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Torna il concordato preventivo. A prevederlo è una norma contenuta all’interno della delega fiscale, dalla quale si desume la volontà di reintrodurre la misura a favore delle partite Iva e delle Pmi. Discorso diverso, invece, per le grandi imprese, per le quali è prevista l’introduzione della cooperative compliance.

In cosa consiste il concordato preventivo? In estrema sintesi l’Agenzia delle Entrate ed i contribuenti sottoscriveranno un accordo, grazie al quale i titolari di partita Iva potranno conoscere in anticipo le tasse che andranno a pagare nel corso dei due anni successivi. Le tasse da pagare, nell’arco dei ventiquattro mesi, saranno sempre le stesse, indipendentemente da quale possa essere il fatturato.

Il Consiglio dei Ministri esaminerà la bozza del decreto legislativo di attuazione delle delega fiscale nell’arco della giornata del 3 novembre 2023. Al suo interno, inoltre, sono contenute alcune norme sui controlli e sugli accertamenti. È previsto, inoltre, che l’Agenzia delle Entrate metta a disposizione dei contribuenti la proposta di adesione entro il mese di aprile 2024. Nel momento in cui il concordato preventivo andrà a regime la scadenza sarà il 15 marzo di ogni anno. Entro il mese di luglio 2024 i contribuenti avranno la possibilità di aderire all’iniziativa o meno.

Concordato preventivo: a cosa punta il governo

Il Governo Meloni, come più volte ha ribadito nel corso di questi mesi, ha sottolineato che il concordato preventivo è un rafforzamento dell’adempimento collaborativo. L’idea di base è quella di andare a riscrivere le regole che stanno alla base della lotta all’evasione fiscale, che in questo modo diventa preventiva, non solo repressiva. Viene, infatti, instaurato un dialogo con i contribuenti, soprattutto nelle fasi di accertamento.

L’Agenzia delle Entrate, infatti, dovrà sempre dialogare con i contribuenti in caso di accertamento. I cittadini, da parte loro, avranno la possibilità di avvantaggiarsi fiscalmente aderendo al dialogo fin da quando viene emesso il verbale, ma soprattutto avranno la possibilità di vedersi ridotte le sanzioni del 50%. Se, invece, i contribuenti non dovessero effettuare i pagamenti, l’Agenzia delle Entrate iscriverà il tutto a ruolo.

Cosa prevede la nuova norma

Il concordato preventivo, in estrema sintesi, prevede che il contribuente sappia quante tasse deve pagare in anticipo senza accertamenti fiscali. In altre parole l’AdE non effettuerà alcun controllo dopo che è stato sottoscritto l’accordo: questa, tra l’altro, è una delle caratteristiche del vecchio concordato preventivo datato 2003.

La nuova norma prevede un contraddittorio e un accordo tra il titolare della partita Iva e l’Agenzia delle Entrate, che verrà stipulato con delle modalità semplificate. La negoziazione porterà alla redazione di una proposta biennale formulata direttamente dagli uffici tributari, nella quale viene definito quale sia l’imponibile dell’azienda sul quale calcolare l’imposta sui redditi e l’Irap.

I meccanismi sui quali si basa il concordato preventivo sono la trasparenza e la fiducia verso il contribuente. Quest’ultimo dovrà rendere nota la propria posizione tributaria in anticipo, in modo da essere collaborativo con il fisco.

All’interno della bozza della legge delega è stata anche disciplinata la possibilità di un rinnovo del concordato preventivo alla scadenza del biennio. L’Agenzia delle Entrate avrà la possibilità di predisporre una nuova proposta biennale per i successivi due anni, alla quale il contribuente potrà aderire nuovamente. A questo punto il patto con il fisco potrà durare quattro anni.

Voto di affidabilità 8

Per poter accedere al concordato preventivo i contribuenti devono avere un voto di affidabilità superiore a 8. Per poter aderire, quindi, i titolari di partita Iva che sono sottoposti agli indici di affidabilità fiscale – stiamo parlando dei vecchi studi di settore – dovranno avere un punteggio particolarmente alto per poter aderire.

Per quanti, invece, hanno dei voti più bassi, per poter aderire dovranno integrare i dati comunicati per poter conseguire il miglior punteggio di affidabilità fiscale. Questo potrà avvenire attraverso l’indicazione di ulteriori componenti positivi, che non risultano dalle scritture contabili.

I contribuenti non devono, inoltre, avere dei debiti tributari. Nel caso in cui li dovessero avere – per importi pari o superiore a 5.000 euro – li devono aver estinti. In questa sede stiamo parlando principalmente dei tributi amministrati direttamente dall’Agenzia delle Entrate: nel conteggio ci finiscono eventuali interessi o sanzioni e le pendenze previdenziali definitivamente accertate con sentenza irrevocabile.

Concordato preventivo: gli esclusi

Non hanno la possibilità di accedere al concordato preventivo i contribuenti che rientrino in una delle seguenti casistiche:

  • mancata presentazione della dichiarazione dei redditi. L’omissione non deve essere avvenuta nel corso degli ultimi tre periodi d’imposta rispetto a quella nella quale viene applicato il concordato preventivo;
  • condanna per uno dei reati previsti dal decreto legislativo n. 74 del 10 marzo 200, dall’articolo 2621 del Codice Civile o dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 del Codice Penale. I reati non devono essere stati commessi nel corso degli ultimi cinque periodi d’imposta che precedono quello nel quale viene applicato il concordato preventivo.

L’Intelligenza artificiale contro l’evasione fiscale

Una delle novità introdotte nella lotta all’evasione fiscale è l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale. Il decreto legislativo che attua la delega fiscale prevede una revisione delle norme che ruotano intorno alle attività di analisi del rischio. Per riuscire a centrare questo obiettivo si utilizza l’intelligenza artificiale per riuscire a stanare gli evasori fiscali.

L’Agenzia delle Entrate utilizzerà una serie di informazioni, anche grazie all’interconnessione tra quelle in suo possesso e quelle presenti nei registri pubblici. I controlli verranno effettuati simultaneamente e saranno incrociati i dati provenienti da più Paesi, in modo da prevenire o colpire eventuali fenomeni di evasione fiscale.

È previsto, infatti, che l’amministrazione fiscale proceda con dei controlli incrociati con gli Stati che fanno parte dell’Unione europea. L’obiettivo è quello di scambiare delle informazioni in modo che i controlli siano più efficaci. Sono previste, inoltre, delle verifiche congiunte.

 

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