandosi di contratto atipico per il quale non opera la disciplina legislativa relativa alla fideiussione.

La Corte di Brescia è intervenuta anche sulla richiesta (disattesa) di esibizione del contratto di conto corrente, evidenziando che “la Banca ha l’obbligo di conservare il contratto per tutta la durata del rapporto, anche oltre i dieci anni e avrebbe avuto l’onere di produrlo in giudizio e che, a fronte della mancata produzione, il primo giudice avrebbe dovuto, d’ufficio, rilevare la nullità per difetto di forma scritta delle singole clausole, con salvezza del contratto di c/c per il resto, conformemente alla volontà di parte attrice che ha chiesto accertarsi solo la nullità delle singole clausole contestate. Insiste nella richiesta di ctu tecnico contabile, anch’essa non esplorativa”, ed inoltre “La Corte propone una serie di argomentazioni molto valide per riconoscere il diritto a chiedere l’esibizione nel caso di specie né il principio in questione può semplicisticamente esaurirsi nella valorizzazione della diversità di forza economica dei contendenti (cfr., proprio con riferimento all’acquisizione del contratto di conto corrente bancario, Cass. 12 settembre 2016, n. 17923, non massimata). Ed è utile rilevare, da ultimo, come la mancata conservazione dello scritto trovi rimedio nell’art. 2724 c.c., n. 3, che ammette la prova testimoniale ove lo stipulante abbia senza colpa perduto il documento che gli forniva la prova(cfr. in senso conforme da ultimo Cass. 15.5.2023 n. 13142; Cass. 14.12.2022 n. 36585).

La pronunzia è molto motivata e affronta una serie di questioni non ancora risolte.

Tribunale Bari sez. IV, 6.9.2023, n.3405 si esprime negli stessi termini: La presenza di una clausola di pagamento ‘a prima richiesta’ non qualifica la fideiussione come garantievertrag, il giudice pugliese precisa che l’inserimento in un contratto di fideiussione delle clausole ‘a prima richiesta’ e/o ‘senza eccezioni’ fa presumere il carattere autonomo della garanzia, ma non è decisiva ai fini della qualificazione di un negozio come contratto autonomo di garanzia o come fideiussione. Infatti, tale presunzione è superabile laddove, dall’ermeneutica contrattuale emerga una diversa volontà delle parti.

Anche il Tribunale Alessandria, 3.10.2023, n.805 è intervenuto sulla clausola di pagamento ‘a prima richiesta’. Il Tribunale alessandrino ha affermato che la “presenza, nel contratto, di una clausola ‘a prima richiesta’ o ‘a semplice richiesta scritta’ comporta solitamente l’impegno del garante a pagare non appena il creditore gliene fa richiesta, con la facoltà poi di ripetere dal garantito quanto versato: tale pattuizione, però, non identifica automaticamente il contratto come garantievertrag, posto che successivamente al pagamento il garante può far valere le eccezioni relative al rapporto principale. Pertanto, una siffatta clausola al massimo può qualificare il rapporto come fideiussione con clausola “solve et repete”, ove il fideiussore può sempre, anche se solo dopo aver pagato, opporre al creditore le eccezioni attinenti all’esistenza e alla validità del credito.

Le pronunzia del Tribunale sintetizza la fattispecie e afferma che il garante è sì tenuto al pagamento richiesto, ma successivamente può contestare il credito richiesto. Si afferma che la validità della pretesa può essere sempre messa in discussione. Il principio non limita il diritto del garante ad agire solo in danno del debitore principale!

La Cassazione civile sez. I, 31.3.2023, n.9071, ha sancito che, “[s]empre in relazione al contratto autonomo di garanzia, il garante è legittimato a proporre eccezioni fondate sulla nullità anche parziale del contratto base per contrarietà a norme imperative. Ne consegue che può essere sollevata nei confronti della banca l’eccezione di nullità della clausola anatocistica atteso che la soluzione contraria consentirebbe al creditore di ottenere, per il tramite del garante, un risultato che l’ordinamento vieta.

La pronunzia è di particolare interessa perché apre la possibilità di difesa per il fideiussore. Va segnalato che il detto principio era stato già enunciato dalla Cassazione .n. 371 del 2018

Nella sentenza della prima sezione del 3.2.2023, n.386, Corte appello Milano ha affrontato un problema di grande rilievo in relazione alla disciplina dell’art. 1957 c.c. affermando che nel contratto autonomo di garanzia, se le parti convengono il pagamento a prima richiesta, l’eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all’art. 1957, comma 1, c.c., deve intendersi riferito al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione. Secondo la Corte “[p]er evitare quindi la decadenza è ritenersi sufficiente la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento.

Il Tribunale Milano Sez. spec. Impresa, 2.1.2023, n.17, si adegua all’impostazione secondo cui l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni fa qualificare il negozio come autonomo di garanzia.

Diverso orientamento del Tribunale di Civitavecchia (Tribunale Civitavecchia sez. I, 7.8.2023, n.907) secondo cui la presenza di una clausola di pagamento ‘a prima richiesta scritta’ non sempre permette di qualificare il negozio astratto. Il Tribunale argomenta sulla formulazione del contratto e osserva che la previsione della clausola ‘a prima richiesta’ o ‘a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore’, senza la contestuale presenza di locuzioni quali ‘senza eccezioni’ o ‘ogni eccezione esclusa’ non è sufficiente a qualificare il contratto di fideiussione come contratto autonomo di garanzia.

In questo contesto non si può tralasciare la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, sez. III civ., 8.2.2023, n. 796, la cui massima così recita: “la fideiussione omnibus con clausola di pagamento «immediato» e «a prima richiesta scritta» non va qualificata quale garanzia autonoma ed è, pertanto, esente dall’applicazione del relativo regime giuridico. La presenza di tali espressioni, congiuntamente a quelle che riprendono nel contenuto gli artt. 2, 6 e 8 del modello di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI, è insufficiente a ledere il nesso di accessorietà che lega la garanzia al rapporto sottostante alla sua emissione; al contrario, è necessario analizzare il contenuto della garanzia nel suo complesso per verificare se sia possibile riscontrare l’esistenza di ulteriori indici utili a guidare l’interprete nella qualificazione di tale fideiussione come garanzia autonoma.

In motivazione vengono svolte importanti osservazioni e precisazioni. Nel caso sottoposto alla corte partenopea il testo contrattuale riportava la sola clausola a prima richiesta e non quella “senza sollevare eccezioni”.

La Corte ha accolto il gravame verso la sentenza del Tribunale che aveva qualificata la garanzia autonoma e non aveva accolto la richiesta dei fideiussori di eliminare il calcolo anatocistico e solo quella reattiva alla usura. Inoltre, la Corte ha richiamato un suo precedente (sentenza n. 3378 del 2022) che dubitava sussistere in base al valore testuale, gli estremi di un contratto autonomo di garanzia.

