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1. La riforma e il nuovo procedimento

2. Il giudizio innanzi al Magistrato di Sorveglianza

3. L’opposizione

4. La mancata proposizione dell’opposizione e il ruolo del Tribunale di Sorveglianza

 

Breve disamina del procedimento di cui all’articolo 678, comma 1-ter del codice di procedura penale, introdotto con il recente intervento del legislatore in tema di misure alternative alla detenzione.

 

1. La riforma e il nuovo procedimento

Il decreto legislativo 2 ottobre 2018, n. 123 ha apportato una consistente modifica all’articolo 678 del codice di procedura penale, andando a prevedere, attraverso il nuovo comma 1-ter, un procedimento semplificato per la concessione delle misure alternative, da applicarsi con riferimento ai condannati liberi che devono espiare una pena non superiore ad un anno e sei mesi di reclusione.

Il suindicato intervento legislativo prende piede nell’ambito della più ampia riforma dell’ordinamento penitenziario – culminata, dopo un tormentato iter di approvazione, con la pubblicazione dei decreti attuativi sulla Gazzetta Ufficiale n. 250 del 26 ottobre 2018 – ed è diretto a mettere in pratica uno dei criteri direttivi individuati dalla legge delega 103/2017, ossia quello relativo alla semplificazione dei procedimenti della magistratura di sorveglianza.

La ratio dell’introduzione del comma 1-ter è dunque quella di snellire il regime di accesso alle forme di espiazione extra moenia della pena, con riferimento esclusivo, però, ai soggetti condannati a pene detentive brevi.

Il procedimento semplificato de quo si contraddistingue per una maggiore speditezza rispetto a quello ordinario di cui al primo comma dell’articolo 678 del codice di rito, configurandosi, diversamente da quest’ultimo, quale procedura a contraddittorio eventuale e differito.

Difatti, la nuova disciplina non prevede la partecipazione dell’interessato nella prima fase del giudizio, in cui la decisione viene assunta de plano dal Magistrato di Sorveglianza; dal che non può che derivare una notevole compressione del contraddittorio.

Anche per tale ragione, come si avrà modo di notare, la procedura in questione può essere portata a termine solo in caso di decisione favorevole all’interessato, il che attesta la divergenza della stessa rispetto al procedimento – anch’esso semplificato – di cui all’articolo 667, comma 4 del codice di procedura penale.

Allo stesso tempo, è stato predisposto un apposito mezzo di impugnazione, esperibile dalle parti avverso l’ordinanza emessa dall’organo monocratico, il cui esercizio comporta la devoluzione del giudizio al Tribunale di Sorveglianza.

Viene così garantito il “recupero” del pieno contraddittorio, posto che la fase innanzi all’organo collegiale va ad articolarsi secondo l’ordinario procedimento di sorveglianza.

La novella prevede, come già accennato, specifici presupposti applicativi per la procedura semplificata. L’operatività di quest’ultima è difatti subordinata alla sussistenza di una pena espianda non superiore ad un anno e sei mesi di reclusione.

Inoltre, il procedimento di nuovo conio riguarda esclusivamente coloro che nel gergo giudiziario vengono identificati come “liberi sospesi” – ossia quei condannati per i quali l’esecuzione della pena è stata sospesa ai sensi dell’articolo 656, comma 5 del codice di procedura penale –, ove questi abbiano provveduto, entro il termine di trenta giorni, a richiedere la concessione di una misura alternativa presentando l’apposita istanza al Pubblico Ministero, così come previsto dall’articolo 656, comma 6 del codice di procedura penale.  

Pertanto, con riferimento alle istanze avanzate da “liberi sospesi” che devono espiare una pena detentiva superiore ai diciotto mesi, nonché per quelle proposte da soggetti in vinculis, permane l’applicazione del procedimento di sorveglianza ordinario e, di conseguenza, l’immediata instaurazione del contraddittorio camerale innanzi al Tribunale di Sorveglianza.

 

2. Il giudizio innanzi al Magistrato di Sorveglianza

Come premesso, il nuovo procedimento è disciplinato dall’articolo 678, comma 1-ter del codice di procedura penale. A mente di tale disposizione, l’iter prende il via con l’iniziativa del Presidente del Tribunale di Sorveglianza, il quale “acquisiti i documenti e le necessarie informazioni, designa il magistrato relatore e fissa un termine entro il quale questi, con ordinanza adottata senza formalità, può applicare in via provvisoria una delle misure menzionate nell’articolo 656, comma 5”.

