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Un parere della maggioranza spalanca le porte del concordato preventivo anche ai contribuenti non virtuosi. E impone vincoli all’Agenzia delle entrate sulla formulazione delle proposte. Se venisse accettato, legittimerebbe e incentiverebbe l’evasione.

L’andamento del tax gap in Italia

È stato appena pubblicato l’Aggiornamento alla Relazione evasione: secondo i dati provvisori riferiti al 2021, il tax gap in Italia è sceso a poco più del 15 per cento (nel 2019 era ancora vicino al 19 per cento), un valore inferiore a quello fissato come obiettivo per il 2024 nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Tuttavia, il documento conferma anche che, stante la forte riduzione dell’evasione dell’Iva di questi ultimi anni, il problema principale è rappresentato oggi dall’evasione dell’Irpef da parte di lavoratori autonomi e imprenditori individuali, vicina ai 30 miliardi annui in valore assoluto.

Per questa tipologia di contribuenti, il governo Meloni ha più volte annunciato un cambio di strategia e punta sul concordato preventivo biennale. L’idea del concordato è che l’Agenzia delle entrate proponga al contribuente un determinato livello di reddito da dichiarare e che il contribuente, accettandola, si impegni a pagare le imposte conseguenti per il biennio successivo, ottenendone, come principale beneficio, una ridotta probabilità di accertamento.

Ma che impatto potrebbe avere il concordato preventivo sull’evasione?

La versione originaria del concordato preventivo

Tutto dipende dal livello del reddito su cui Agenzia e contribuente concordano. Nella formulazione originaria del decreto legislativo presentato dal governo, la possibilità di accedere al concordato era riservata, per quanto riguarda i contribuenti che applicano gli Isa, a coloro che dichiaravano spontaneamente un reddito tale da ottenere un punteggio Isa di almeno 8 su 10. Era quindi plausibile che la proposta dell’Agenzia si sarebbe collocata nei dintorni di tale valore. Si trattava di un impianto abbastanza rigoroso, che riservava i benefici del concordato ai contribuenti che facevano effettivamente uno sforzo dichiarativo importante. Poiché vi è una certa evidenza empirica sulla capacità degli Isa di ridurre l’evasione, lo sforzo poteva effettivamente andare nella direzione di aumento della compliance. Tuttavia, tale impianto rischiava di ridurre molto il numero dei contribuenti che avrebbero aderito al concordato, perché i benefici previsti sono poco superiori a quelli che già oggi sono inseriti nel regime premiale degli Isa. Perché un contribuente evasore, che ha scelto finora di dichiarare meno di 8 e di rinunciare ai benefici connessi a questo punteggio Isa, dovrebbe decidere di dichiarare 8 e di aderire al concordato preventivo quando i benefici di quest’ultimo sono pressoché identici a quelli già oggi esistenti, e, evidentemente, non sufficienti a convincerlo a evadere di meno?

Le modifiche suggerite dalla maggioranza parlamentare

Il modo migliore per evitare il fallimento del concordato sarebbe stato quello di raccordare meglio i benefici degli Isa con quelli, necessariamente aggiuntivi, del concordato. Invece, nelle competenti commissioni parlamentari, la maggioranza parlamentare ha appena emesso un parere sul decreto legislativo (parere obbligatorio, anche se formalmente non vincolante) che “risolve” il problema sostanzialmente spalancando le porte del concordato anche ai contribuenti non virtuosi e, per di più, vincolando l’Agenzia a formulare una proposta non superiore al 110 per cento del reddito dichiarato da questi contribuenti.

In altri termini, se il governo si conformasse del tutto a questo parere, vorrebbe dire che ai benefici del concordato potrebbe accedere un contribuente che ha ottenuto un voto di 5 su 10 ai fini Isa, semplicemente dichiarando poco di più. I benefici verrebbero quindi attribuiti a contribuenti che in base agli stessi calcoli dell’Agenzia delle entrate sono considerati probabili evasori (tant’è che al di sotto del 6 i contribuenti dovrebbero essere inseriti in liste speciali per i controlli). Non solo, se passasse questa modifica, anche i contribuenti che oggi evadono di meno, e quindi si collocano su un livello di Isa superiore a 8, non avrebbero più ragione di essere (relativamente più) virtuosi visto che, aderendo al concordato con una dichiarazione ben più bassa, avrebbero gli stessi benefici che ottengono oggi dichiarando 8.

In sintesi, avremmo due effetti, entrambi perversi: si legittimerebbe l’evasione di chi già oggi evade e si incentiverebbe l’evasione di chi oggi, attratto dal regime premiale degli Isa, evade di meno. Vi è da sperare che il governo rifletta attentamente prima di accogliere il parere della maggioranza, o che lo accolga solo a condizione di prevedere ulteriori e specifici controlli sui contribuenti con Isa inferiore a 8, come proposto qui.

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Alessandro Santoro



Ha conseguito il MSc. in Economics presso l’Università di York nel 1997 e il dottorato in economia politica presso l’Università Cattolica nel 2001. È attualmente professore ordinario di scienza delle finanze presso il Dems dell’Università di Milano-Bicocca, ed è affiliato dei centri CEFES, Datalab e Dondena . È stato esperto tributario presso il Secit (Ministero delle finanze) dal 1999 al 2004, consigliere del vice-ministro all’economia e alle finanze dal 2006 al 2008, consigliere economico del Presidente del consiglio dei ministri dal settembre 2014 al dicembre 2016 e consigliere del Ministro dell’Economia da febbraio 2020 a ottobre 2022. Da luglio 2021 è presidente della Commissione per la redazione della relazione sull’economia non osservata e l’evasione fiscale. Le sue principali pubblicazioni riguardano l’impatto delle misure di contrasto dell’evasione fiscale, gli studi di settore, i diversi modelli di tassazione familiare e la misura della disuguaglianza.

 

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