L’argomento forte della sentenza è il richiamo alla decisione delle Sezioni Unite n. 3947/2010, con riferimento alla distinzione in generale fra fideiussione e garanzia autonoma. La Corte d’Appello ha affermato che “[s]i è inteso espressamente formulare un criterio direttivo per la qualificazione della garanzia con clausola “a prima richiesta” e/o “senza eccezioni”, al fine di consentire, ex ante, la necessaria prevedibilità della decisione giudiziaria in caso di controversia, restringendo le maglie di aleatori spazi ermeneutici sovente forieri di poco comprensibili disparità di decisioni a parità di situazioni esaminate, sì da orientare l’interprete, in presenza di simili clausole, verso l’approdo alla autonoma fattispecie della Garantievertrag, fatta salva la differente interpretazione risultante dal complesso delle clausole inserite nella convenzione negoziale (Cass. n. 27619/2020).

Secondo i giudici napoletani trattasi di una quaestio facti, da qui l’osservazione che “le decisioni dei Giudice del merito risultano piuttosto ondivaghe, nel senso che si registrano pronunce per le quali sarebbero necessarie, al fine della qualificazione della garanzia come autonoma, entrambe le clausole (“a prima richiesta” e “senza eccezioni”); altra parte della giurisprudenza ha invece dedotto che, a detto fine, sarebbe sufficiente la clausola “a prima richiesta” o, alternativamente e disgiuntamente, quella “senza eccezioni”.

Tanto affermato, il Collegio, “ai fini della natura della “fidejussione omnibus”, ritiene di valorizzare altri profili, primo, tra tutti, la causa, che, nel rapporto di garanzia di che trattasi, non può di certo identificarsi nella funzione cauzionale o indennitaria che è caratteristica della garanzia autonoma.

L’esame delle differenti cause della fideiussione (funzione “satisfattoria”) rispetto a quella autonoma va ripresa dalla già citata sentenza delle Sezioni Unite: fideiussore da qualificare “vicario” del debitore principale mentre nella garanzia autonoma è debitore diretto del garantito.

Ancora interessante è la notazione che “la clausola di deroga all’art. 1957 c.c. non comporta automaticamente la trasformazione in una garanzia di tipo autonomo: la deroga all’art. 1957 c.c. contenuta nell’atto di fideiussione non avrebbe rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come contratto autonomo di garanzia o come fideiussione, in quanto detta disposizione risponde a un’esigenza di protezione del fideiussore che prescinde dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale (Cass. n. 28943/2017).

Uguale notazione viene avanzata sul il c.d. patto di reviviscenza, con cui il fideiussore si impegna a rimborsare le somme che la Banca avesse incassato (dal debitore) per le obbligazioni garantite quando fosse tenuta a restituirle in seguito ad annullamento o revoca dei pagamenti stessi, “comporta solo ad identificare l’oggetto dell’obbligazione fideiussoria come tuttora riferibile al rapporto principale, posto che questo non si è definitivamente estinto con un pagamento valido ed irrevocabile.

Nel caso concreto, tuttavia, può esserne fatto un utilizzo distorto e deviato rispetto allo schema delineato dal Legislatore (e dal CICR, in seguito alla delibera del 9.2.2000), ed è per questo motivo che quando la capitalizzazione degli interessi viene predisposta in assenza delle condizioni che la legittimano, allora la stessa deve ritenersi vietata, e pertanto nulla. In base a ciò secondo la Corte, “va accolta l’eccezione di nullità della clausola anatocistica che si ritiene possibile avanzare in ogni caso.

La pronunzia ampiamente motivata merita un’accorta riflessione anche sulla base dell’interessante nota di Lucia DE ROS che affronta i vari temi trattati dalle Corte di Appello[9]. Riportiamo in nota il sommario e le conclusioni che si condividono[10], non senza tralasciare la circostanza che la massima riportata in precedenza non tiene conto che la fideiussione esaminata non riportava la previsione “senza eccezione”. In particolare, la DE ROS afferma: la necessità di analizzare la garanzia nel complesso. Tra gli elementi che l’ABF ha inteso valorizzare, al pari della Corte d’Appello in commento, la finalità perseguita dalle parti, la tipologia di prestazioni a cui sono tenuti garante e debitore e le eccezioni spettanti al garante.

Temiamo che il tecnico del diritto non avrà vita facile a soddisfare le dette esigenze!

A nostro avviso, si poteva valorizzare la circostanza che nel testo fideiussorio vi era solamente la previsione a semplice richiesta e null’altro per giungere alla conclusione che la fideiussione non era astratta. Ed ancora che l’indicazione “senza eccezione” ha rilievo solo in un momento successivo e precisamente dopo il pagamento da parte del garante.

La recentissima sentenza della Corte di Appello di Lecce, 26.10.2023 n.877 si affronta l’argomento precisando alcuni principi, tutti negativi per il fideiussore. La corte salentina afferma infatti “In tema di contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa previsione da parte dei contraenti, non si applica la norma di cui all’art. 1957 c.c., sull’onere del creditore garantito di far valere tempestivamente le sue ragioni nei confronti del debitore principale, atteso che tale disposizione, collegata al carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, instaura un collegamento necessario e ineludibile tra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e quella dell’obbligazione principale, e come tale rientra tra quelle su cui si fonda l’accessorietà del vincolo fideiussorio, per ciò solo inapplicabile ad un’obbligazione di garanzia autonoma. In altri termini con l’assunzione di garanzia personale autonoma e atipica il garante assume su di sé l’obbligo di pagare comunque e a prescindere dalle vicende relative alla validità e/o efficacia del rapporto fondamentale tra creditore garantito e debitore principale”.

Si parte dall’affermazione dalla natura astratta della fideiussione a tal proposito si richiama la previsione dell’art. 7 del contratto che riporta una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” e quindi si statuisce che non si può applicare la previsione dell’art. 1957 c.c.

Invero la Corte di Appello supera ogni dubbio sulla qualificazione da dare alla garanzia rilasciata e, quindi, trae la conseguenza che la previsione dell’art. 1957 c.c. non è da richiamare nel caso che l’impegno assunto non ha carattere accessorio.

Il Tribunale di Milano 14.6.2023 n.4965, si rifà alla precedenza giurisprudenza sulla natura astratta del contratto per affermare che “al fine di evitare la decadenza di cui all’art. 1957 c.c. è quindi sufficiente la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare “a prima richiesta” l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio.

La motivazione è da evidenziare perché si riafferma la natura astratta della garanzia rilasciata per cui l’onere di “escussione” era stato soddisfatto, essendo sufficiente, a tal uopo che nel termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione, il creditore avesse avanzato una richiesta stragiudiziale di pagamento, senza necessità di un’azione giudiziale.