Dal tenore letterale della norma si evince, innanzitutto, come l’attività del Presidente del Tribunale di Sorveglianza non sia diretta esclusivamente alla designazione del magistrato relatore, bensì anche all’acquisizione delle informazioni e dei documenti necessari ai fini della decisione (attività istruttoria), cui si affianca una preliminare valutazione circa l’ammissibilità dell’istanza.

Con riferimento alla decisione assunta de plano dal Magistrato di Sorveglianza designato, occorre evidenziare come il legislatore abbia inteso predisporre tale possibilità al fine di agevolare, in via esclusiva, l’emissione del provvedimento di concessione della misura alternativa.

Nel caso in cui, dunque, il magistrato relatore ritenga di non poter applicare alcuna delle misure concedibili, egli dovrà limitarsi a rimettere gli atti al Presidente del Tribunale di Sorveglianza, il quale provvederà secondo il tradizionale procedimento ex articolo 678, comma 1 del codice di procedura penale, predisponendo il contraddittorio. Il rigetto dell’istanza è sempre subordinato, pertanto, ad una valutazione di tipo collegiale. 

La stessa conseguenza – ossia l’apertura del tradizionale procedimento camerale – si produce in caso di mancata emissione de plano dell’ordinanza nel termine assegnato al magistrato relatore.

 

3. L’opposizione

La disposizione in esame prevede altresì la comunicazione dell’ordinanza al P.M., nonché la notifica della stessa all’interessato e al difensore.

Le parti vengono così messe nelle condizioni di impugnare l’ordinanza provvisoria emessa dal Magistrato di Sorveglianza, il che avviene con la c.d. opposizione, proponibile entro il termine di dieci giorni.

Da segnalare inoltre che, per espressa previsione di legge, l’ordinanza di concessione non è immediatamente esecutiva, sicché il soggetto conserva lo status di “libero sospeso” fino allo scadere dei dieci giorni o, in caso di impugnazione, sino all’esito del giudizio innanzi all’organo collegiale.

Ora, mentre con riferimento al Pubblico Ministero appare evidente la sussistenza di un interesse ad impugnare – trattasi, come già evidenziato, di un’ordinanza necessariamente favorevole al reo –, occorre interrogarsi su quale interesse all’impugnazione possa avere, in tali casi, il soggetto istante.

Ebbene, posto che l’ordinanza in questione non può che disporre l’applicazione di una misura alternativa, occorre considerare sussistente detto interesse solo nell’ipotesi in cui il magistrato abbia ritenuto di concedere, in luogo del beneficio di più ampio respiro dell’affidamento in prova (o dell’affidamento in prova c.d. terapeutico), una misura alternativa meno favorevole al condannato (quale la detenzione domiciliare).

Come accennato, l’opposizione, se proposta nei termini, comporta il trasferimento del giudizio di fronte al Tribunale di Sorveglianza ed implica, dunque, l’instaurazione del pieno contraddittorio camerale, con la necessaria partecipazione delle parti tecniche in udienza.

 

4. La mancata proposizione dell’opposizione e il ruolo del Tribunale di Sorveglianza

Tanto chiarito, è opportuno soffermarsi su un altro possibile esito del procedimento in esame, ossia il caso in cui il termine dei dieci giorni sia decorso senza che una delle parti abbia proposto opposizione.

Anche in tale fase un ruolo primario è assunto dal Tribunale di Sorveglianza, il quale è chiamato ad esprimersi sull’ordinanza emessa dall’organo monocratico. Ai sensi della nuova norma, infatti, “il tribunale di sorveglianza, decorso il termine per l’opposizione, conferma senza formalità la decisione del magistrato.

Sul punto va messo in luce come il collegio possa senz’altro discostarsi dalla decisione assunta dal magistrato relatore, rilevando, contrariamente a quest’ultimo, l’insussistenza dei presupposti – anche in termini di affidabilità e meritevolezza dell’istante – per la concessione della misura alternativa.

È lo stesso legislatore, del resto, a disciplinare l’ipotesi di mancata conferma dell’ordinanza provvisoria, stabilendo che, in tal caso, il collegio procede alla trattazione dell’istanza ai sensi del primo comma dell’articolo 678 del codice di procedura penale, ossia secondo l’ordinario procedimento camerale.

Si noti, infine, come l’eventuale ordinanza di conferma – emessa senza formalità dal Tribunale di Sorveglianza – sia senz’altro suscettibile di ricorso per Cassazione in virtù delle regole generali del procedimento di esecuzione, cui viene fatto espresso rinvio dallo stesso articolo 678 del codice di procedura penale.

 

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