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L’antico brocardo “nulla executio sine titulo”, che pone il limite invalicabile all’azione dell’ufficiale giudiziario, è stato superato a piè pari dal nuovo art. 2929 bis del Codice Civile, introdotto dal D.L. 83 del 27 giugno 2015, convertito con la legge 132 del 6 agosto 2015, che così recita:

“Il creditore che sia pregiudicato da un atto del debitore, di costituzione di vincolo di indisponibilità o di alienazione, che ha per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, compiuto a titolo gratuito successivamente al sorgere del credito, può procedere, munito di titolo esecutivo, a esecuzione forzata, ancorché non abbia preventivamente ottenuto sentenza dichiarativa di inefficacia, se trascrive il pignoramento nel termine di un anno dalla data in cui l’atto è stato trascritto. La disposizione di cui al presente comma si applica anche al creditore anteriore che, entro un anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, interviene nell’esecuzione da altri promossa.

Quando il pregiudizio deriva da un atto di alienazione, il creditore promuove l’azione esecutiva nelle forme dell’espropriazione contro il terzo proprietario.

Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonché la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore.”

Notoriamente l’ufficiale giudiziario, per poter legittimamente porre in essere un’esecuzione forzata nei confronti del debitore o del terzo(proprietario), abbisogna di un titolo esecutivo e di un precetto(ove previsto dalla legge) regolarmente notificati e, nel caso dell’esecuzione ai sensi dell’art. 602 e ss. c.p.c., anche di una sentenza dichiarativa dell’inefficacia degli atti dispositivi posti in essere dal debitore.

L’introduzione del nuovo 2929 bis c.c. supera tale limite e, di conseguenza, al pubblico ufficiale potrà essere richiesto di agire contro il terzo proprietario pur in assenza di una pronuncia giudiziale che abbia accertato l’inefficacia di un atto dispositivo in suo favore[1].

Prima dell’introduzione di questo nuovo articolo del codice, l’unico strumento a tutela dei creditori, lesi da atti posti in essere dai debitori al fine di sottrarre i loro beni da un’eventuale esecuzione forzata ed inficiare, quindi, gli elementi di garanzia patrimoniale, era l’azione revocatoria[2]. 

Questa, pur non avendo effetti reali di caducazione erga omnes dell’atto patrimoniale dispositivo, ha come risultato quello di accertare l’inefficia[relativa][3] dell’atto. Non c’erano, di conseguenza, problemi di sorta circa l’esecuzione forzata contro il terzo proprietario ai sensi dell’art. 602 e ss. c.p.c.

Il 2929 bis c.c. introduce una sorta di “revocatoria per legge” e le criticità che si pongono(lasciate irrisolte dal legislatore del 2015), attengono  diversi e molteplici aspetti dell’azione esecutiva richiesta all’ufficiale giudiziario, il quale si trova a dover porre in essere un’espropriazione nei confronti di un perfetto estraneo al titolo esecutivo emesso contro il debitore.

Ma analizziamo la questione.

Perché il creditore possa agire esecutivamente, anche in assenza di un provvedimento giudiziario di inefficacia dell’atto compiuto in suo pregiudizio, occorre la concomitante presenza dei seguenti presupposti:

a) che l’atto posto in essere dal debitore:

  1. sia cronologicamente posteriore al sorgere del credito per il quale si intende agire esecutivamente;
  2. sia pregiudizievole delle ragioni del creditore;
  3. sia a titolo gratuito;
  4. abbia per oggetto beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri; 
  5. determini la costituzione di un vincolo di indisponibilità su detti beni (es.: le convenzioni matrimoniali di costituzione fondo patrimoniale, gli atti di destinazione ex art. 2645 ter c.c., gli atti istitutivi di trust, le deliberazioni costitutive di patrimoni destinati ad uno specifico affare ex art. 2447 ter c.c. etc.) oppure l’alienazione dei medesimi (es.: le donazioni, i trasferimenti immobiliari in sede di separazione o divorzio, le concessioni di ipoteca volontaria etc.).

b) che il creditore:

  1. sia munito di titolo esecutivo (ex art. 474 n. 1, 2 e 3 c.p.c.);
  2. abbia trascritto il pignoramento nel termine di 1 anno dalla data di trascrizione dell’atto compiuto dal debitore ovvero, entro 1 anno dalla trascrizione dell’atto pregiudizievole, intervenga nell’esecuzione da altri promossa.