Negli stessi termini Tribunale Vicenza 27.2.2023 e Corte di Appello Milano 24.1.2023: secondo cui la domanda stragiudiziale è sufficiente ad evitare la decadenza ex art. 1957 c.c.[11]

Il Tribunale Ferrara, 10.5.2023 afferma che la previsione della clausola secondo la quale “il fideiussore è tenuto a pagare immediatamente all’Azienda di credito, a semplice richiesta scritta, anche in caso di opposizione del debitore, quanto dovuto per capitale, interessi, spese, tasse ed ogni altro accessorio” comporta l’impossibilità per il garante di sollevare al creditore le eccezioni del rapporto principale, poiché diversamente interpretata la clausola, si avrebbe un’inutile endiadi. Da ciò deriva che la specificazione della clausola, per assumere un significato autonomo ed ulteriore rispetto all’obbligo di pagamento a prima richiesta, deve essere interpretata nel senso dell’impossibilità per il garante di avvalersi delle contestazioni legittimamente sollevabili dal solo debitore, anche successivamente all’adempimento.

Invero la sentenza precisa ancora che “la previsione del citato contratto di garanzia, a mente del quale: “nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione si intende fin d’ora estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate”, svincola l’obbligo del garante rispetto alla validità dell’obbligazione garantita, con ciò manifestando chiaramente la volontà delle parti di non attribuire una valenza accessoria alla garanzia prestata.

L’ordinanza della Cassazione civile 3.3.2023, n. 6385, è importante perché si discosta dalla giurisprudenza anteriore, laddove si afferma che “la nullità delle clausole di reviviscenza o sopravvivenza della garanzia, predisposte unilateralmente e applicate in modo uniforme nei contratti bancari, anche se intesa quale nullità di protezione per il garante, è rilevabile d’ufficio”. Il giudice di Piazza Cavour rileva inoltre che “il provvedimento amministrativo, con cui la Banca d’Italia ha dichiarato la nullità delle clausole di reviviscenza o sopravvivenza della garanzia predisposte unilateralmente e applicate in modo uniforme nei contratti bancari, può valere quale prova della nullità nel giudizio civile, anche se il contratto è stato stipulato anteriormente al provvedimento della Banca d’Italia (Cass. 29810/2017). Questa precisazione risolverebbe tutte le questioni prima esaminate.

Sull’argomento la Cassazione precisa anche che “il potere di rilievo officioso della nullità del contratto spetta anche al giudice investito del gravame relativo ad una controversia sul riconoscimento di pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione – e che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tali validità ed efficacia – trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c.. (Cass. sez. Un. 7294/2017; Cass. 19251/2018)”.

Le indicazioni sopra riportate permetterebbero di superare varie questioni dibattute nei giudizi di merito, come ad esempio la già esaminata la sentenza del Tribunale di Vicenza 23.2.2023 che ha affermato un principio che sembra non in linea con l’indicazione della Cassazione sebbene la fattispecie era caratterizzata dalla circostanza che per una fideiussione rilasciata nel 2010 il provvedimento della Banca di Italia non può costituire prova dell’intesa anticoncorrenziale perché riguarda il periodo 2002/2005.

Il Tribunale di Napoli 9.2.2023 ha assunto una posizione positiva e da condividere quando ha affermato che “la pronuncia della Autorità garante costituisce una prova privilegiata dell’esistenza di una intesa anticoncorrenziale. Il rapporto di “derivazione” tra l’intesa anticoncorrenziale e il contratto per cui è causa trova riscontro probatorio non solo nella conformità del testo, ma anche nella contiguità temporale tra le condotte anticoncorrenziali accertate dall’ABI e le fideiussioni rilasciate nel 2006, non essendo per converso stata fornita alcuna prova contraria da parte della Banca opposta rispetto alla cennata prova privilegiata.

Infine, Appello Napoli 8.2.2023, ha affermato che “la fideiussione omnibus è differente dal contratto autonomo di garanzia. La causa della fideiussione non può di certo identificarsi nella funzione cauzionale o indennitaria che è caratteristica della garanzia autonoma. La fideiussione, infatti, ha funzione “satisfattoria”, nel senso che è diretta a garantire proprio l’adempimento dell’obbligazione del debitore principale, sia pure entro un tetto massimo garantito.

La prestazione del fideiussore omnibus è omogenea qualitativamente a quella del debitore principale, impegnandosi il garante ad eseguire la medesima prestazione, pecuniaria, del debitore garantito.

In base al principio della solidarietà, tipico della fideiussione, il creditore ha la possibilità di chiedere l’adempimento sia al debitore principale che al fideiussore, a partire dal momento in cui il credito è esigibile; la garanzia autonoma, invece, assiste normalmente prestazioni infungibili e può essere azionata solo all’esito dell’inadempimento del debitore principale, garantendo al beneficiario una sorta di risarcimento sotto forma di indennizzo o penale, per un importo che risulta, a priori, al momento della sottoscrizione della garanzia, già predeterminato.

Secondo il giudice partenopeo “Ulteriori elementi che militano nel senso di collocare la fideiussione omnibus fuori dall’ambito della garanzia autonoma, sono rappresentati: a) dal fatto che la fideiussione è normalmente ricevuta da una Banca (c.d. fideiussione attiva), mentre quella autonoma vede la stessa Banca nel ruolo di garante (c.d. fideiussione passiva); b) la fideiussione omnibus concerne obbligazioni future, mentre la garanzia autonoma accede ad obbligazioni contestuali all’assunzione della garanzia; c) la garanzia autonoma, nei rapporti garante-debitore principale, ha un carattere necessariamente oneroso, a differenza del carattere normalmente gratuito della fideiussione omnibus.

La clausola di deroga all’art. 1957 c.c. non comporta automaticamente la trasformazione in una garanzia di tipo autonomo: la deroga all’art. 1957 c.c. contenuta nell’atto di fideiussione non avrebbe rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come contratto autonomo di garanzia o come fideiussione, in quanto detta disposizione risponde a un’esigenza di protezione del fideiussore che prescinde dall’esistenza di un vincolo di accessorietà tra l’obbligazione di garanzia e quella del debitore principale.

Tribunale Alessandria, 3.10.2023, n.805 interviene sulla clausola di pagamento ‘a prima richiesta’, affermando che “la presenza, nel contratto, di una clausola ‘a prima richiesta’ o ‘a semplice richiesta scritta’ comporta solitamente l’impegno del garante a pagare non appena il creditore gliene fa richiesta, con la facoltà poi di ripetere dal garantito quanto versato: tale pattuizione, però, non identifica automaticamente il contratto come garantievertrag, posto che successivamente al pagamento il garante può far valere le eccezioni relative al rapporto principale. Pertanto, una siffatta clausola al massimo può qualificare il rapporto come fideiussione con clausola “solve et repete”, ove il fideiussore può sempre, anche se solo dopo aver pagato, opporre al creditore le eccezioni attinenti all’esistenza e alla validità del credito.

