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Per il Tar Veneto anche un portico può costituire eliminazione delle barriere architettoniche per il miglioramento delle condizioni di vita di un persona fisicamente svantaggiata

Migliorare le condizioni di vita di ciascun essere umano nel rispetto del prossimo e dell’ambiente dovrebbe essere il fine di ogni azione. Sotto quest’ottica le regole potrebbero assumere un più ampio respiro di applicazione. Questo è il suggerimento di una recente sentenza del Tar Veneto, la n. 1113/2024.

La domanda che ci si pone allora è se tra i presupposti per la sanatoria di un porticato abusivo ci possa essere anche l’eliminazione delle barriere architettoniche?!

In generale un’istanza di sanatoria edilizia costituisce una procedura delicata la cui documentazione va opportunamente gestita. A tal proposito, ti consiglio di accedere gratuitamente ad una piattaforma per la gestione delle pratiche e dell’ufficio tecnico on line dove organizzare, redigere e condividere facilmente tutta la documentazione.

La creazione di un porticato quando costituisce eliminazione delle barriere architettoniche?

Per conto di una signora che risultava invalida all’80% per una “difficoltà di relazione” con conseguente “processo di svantaggio sociale”, veniva realizzato dai figli, senza alcun permesso, un porticato retto da pilastri in aderenza all’abitazione con il dichiarato scopo di consentire alla medesima di stare all’aperto senza essere direttamente esposta agli eventi atmosferici.

Successivamente, le condizioni della signora si aggravavano tanto da essere riconosciuta invalida totale.

Il Comune già durante i lavori di costruzione del porticato ne aveva ordinato la sospensione e la demolizione di quanto realizzato.

A distanza di anni, l’amministrazione, verificata la mancata demolizione, preavvisava conseguenti misure sanzionatorie, per cui veniva presentata nell’interesse della signora istanza di permesso in sanatoria alla luce delle disposizioni della legge regionale in materia di superamento delle barriere architettoniche.

Il Comune negava il permesso in sanatoria con le seguenti motivazioni:

  • all’epoca della realizzazione del porticato la signora non risultava invalida al 100%;
  • il porticato non costituiva opera funzionale al superamento delle barriere architettoniche.

Ma i figli, con ricorso al Tar, sostenevano che:

  • l’amministrazione non aveva avuto in considerazione il grado di disabilità della madre già grave all’80% e presente durante i lavori per la costruzione del porticato;
  • la posizione del Comune riguardo all’aspetto funzionale del porticato non sarebbe stato in linea con il più moderno concetto di eliminazione delle barriere architettoniche.

In particolare, in merito a quest’ultimo aspetto si sarebbe conformato l’utilità di un porticato realizzato, come nel caso per consentire alla persona disabile di stare all’aperto senza essere direttamente esposta agli eventi atmosferici in accordo delle prescrizioni tecniche regionali secondo cui la progettazione ed esecuzione di trasformazioni edilizie ed urbanistiche doveva conformarsi alle disposizioni di legge e delle presenti prescrizioni tecniche, al fine di garantire una migliore qualità della vita e una piena fruibilità dell’ambiente, sia costruito che non costruito, da parte di tutte le persone ed in particolare di quelle con limitate capacità motorie e sensoriali.

Il porticato che migliora le condizioni di vita di una persona fisicamente e mentalmente svantaggiata contribuisce alla eliminazione delle barriere architettoniche

Il Tar premette che le considerazioni della P.A. sulla mancanza di disabilità sufficiente in capo alla signora al momento della costruzione del portico non possono essere condivise.

In primo luogo, la legge regionale del caso in esame, che regola l’eliminazione delle barriere architettoniche, non distingue tra diversi gradi di disabilità. Questo significa che la signora, essendo persona con disabilità, è un beneficiario delle agevolazioni previste dalla legge.

Inoltre, anche se si volesse interpretare la norma in modo più restrittivo, non si comprende perché il Comune non abbia considerato l’invalidità della medesima, che era già del 80%. La signora, rimarcano i giudici, aveva un quadro clinico grave nonostante non fosse in quel momento già allo stato di invalidità totale.

In sintesi, non c’è alcuna ragione logica o legale per cui il Comune pensi che la legge regionale richieda un’invalidità del 100% per ottenere agevolazioni edilizie. Inoltre, anche se la legge regionale avesse permesso di valutare la disabilità in modo più specifico, non ci sarebbe stata alcuna spiegazione potenzialmente tesa a ridimensionare l’importante problema di salute della signora.

Quanto al secondo motivo di diniego, basato sulla pretesa inidoneità funzionale del portico a superare le barriere architettoniche, la parte ricorrente giustamente ha richiamato il concetto moderno di superamento delle barriere architettoniche in senso estensivo:

di “benessere” e di migliore qualità della vita, senza limitazioni di tutela mirate a garantire il solo accesso del disabile a strutture

Il portico, in conclusione, avrebbe rappresentato un riparo per consentire alla signora di accedere all’abitazione e prendere aria senza esporsi alle intemperie.

Il ricorso è, quindi, accolto.

E qui vale la pena ricordare che a monte di spiacevoli sorprese causate da atti amministrativi repressivi inaspettati ci potrebbe essere una inconsapevole ed errata scelta del titolo edilizio per la realizzazione di un’opera, divenuta in questo modo abusiva con gravi ripercussioni economiche e penali. Ma tutto ciò può essere scongiurato attraverso l’ausilio del software per i titoli abilitativi in edilizia che ti aiuta nella gestione dei molteplici moduli edilizi da compilare, presentare e successivamente archiviare.

Porticati chiusi da vetrate VePA: cosa dice il decreto “salva-casa”

In merito ai porticati, ma solo per le tipologie rientranti all’interno dell’edificio, il recente D.L. 69/2024 cd. “salva-casa” ha introdotto la possibilità di chiusura di dette strutture tramite l’utilizzo delle cosiddette vetrate panoramiche VePA in edilizia libera a determinate condizioni. In particolare tale modifica ha riguardato il D.P.R. 380/2001, dove all’articolo 6 (L) “Attività edilizia libera“, comma 1, lett. b bis), si legge:

gli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, cosiddette VEPA, dirette ad assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell’edificio o di logge o di porticati rientranti all’interno dell’edificio, purché tali elementi non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile anche da superficie accessoria a superficie utile. Tali strutture devono favorire una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici ed avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e da non modificare le preesistenti linee architettoniche;

La tipologia di porticato addossato al fabbricato, protagonista della sentenza del Tar Veneto, sarebbe, quindi, escluso da tale opportunità.

Per maggiore approfondimento, leggi anche questo articolo di BibLus: “Tettoia o portico, quale la differenza?” e “Abbattimento barriere architettoniche in condominio

 

 

 

 

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