La prima, e forse principale, critica che si potrebbe sollevare nella questione che ci occupa è: a chi spetta la valutazione dell’esistenza di tali presupposti posto che non vi è l’intervento di un giudice?

Poiché il creditore richiede un’azione esecutiva, si potrebbe ipotizzare una competenza dell’ufficiale giudiziario sulla scorta della documentazione fornita dal creditore.

La ratio risiederebbe nella circostanza che, in assenza del titolo(c.d. revocatoria), il pubblico ufficiale debba valutare se le condizioni giustificanti un’azione ex 2929 bis c.c. sussistano o meno.

Si è difronte, in buona sostanza, ad un aspetto del tutto innovativo delle richieste a cui l’ufficiale giudiziario deve dare corso in cui non vi è solo da valutare se titolo e precetto siano formalmente corretti e siano stati regolarmente notificati[4], ma gli si richiede una valutazione soggettiva della documentazione prodotta da parte creditrice, la quale, ricordiamo, non ha subito il vaglio preventivo di un giudice.

Di contro, potrebbe obiettarsi una incompetenza del soggetto deputato all’esecuzione forzata ad una tale valutazione perché ciò non rientrerebbe nei suoi doveri d’ufficio, essendo parte creditrice ad assumersi la responsabilità di agire in executivis contro il terzo proprietario ai sensi dell’articolo in esame.

Altra questione, di non trascurabile importanza, è rappresentata dalla condizione necessaria per poter procedere ad esecuzione forzata e cioè che il credito sia certo, liquido ed esigibile come imposto dall’art. 477 c.p.c..[5]. 

Dalla formulazione della norma, invece, parrebbe possibile poter procedere ad esecuzione forzata(quindi alla trascrizione del pignoramento) anche se il credito non è esigibile(es. credito sottoposto a condizione o perché pende ancora il termine per l’adempimento).

Altro aspetto critico è rappresentato dal fatto che il procuratore del creditore deve essere  munito di regolare mandato a richiedere l’esecuzione. Insegna la giurisprudenza(Cassazione civile sez. III 20/04/2012 Numero 6282), che la procura alle liti conferita all’avvocato per l’esercizio dell’azione  può legittimare il difensore (se conferita «per ogni fase del giudizio ») ad agire in executivis nei confronti dei soli soggetti che hanno partecipato al giudizio intrapreso dal creditore. Se, invece, l’esecuzione deve essere promossa nei confronti del terzo, che, nelle more, abbia sub-acquistato il bene e che non abbia partecipato a detto giudizio, sarà necessaria una nuova procura al difensore.

Ed ancora, potrebbe verificarsi anche il caso di due alienazioni consecutive del medesimo immobile, per cui l’azione proposta con riferimento alla prima alienazione è inopponibile al secondo acquirente, quand’anche in mala fede, se questi abbia trascritto l’atto. In tal caso il creditore, ove assuma che anche la seconda vendita sia stata eseguita in frode del suo diritto, dovrebbe promuovere una nuova azione nei confronti del secondo acquirente, oppure proporre tale azione in via riconvenzionale, nell’eventuale giudizio di opposizione all’esecuzione proposto dal sub-acquirente.

Come è agevole notare, il legislatore non si è minimamente preoccupato di risolvere i molteplici aspetti critici della norma, lasciando alla libera valutazione degli operatori, la soluzione a tale dilemma.

IL RUOLO DELL’UFFICIALE GIUDIZIARIO – DOVERI E RESPONSABILITA’

E quindi?

Innanzitutto si ribadisce che la procedura applicabile è quella che si rinviene negli art. 602 e ss. c.p.c.

Il titolo ed il precetto devono essere notificati al debitore ed al terzo proprietario in ossequio a quanto prevede l’art. 603 del codice di rito perchè il processo esecutivo prosegue nei confronti di quest’ultimo, il quale diviene l’unico soggetto passivamente legittimato all’espropriazione.

A strettissimo parere dell’autore, poiché non esiste una revocatoria dell’atto dispositivo, bisognerebbe quantomeno farsi dichiarare:

  1. l’insorgenza del credito in data anteriore all’atto dispositivo; 
  2. la condizione che non sia trascorso l’anno[6].

Inoltre si dovrebbe invitare il creditore a presentare apposita istanza scritta(a differenza delle istanza genericamente rivolte al p.u. le quali possono essere anche verbali), di procedere all’esecuzione ai sensi dell’art. 2929 bis c.c. Ciò anche se questi, stando al tenore letterale della norma, non è tenuto a dimostrare la sussistenza dei motivi legittimanti l’azione.