Le pronunzia del Tribunale sintetizza la fattispecie e afferma che il garante è sì tenuto al pagamento richiesto, ma successivamente può contestare il credito richiesto. Si afferma che la validità della pretesa può essere sempre messa in discussione. Il principio non limita il diritto del garante ad agire solo in danno del debitore principale!

 

6.   Le pronunzie più recenti e su fattispecie particolari

6.1.   Sulla rilevanza del dolo in tema di contratto di fideiussione.

Cassazione 3.11.2023 n. 30505 interviene in una fattispecie davvero delicata ed affermando: “In tema di dolo quale causa di annullamento del contratto, sia commissivo che omissivo, gli artifici o i raggiri, la reticenza o il silenzio devono essere valutati in relazione alle particolari circostanze di fatto ed alle qualità e condizioni soggettive dell’altra parte, onde stabilire se erano idonei a sorprendere una persona di normale diligenza, giacché l’affidamento non può ricevere tutela giuridica se fondato sulla negligenza. Questo principio è chiaro e da condividere, ma la successiva precisazione massimata fa nascere seri dubbi: “nella specie, la S.C. ha negato costituisse un’ipotesi di dolo il mero silenzio dei funzionari della banca circa le condizioni di una fideiussione in quanto non accompagnato da condotte ingannatorie e comunque connesso all’erroneo affidamento ingeneratosi nel cliente in ragione della mancata lettura del testo contrattuale)”.

Dalla motivazione si ricava la fattispecie: un soggetto, vale precisare la moglie del debitore affidato, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza che aveva respinto la sua opposizione al decreto ingiuntivo con cui le era stato intimato di pagare a favore di una banca un importo rilevante.

la responsabilità della ricorrente era invocata sul fondamento che le obbligazioni della società erano state garantite da fideiussione del socio, il coniuge, che la ricorrente, quindi, si era resa garante delle obbligazioni assunte dal fideiussore con fideiussione omnibus.

Il giudice di appello aveva disatteso il gravame osservando che non sussisteva il vizio del consenso posto a fondamento dell’eccezione di invalidità della fideiussione, difettando la prova della circostanza, allegata dall’appellante, che quest’ultima sarebbe stata indotta al rilascio della garanzia dal dolo o dalla malafede dei funzionari della banca.

Due circostanze non del tutto esplicitate: se la fideiussione omnibus riportava l’importo determinato della garanzia e se sia stata discussa la qualifica da dare al fideiussore, consumatore o imprenditore. La pronunzia si basa sulla insussistente la violazione della buona fede da parte della banca beneficiaria, avuto anche riguardo al rapporto di coniugio che legava la ricorrente con il garante originale.

In questo contesto la Cassazione affermava che rilevava la tardività delle eccezione di nullità della fideiussione per violazione della L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 2;

La Corte Suprema è giunta alla sua decisione ricercandole debolezze del ricorso proposto sottolineando che la fideiussione, secondo la ricorrente, sarebbe stata sottoscritta senza la previa lettura del relativo documento e facendo affidamento esclusivo sulle rassicurazioni e spiegazioni del funzionario della banca. Invero questo elemento poteva di per sé portare al rigetto del ricorso benché potrebbe risultare riduttivo perché spesso si sottoscrive un impegno senza esaminare con la dovuta attenzione le tante clausole, scritte spesso con caratteri ridotti senza riuscire a comprendere l’onerosità e riponendo fiducia sull’operatore professionale, specie se questi non è l’imprenditore ma un funzionario della banca.

La ricorrente dolendosi del comportamento doloso della banca, eccepiva un vizio del consenso, chiedendo l’ammissione di una prova ritenuta dal giudice del merito priva di rilevanza;

Un dato di rilievo poteva evidenziare la fideiubente e, precisamente, che nelle periodiche comunicazioni inviate dalla banca alla Centrale rischi la posizione di essa era stata segnalata con riferimento esclusivo all’importo di euro 900.000,00 relativo ad un prestito richiesto per l’acquisto di un immobile (e segnatamente la casa di abitazione).

Il motivo è stato ritenuto infondato perché veniva data rilevanza alla sottoscrizione dell’impegno per cui il dolo o mala fede dei funzionari doveva essere ben dimostrato. Il cardine è la circostanza che la fideiussione era stata rilasciata senza che la ricorrente la leggesse!

Va ricordato che ai fini dell’annullamento del contratto per dolo, occorre la presenza di artifizi, raggiri o anche semplici menzogne che abbiano avuto un’efficienza causale sulla determinazione volitiva della controparte e, dunque, sul consenso di quest’ultima (cfr. Cass. 23.6.2022, n. 20231; Cass. 23.6.2015, n. 12892; Cass. 23.6.2009, n. 14628);

Il passaggio successivo si potrebbe accettare, ma con in via assoluta: secondo i giudici supremi “le eccezioni devono essere valutate in relazione alle particolari circostanze di fatto ed alle qualità e condizioni soggettive dell’altra parte, onde stabilire se erano idonei a sorprendere una persona di normale diligenza, giacché l’affidamento non può ricevere tutela giuridica se fondato sulla negligenza (così, Cass. 20 gennaio 2017, n. 1585; Cass. 27 ottobre 2004, n. 20792); ed ancora che la reticenza, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione della realtà alla quale sia pervenuto l’altro contraente, non costituiscono di per sé causa invalidante del contratto (cfr. Cass. 11 aprile 2022, n. 11605;Cass. 8 maggio 2018, n. 11009)”.[12]

La Cassazione aderisce alla decisione della Corte di appello che risulta coerente con i richiamati principi, escludendo il dolo contrattuale per mancata prova di una condotta idonea a indurre in errore una persona di normale diligenza, con accertamento di merito non utilmente aggredito in questa sede.

Si ritorna alla affermazione di fondo: la ricorrente ha ammesso di aver sottoscritto il documento senza prima provvedere alla sua lettura, e che quindi veniva in rilievo un erroneo affidamento della contraente fondato sulla sua negligenza.

L’ordinanza in commento ritiene inammissibile il secondo motivo con il quale si osservava la veste di consumatore della garante, avuto riguardo al suo stato di casalinga. La pronunzia non sembra convincente perché risolve la questione perché: “pecca della necessaria specificità”; invero la questione sembra dalla lettura della pronunzia ben comprensibile e di facile risoluzione: La garante era una casalinga e se così fosse meritava la tutela prevista per il consumatore!

Anche il terzo motivo veniva dichiarato inammissibile e questo riguardava la eccepita la violazione della normativa antitrust.

La Corte richiama il consolidato orientamento che trattandosi di nullità rilevabile d’ufficio non operano i termini che regolano l’attività assertiva.  Afferma la Corte, “tuttavia, il potere di rilevazione della nullità negoziale esige che la stessa emerga ex actis non potendo il giudice procedere di sua iniziativa ad accertamenti di fatto al fine di stabilire se essa sussiste o meno (cfr. Cass. 13 giugno 2007, n. 13846).” Questo passaggio merita un approfondimento perché appare non convincente.

Ci sia permesso ritenere che vi erano molti elementi per giungere ad una diversa decisione perché spesso, forse di norma, il cliente si affida alla collaborazione non del banchiere, ma del bancario che ha il dovere di fornire al cliente ogni sua consulenza, richiesta ovvero ritenuta necessaria in tutte le ipotesi che si sottoscrivano documenti o si accettano condizioni non bene valutate.

6.2    Ancora sulla Garanzia Astratta e la deroga all’art. 1957 c.c.

La Corte appello Venezia con la pronunzia del 10.10.2023 afferma: la clausola con cui il garante si impegna a soddisfare il creditore ‘a semplice richiesta’ o entro un tempo predeterminato va interpretata come deroga pattizia alla forma con cui l’istanza entro il termine di cui all’art. 1957 c.c. deve essere presentata; tale clausola è stata ritenuta dalla Banca d’Italia perfettamente legittima perché strumentale al corretto funzionamento del sistema economico, rispetto al quale l’erogazione del credito è funzionale.

Invero il richiamo al provvedimento della Banca di Italia del 2005 in tema di violazione della legge antitrust è da valutare attentamente perché introduce un’argomentazione del tutto nuova per corroborare il principio già consolidato sulla legittima di una deroga alla disciplina dell’art. 1957 c.c.

La Corte, superata le questioni preliminari, affronta il merito e così si esprime: “la clausola che dispone il pagamento del fideiussore “a prima richiesta” della banca è stata ritenuta dalla Banca d’Italia – nello stesso provvedimento (n. 55/2005) che ha ritenuto illegittime per violazione della disciplina antitrust le disposizioni contenute negli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI 2003 – perfettamente legittima e strumentale al corretto funzionamento del sistema economico, rispetto al quale l’erogazione del credito è funzionale (cfr. provvedimento n. 55/2005, punti 80, 81, 82: “80. La previsione di talune clausole implicanti oneri aggiuntivi a carico del fideiussore risulta coerente con l’esigenza, presente nell’ordinamento giuridico, di garantire una particolare tutela alle specificità del credito bancario, in considerazione della rilevanza per lo sviluppo economico e sociale dell’attività di concessione di finanziamenti in via professionale e sistematica svolta

Sembra legittimo chiedersi se l’indicazione abbia un qualche valore giuridico o para giuridico, ovvero se una sorta espressione di politica dettata a favore del sistema bancario. Sembra legittimo domandarsi se le banche meritano un trattamento di favore, tenendo conto che viene denunziato l’aggravamento del monte sofferenze anche negli anni più recenti.

Ai primi anni 90 l’ABI precisava che il continuo aumento dell’ammontare dei crediti deteriorai era causato dalla crisi del sistema. Questa spiegazione non può essere nuovamente avanzata perché appare evidente che il tramonto di molte banche si è determinato da una deficitaria gestione del credito.

Si è dell’avviso che il richiamo al provvedimento della Banca di Italia si del tutto inconferente anche perché l’Autorità sulla concorrenza aveva evidenziato che la previsione di una clausola che riconosceva la legittimità di un impegno diretto del garante- se ripotata uniformemente nei contratti fideiussori- era in violazione della concorrenza!

Invero la Corte successivamente ha affermato che la clausola “a prima richiesta” è particolarmente importante ai fini di un’adeguata protezione delle esigenze connesse al credito bancario, poiché permette alla banca di recuperare immediatamente il proprio credito senza dover escutere in precedenza il debitore principale, né dimostrare il verificarsi di alcuna specifica condizione;

L’argomento portato a difesa dell’assunto è che la detta previsione “consente al fideiussore di far valere i suoi diritti in un momento successivo, al fine di ottenere la restituzione di quanto eventualmente versato indebitamente alla banca, che, in quanto soggetto certamente solvibile, assicura al garante una ragionevole certezza della restituzione.

Non è agevole condividere l’impostazione perché sembra non tener conto che il fideiussore è un obbligato senza debito!

La sintesi è che il garante ha la possibilità di far valere le eccezioni dopo aver eseguito il pagamento in danno del debitore principale, non aggredito perché decotto.

Dopo questo discorso, a nostro avviso non condividibile, si affronta la questione di fondo in relazione alla tutela del fideiussore prevista dall’art. 1957 c.c., comma 1, c.c. che “pone una regola la cui ratio va individuata nell’esigenza di impedire che il fideiussore, per l’inerzia del creditore, resti incerto in ordine agli effetti ed alla sorte della sua obbligazione, e possa essere pregiudicato per ciò che attiene al suo rapporto col debitore principale (Cass. n. 10574/2003).

Il pensiero della Corte di Appello è ben chiaro: l’ impegno a soddisfare il creditore “a semplice richiesta”, o entro un tempo predeterminato, può essere interpretata come deroga pattizia alla forma con cui l’onere di avanzare istanza entro il termine di cui all’art. 1957 c.c. deve   essere osservato (vale a dire con la proposizione di un’azione giudiziaria), “nel senso che l’osservanza dell’onere di cui alla citata disposizione può essere considerato soddisfatto dalla stessa richiesta di pagamento formulata dal creditore al fideiussore, prescindendo dalla proposizione di un’azione giudiziaria (così Cass. n. 7345/1995, in motivazione)”.

La Corte afferma che nel caso di specie si applichi “il meccanismo proprio del solve et repete, in quanto solo dopo l’avvenuto pagamento può eventualmente agire in ripetizione verso il creditore facendo valere tutti i diritti che competono al debitore nel rapporto principale, e per altro verso è reso immediatamente edotto dell’inadempimento del debitore.

Il principio che si intende dettare è che l’onere a carico della banca risulta soddisfatto con la stessa richiesta anche stragiudiziale rivolta al fideiussore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione.

Ad avviso della Corte se “la finalità specifica della disciplina dell’art. 1957 c.c. è quella di limitare il periodo di incertezza del fideiussore al termine decadenziale di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, ne discende, per logica conseguenza, che la revoca degli affidamenti e l’intimazione di pagamento effettuata (anche) ai fideiussori in data 10.7.2017, hanno raggiunto tale finalità, rendendo edotti i fideiussori che l’obbligazione garantita era scaduta e il debitore principale era inadempiente.

Di seguito, la Corte affronta la questione relativa all’ammontare del credito della banca e la rilevanza di un riconoscimento del debito che “non impedirebbe ai debitori di dimostrare l’invalidità del rapporto sottostante”.

Invero i giudici veneziani affermano che “il piano di rientro concordato tra la banca e il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del debito, non ne determina l’estinzione, né lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicché resta valida ed efficace la successiva contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti non potendo ritenersi realizzato l’effetto preclusivo di ogni successiva contestazione, di conseguenza i garanti opponenti “risultavano (e risultano) comunque facoltizzati a contestare le invalidità del rapporto bancario garantito.