L’ufficiale giudiziario, quindi, deve procedere all’esecuzione in quanto, sempre stando al tenore letterale della norma, egli è tenuto ad ottemperare.

Siamo in presenza, in buona sostanza, di una situazione in cui il pubblico ufficiale agisce in assenza di una pronuncia giudiziale (c.d revocatoria) emessa per accertare l’inefficacia di un atto dispositivo del debitore volto a depauperare la sua capacità patrimoniale ed agire, conseguentemente, contro il terzo beneficiario della disposizione.

Quanto alla competenza per territorio, vale anche in questo caso la regola che vede il terzo proprietario legittimato passivo. Quindi si ha riguardo al luogo dove sono ubicati i beni del terzo proprietario.

In conclusione, appare evidente che l’atto di pignoramento deve avere una sua specifica formulazione secondo il seguente schema:

  1. gli avvertimenti classici dell’esecuzione contro il terzo proprietario;
  2. deve essere specificato che l’immobile o il bene mobile registrato è oggetto di alienazione a titolo gratuito e la data di registrazione dell’atto;
  3. deve essere specificato che esistono i presupposti previsti dall’art. 2929 bis c.c.;
  4. la specificazione che il titolo ed il precetto sono stati notificati anche al terzo proprietario.

A questo punto l’ufficiale giudiziario procede con l’ingiunzione al terzo proprietario[7], “di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e  i frutti di essi”[8].

Il pignoramento va notificato solo al terzo proprietario in quanto, come detto in precedenza, legittimato passivamente è solo costui[9].

(Altalex, 23 dicembre 2015. Articolo di Vincenzo Gattullo)

________

[1] In favore del creditore, pertanto, viene meno – ai fini del valido esercizio anche verso i terzi dell’azione esecutiva portata dal titolo – la condizione richiesta dall’art. 2902 comma 1 c.c. consistente nel previo ottenimento della sentenza dichiarativa di inefficacia dell’atto compiuto dal debitore in pregiudizio delle regioni ex latere creditoris.

[2] 2901 c-c. – 193 e 194 c.p. – 66 e ss l. fall.

[3] Secondo Messineo, Manuale di diritto civile e commerciale, vol. III, Milano, 1959, p.197, “può dirsi che l’azione revocatoria è azione personale”.

[4] come sappiamo non entra nel merito degli atti legittimanti l’azione esecutiva.

[5] Si deve peraltro ribadire la distinzione tra ‘titolo esecutivo’ e requisiti del credito perché tra essi non v’è necessaria coincidenza. Ci possono essere titoli esecutivi formali (atto pubblico, sentenza di condanna, ecc.) che non recano la titolarità di una pretesa che abbia quelle specifiche caratteristiche e ci possono essere crediti ‘certi, liquidi ed esigibili’ non contenuti in un titolo esecutivo.

[6] Tale controllo rientrerebbe nei doveri dell’ufficiale giudiziario al pari di quanto questi è già legittimato a fare quando deve controllare che il titolo o il precetto non siano, rispettivamente, prescritto o perento.

[7] Nell’espropriazione contro il terzo proprietario, il debitore diretto non è legittimato passivo dell’azione esecutiva e il pignoramento va notificato e trascritto esclusivamente nei confronti del terzo, perché ha come unico oggetto il bene di proprietà di quest’ultimo. Tuttavia il debitore diretto resta parte necessaria del procedimento esecutivo, cui partecipa a titolo diverso da quello del terzo proprietario, e in tale veste dev’essere sentito ogni volta che le norme regolatrici del procedimento prevedano questa garanzia nei suoi confronti.(Cass. Sez. III 17.01.2012 n. 535).

[8] L’ingiunzione formulata contro il terzo proprietario ha una sua ratio poiché, sebbene egli non sia il debitore(quindi non risponde con i suoi beni), tuttavia secondo il combinato disposto degli artt. 2912 e 2811 del c.c., il pignoramento si estende agli accessori, alle pertinenze ed ai frutti della cosa pignorata. Del pari, secondo quanto previsto dall’art. 2864 c.c., egli non ha diritto di ritenzione per i miglioramenti e deve risarcire i danni che per sua colpa sono stati arrecati al bene pignorato.

[9] Ex multis Cass. Sez. III 17.01.12 n. 535.

 

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