Va evidenziato che la Corte, dopo un lungo esame dei fatti di causa, giunge a rideterminare l’effettivo debito dei garanti.

6.3    La natura vessatoria dell’art. 1957 c.c.

Tribunale Roma 2.10.2023, n.13864 afferma che la clausola ex art. 1957 c.c. non deve essere approvata per iscritto. Precisa il Tribunale che l’art. 1957 c.c. prevede, al comma 1, che il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore abbia proposto le sue istanze contro il debitore principale e le abbia diligentemente coltivate.

La decadenza del creditore dall’obbligazione fideiussoria per effetto della mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore non rientra tra le clausole particolarmente onerose per le quali l’art. 1341 c.c. esige, nel caso che siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente.

L’orientamento andrebbe approfondito anche alla luce di una prassi

consolidata che prevede l’approvazione specifica, a tale proposito la Cass. 28.9.2023, n.27558, afferma che è vessatoria la clausola del contratto di fideiussione che dispendi il creditore dal rispetto del termine per far valere le proprie ragioni contro il debitore. La pronunzia della suprema corte parte da una affermazione condivisibile e precisamente che clausola derogatoria in senso favorevole al creditore è vessatorietà ex art. 1469-bis c.c.

6.4    Fideiussione e Fondo Patrimoniale

La Cassazione con sentenza 28.9.2023, n.27562 interviene su una questione ricorrente e precisamente se la fideiussione stipulata a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni di società commerciale alla quale i coniugi siano soci, possa godere della tutela consumistica

Invero il contenzioso era più ampio perché i garanti sostenevano che la fideiussione stipulata a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni di società commerciale alla quale i coniugi erano interessati, in quanto soci, debba ritenersi finalizzata a soddisfare i bisogni della famiglia. La Cassazione

afferma al contrario che si abbia solo una ricaduta economica che si ripercuote, positivamente o negativamente, sul tenore di vita familiare I ricorrenti intendevano salvare i beni che erano stati costituiti in fondo patrimoniale, ma la loro pretesa è stata respinta.

6.5    Trasformazione societaria e aumento del rischio del fideiussore

La Cassazione 22.9.2023, n.27173 afferma un principio certamente da condividere. Sebbene la trasformazione societaria non comporti la creazione di un nuovo soggetto determina, comunque, un aumento del rischio del fideiussore sotto il profilo economico e giuridico perché la società a responsabilità limitata risulta meno solvibile della società in nome collettivo. Quindi, sorge in capo al creditore l’obbligo (art. 1956 c.c.) – nel rispetto del principio di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto – di acquisire sempre l’autorizzazione del fideiussore per continuare a far credito al debitore principale. Nel caso di specie, tale autorizzazione non è stata chiesta dalla banca, con conseguente liberazione del fideiussore.

A norma dell’art. 2697 c.c., il fideiussore deve dimostrare che, dopo aver prestato la fideiussione per obbligazioni future, il creditore-senza alcuna autorizzazione – abbia fatto credito al terzo nella consapevolezza dell’intervenuto peggioramento delle sue condizioni economiche in modo tale da pregiudicare notevolmente il soddisfacimento del credito.

6.6    Liberazione del Fideiussore ai sensi dell’art. 1956 c.c.

Infine, va ripresa l’ordinanza della Cassazione civile sez. III, 17.7.2023, n.20713 che afferma che la banca che pur conoscendone le difficoltà economiche concede finanziamenti al debitore deve informare il fideiussore dell’aumentato rischio. Si richiama la violazione del principio della buona fede affermando che “[l]a banca che confidando nella solvibilità del fideiussore, senza informare quest’ultimo dell’aumentato rischio e senza chiederne la preventiva autorizzazione, incorre in violazione degli obblighi generici e specifici di correttezza e di buona fede contrattuale.

La Corte però evidenzia che “la mancata richiesta di autorizzazione non può tuttavia configurare una violazione contrattuale liberatoria se la conoscenza delle difficoltà economiche in cui versa il debitore principale è comune o può presumersi tale.

Infatti la controversia viene risolta in fato osservando che va escluso l’effetto liberatorio ex art. 1956 c.c. in ragione del fatto che, dei tre fideiussori ricorrenti – tutti legati da rapporti di parentela -, uno era socio della società garantita e un altro ne era stato, in precedenza, amministratore.

Con Ordinanza n. 5017 del 17.2.2023, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla liberazione del fideiussore ex art. 1956 cod. civ e sui relativi obblighi informativi della banca in caso di peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore principale.

In funzione dell’applicazione dell’art. 1956 cod. civ., se nell’ambito di un rapporto di apertura di credito in conto corrente si manifesta un significativo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore rispetto a quelle conosciute al momento dell’apertura del rapporto non conseguente all’erogazione di ulteriore credito, tali da mettere a repentaglio la solvibilità del debitore medesimo, “la banca creditrice, nel momento in cui viene a conoscenza di tale significativo peggioramento determinato dall’assunzione da parte del debitore principale di debiti di pregressi debiti di terzi verso la banca medesima” è tenuta, a tutela dell’interesse del fideiussore per obbligazioni future, inconsapevole di tale peggioramento, in conformità ai doveri di correttezza e buona fede e in attuazione del dovere di salvaguardia dell’altro contraente, “a porre immediatamente termine al rapporto bancario impedendo ulteriori atti di utilizzazione del credito che aggraverebbero l’esposizione debitoria, ovvero ad avvisare il fideiussore di tale significativo peggioramento, pena la perdita di efficacia della garanzia: tale dovere sorge solo nel momento in cui la banca abbia consapevolezza di tale significativo peggioramento”.

Invero è da evidenziare che la Cassazione pone in rilievo che “la banca creditrice, se non vuole perdere la garanzia prestata dal fideiussore, non ha sua disposizione solo l’esercizio del potere di autotutela (chiusura immediata del conto corrente bancario, ben potendo, sempre in adempimento del dovere di buona fede e di correttezza di cui è titolare nel corso dell’esecuzione del rapporto di fideiussione relativa ad apertura di credito in conto corrente, informare il fideiussore (inconsapevole) del significativo peggioramento delle condizioni patrimoniali del debitore principale, onde provocare una, possibile, espressa autorizzazione dello stesso fideiussore al mantenimento della garanzia”.

La pronunzia è interessante perché pone l’alternativa alla banca: chiudere il rapporto creditizio ovvero informare il garante del peggioramento delle condizioni dell’affidato. Sembra che l’approccio sia innovativo in materia!

 

7.  CONCLUSIONI

L’esame della produzione giurisprudenziale del 2023 permette di poter ritenere che vi sono nuove tendenze nell’ambito delle regole che disciplinano la fideiussione bancaria.

Va sottolineato che il vero problema è quello dell’onere della prova. Tre riflessioni sul punto:

  • è la soluzione più liquida quella di affermare la carenza dell’onere probatorio, sebbene questa è la vera sconfitta di un soggetto che meritava tutela;
  • l’attore che non ha valida documentazione per sostenere le sue tesi non dovrebbe adire l’Autorità Giudiziaria, come il suo legale dovrebbe far rilevare;
  • non vi sono dubbi che la materia bancaria è di difficile approccio sia perché è attraversata da una legislazione non sempre coerente sia perché vi un dato di fondo da tener presente e precisamente che la controparte del fideiussore, che si ritiene danneggiato, è un soggetto “forte”, ben assistito e che può giovarsi di ogni carenza difensionale dell’attore.

Invero la riforma Cartabbia dovrebbe portare ad una sollecita definizione della lite perché il Giudice che dirige il processo potrebbe già nella prima fase segnalare all’attore il deficitario quadro probatorio ed eventuali preclusioni.

Il secondo aspetto da rilevare è quello che si è fortificata la tendenza di affermare o ribadire un principio consolidato, ma non escludendo a priori un eventuale altra soluzione, si badi bene, sempre da provare.

Questa impostazione emerge nell’esame della fideiussione astratta, quando si afferma la sua esistenza deve emergere da una valutazione complessiva del contratto di garanzia. Non si precisa, però, come l’attore possa giovarsi di tale apertura e quale eccezione o indicazione possa o debba avanzare.

Infine, a nostro avviso, sembra che i Giudici del merito spesso tralascino un aspetto rilavante della fattispecie: il fideiussore è per definizione un contraente debole, responsabile senza debito e che lo stesso non è parte del rapporto creditizio tra banca e cliente. In questo contesto non è facile accogliere la tesi sulla validità delle deroghe alla disciplina dell’art. 1957 c.c. e si giunge ad affermare che potrebbero risultare più favorevole al garante ed al debitore principale.

Si ha conferma che la deroga all’art. 1957 c.c., reviviscenza della garanzia ed altro ancora sono clausole vessatorie che non possono applicarsi nei confronti del consumatore.

Invero la tutela del consumatore sembra ben presente nelle pronunzie giurisprudenziali, ma che al contrario si tralascia la posizione del fideiussore che manifesta fiducia nel suo interlocutore, il funzionario di banca, tanto da sottoscrivere, senza esaminarlo compiutamente, il contratto di fideiussione.

Forse vi è di più! La banca ha (avrebbe) l’obbligo di chiarire al garante gli impegni che va ad assumere con la sottoscrizione del modello (contratto) che viene proposto al di fuori degli obblighi di trattativa previsti nei rapporti con il consumatore.

Un tribunale alcuni anni orsono ebbe a esaminare la domanda di una persona anziana che aveva rilasciato una fideiussione per garantire l’esposizione del figlio affidato. La sua domanda di liberazione venne rigettata osservando che la sua scarsa capacità patrimoniale non era motivo per ritenere invalida la garanzia. Questa pronunzia ci sembrò davvero inaccettabile, perché andava provato che il rilascio della fideiussione era nato da una trattativa e che la “vecchietta” aveva ben compreso l’obbligo che andava ad assumere!

Va precisato che varie pronunzie sembrano aprire brecce a favore del fideiussore, non informato e non legato da rapporti organici con il debitore, essendo rimasto un relitto storica la tesi del fideiussore imprenditore di ribalzo per avere garantito una esposizione della banca verso soggetto che rivestiva tale qualifica.

L’affermazione esposta in permessa resta valida sul consolidamento di vari principi nel 2023, ma si deve tener presente che alcune fattispecie meritano più valide riflessioni per giungere ad una pronuncia attenta agli interessi dell’attore.

Le sezioni unite della Cassazione hanno di recente affermato che si deve giungere riequilibrio della «posizione strutturalmente minorata del consumatore» fino ipotizzare il potere-dovere di «esaminare d’ufficio il carattere abusivo della clausola contrattuale e di dare conto degli esiti di siffatto controllo».

Questo principio potrebbe estendersi al fideiussore che, di norma non è un professionista ed interviene a garantire, solo per spirito assistenziale, la posizione di un germano, un figlio o altro parente.

Ci sia concesso richiamare tutto quanto osservato sull’argomento nel già citato nostro libro su “la tutela del fideiussore” che riporta gli indirizzi giurisprudenziali a tutto l’autunno 2021.

 

Pronunce commentate:

Tribunale Lodi, Sent. 18.1.2023

Tribunale Napoli, Sent. 21.4.2023 n.4158

Tribunale Pescara, Sent. 6.3.2023

Tribunale Modena, Sent. 1.2.2023 n. 175

Cass., Sent. 30.8.2023, n. 25459

Tribunale Roma, Sez. spec. Impresa, Sent. 10.5.2023, n. 7396

Tribunale Bari, Sent. 8.5.2023, n. 1754

Appello Brescia, Sent. 26.4.2023, n. 710

Appello Firenze, Sent. 20.3.2023

Tribunale Nocera Inferiore, Sent. 14.4.2023, n. 793

Cass. Sez. Un. Sent. 27.2.2023, n. 5868

Tribunale Milano, Sent. 6.1.2023

Tribunale Spoleto, Sent. 27.5.2023, n. 405

Tribunale Milano, Sez. spec. Impresa Sent. 3.2.2023, n. 896

Tribunale Milano, Sent. 21.2.2023

Appello Milano, 24.2.2023, n. 641

Tribunale Milano, Sez. spec. Impresa, Sent. 14.2.2023, n. 1171

Tribunale Milano, Sez. spec. Impresa, Sent. 3.2.2023, n. 896

Tribunale Milano, Sent. 20.3.2023

Tribunale Napoli, Sent. 17.10.2023

Appello Venezia, Sent. 19.10.2023

Tribunale Firenze 4.10.2023

Cass. Ordinanza 28.9.2023 n. 27558.

Cass. Sent. 17.2.2023 n. 5017

Tribunale Napoli, Sent. 22.5.2023

Tribunale Chieti, Sent. 8.9.2023, n.474

Appello Brescia, Sent. 24.7.2023, n.1256

Appello Napoli, Sent. 2.8.2023, n.3647,

Appello Caltanissetta. Sent. 23.5.2023, n.179,

Tribunale Napoli, Sez. spec. Impresa, Sent. 22.5.2023, n.5264.

Tribunale Pavia Sent. 19.5.2023, n.645

Appello Napoli, Sent. 11.5.2023, n.2119

Tribunale Torino, Sent. 11.5.2023, n.2033

Appello Brescia, Sent. 26.4.2023, n.710,

Tribunale Civitavecchia, Sent. 7.8,2023, n.907,

Appello Firenze, Sent. 11.4.2023, n.725

Appello Brescia Sent. 3.10.2023, n.1484

Tribunale Bari, Sent. 6.9.2023, n.3405

Tribunale Alessandria, Sent. 3.10.2023, n.805

Cass. Sent. 31.3.2023, n.9071

Appello Milano, Sent. 3.2.2023, n.386

Tribunale Milano, Sez. spec. Impresa, Sent. 2.1.2023, n.17

Tribunale Civitavecchia, Sent. 7.8.2023, n.907

Appello di Napoli, Sent. 8.2.2023 n. 796

Appello Lecce, Sent. 26.10.2023 n.877

Tribunale Milano, Sent. 14.6.2023 n.4965

Tribunale Vicenza, Sent.  27.2.2023

Appello Milano, Sent. 24.1.2023

Tribunale Ferrara, Sent. 10.5.2023

Cass. Sent. 3.3.2023, n. 6385

Appello Napoli, Sent. 8.2.2023

Tribunale Alessandria, Sent. 3.10.2023, n.805

Cass. Sent. 3.11.2023 n. 30505

Appello Venezia, Sent. 10.10.2023

Tribunale Roma, Sent. 2.10.2023, n.13864

Cass., Sent. 28.9.2023, n.27558

Cass. 28.9.2023, n.27562

Cass. Sentenza 22.9.2023, n.27173

Cass. Ordinanza 17.7.2023, n.20713

 

Note:

[1] Basta ricordare il suo intervento sulle garanzie personali nel trattato di diritto privato diretto da Mario Bessone del 2007, apprezzato e richiamato da molti cultori della materia. Da evidenziare che le appendici (norme uniformi bancarie) riportate in calce sono state un ausilio per tutti i cultori della materia.

[2] La dottrina ha avuto cura di osservare che si è avuta “alluvione” di produzione normativa sull’obbligo della trasparenza per cui la materia è divenuta un cantiere in piena trasformazione. Di fatto gli interventi più recente sono tesi a ricercare l’equilibrio da dare alle posizioni delle parti (contraente debole e contraente forte) e degli interessi contrattuali. Sempre la dottrina mette in evidenza che persistono dopo 25 anni dalla promulgazione della disciplina sulla trasparenza bancaria zone di ombre che la giurisprudenza tenta a colmare. Inoltre, il mercato del credito sì completamente trasformato nel tempo, il che ha reso obsolete alcune disposizioni del TUB, specie per i contratti stipulati dal consumatore.

[3] L’art 10 L. 17 febbraio 1992, n. 154, recante norme per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari ha modificato l’art. 1938 (fideiussione per obbligazioni future o condizionali. “La fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione condizionale o futura con la previsione, in questo ultimo caso, dell’importo massimo garantito” ed all’art. 1956 del Codice civile è aggiunto il seguente comma: “Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione“.

[4] Relatore della sopra legge per la trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari.

[5] E. Sparano, A Pierri, La tutela del fideiussore, Giuffrè, 2021.

[6] Provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 “ABI – Condizioni generali di contratto per la Fideiussione a garanzia delle operazioni bancarie” in Bollettino dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato 17/2005.

[7] Ad esempio, provvedendo la liberazione trascorsi 36 mesi dalla chiusura dei rapporti (vedi testo Unicredit).

[8] Questo argomento è stato da noi già esposto al capitolo 10 dello studio sulla tutela del fideiussore (edito da Giuffré 2021) già richiamato.

[9] L. DE ROS Fideiussione omnibus, solve et repete, garanzia autonoma: brevi note alla Corte d’Appello di Napoli, 8 febbraio 2023, n. 796 Pubblicato il 23/07/23 17:30 Il Caso.it  https://blog.ilcaso.it/libreriaFile/16fc3-daros-23-07-2023.pdf

[10] Sommario: 1. Il fatto – 2. Il dibattito sulla qualificazione della fideiussione omnibus quale fideiussione «solve et repete» o garanzia autonoma – 3. Gli indici sintomatici dell’autonomia della garanzia – 4. Insufficienza della clausola di pagamento «a semplice richiesta scritta” – 5. Incompatibilità delle clausole ABI con la garanzia autonoma – 6. Conclusioni

Conclusioni. Dalla pronuncia in commento estraiamo il seguente principio di diritto: la fideiussione omnibus con clausola di pagamento «immediato» e «a prima richiesta scritta» non va qualificata quale garanzia autonoma ed è, pertanto, esente dall’applicazione del relativo regime giuridico. La presenza di tali espressioni, congiuntamente a quelle che riprendono nel contenuto gli artt. 2, 6 e 8 del modello di fideiussione omnibus predisposto dall’ABI, è insufficiente a ledere il nesso di accessorietà che lega la garanzia al rapporto sottostante alla sua emissione; al contrario, è necessario analizzare il contenuto della garanzia nel suo complesso per verificare se sia possibile riscontrare l’esistenza di ulteriori indici utili a guidare l’interprete nella qualificazione di tale fideiussione come garanzia autonoma. La scelta del Collegio di negare la qualificazione della garanzia esaminata quale autonoma, in ragione dell’assenza nel testo della medesima della clausola «senza eccezioni», non contrasta con quanto deciso dalle SS. UU. del 2010, che hanno ritenuto sufficiente la presenza – in via alternativa – della clausola «a prima richiesta» o «senza eccezioni» per qualificare la garanzia come autonoma, dato che il contesto esaminato dagli ermellini era ben differente da quello sottoposto all’analisi della Corte d’Appello di Napoli.

L’Autore richiama la decisione del Collegio di Coordinamento dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) del 29 dicembre2021, che ha escluso che la clausola di pagamento «a semplice richiesta scritta» abbia «rilievo decisivo per la qualificazione del contratto di garanzia», pur dovendosi considerare quale «elemento presuntivo dell’assenza di accessorietà» della medesima, ribadendo la necessità di analizzare la garanzia nel suo complesso.  L’Autore conclude nell’affermare che la Corte d’Appello di Napoli, con la sentenza n. 796/2023, si sia fatta portavoce di quello che, ad oggi, pare essere il prevalente orientamento sul tema.

[11] Dello stesso tenore la recente pronunzia della Corte d’Appello di Milano del 7.11.2023.

[12] Invero la pronunzia Cass. 11 aprile 2022, n. 11605 riguarda una fattispecie specifica nella quale la controparte aveva un interesse proprio a non evidenziare circostanze negative, mentre nel caso di causa era la mancata lettura dell’impegno: il contratto di fideiussione. La massima della decisione in parola recita come segue “Il dolo omissivo, pur potendo viziare la volontà, è causa di annullamento, ai sensi dell’art. 1439 c.c., solo quando l’inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l’inganno perseguito, determinando l’errore del “deceptus”. Pertanto, il semplice silenzio, anche in ordine a situazioni di interesse della controparte, e la reticenza, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione della realtà alla quale sia pervenuto l’altro contraente, non costituiscono di per sé causa invalidante del contratto.)

 

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