Di norma, per correggere i soli dati del sostituto d’imposta bisogna inviare una dichiarazione integrativa utilizzando il Modello Redditi, contrassegnando nel frontespizio la casella “dichiarazione integrativa” con il codice 2 e presentando il Modello ad un CAF. Tuttavia, la scadenza per tale procedura in riferimento al 730/2023 era il 25 ottobre scorso.
Analogamente, il contribuente che si accorge di avere erroneamente indicato i dati del sostituto d’imposta nel 730/2024, può predisporre un 730 integrativo barrando la relativa casella presente sul frontespizio indicando il codice 2 e inviarlo entro il prossimo 25 ottobre.
Se invece le modifiche comportano minor credito o maggior debito e se ci sono altre sezioni o righi del modello da modificare, è comunque necessario inviare un modello Redditi integrativo ma con il codice 3. In questo caso, la scadenza è il il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione.
Il codice 1 serve infine nei casi in cui si trasmette nei termini una dichiarazione integrativa con nuove informazioni nello stesso anno d’imposta, tale che comporti un maggiore credito, un minor debito o un’imposta invariata.
Nel comparto Scuola, la situazione che ha descritto è piuttosto comune tra i lavoratori con contratti a termine. Il mancato accredito dei rimborsi IRPEF da 730 è spesso dovuta all’indicazione errata del sostituto d’imposta nella dichiarazione dei redditi, compresa la precompilata. Per i docenti precari è infatti la Ragioneria Provinciale dello Stato che si occupa della retribuzione del personale scolastico, non l’istituto scoltasio dove si presta servizio.
Fatta questa premessa, della procedura indicatale dall’impiegato dell’Agenzia delle Entrate (invio richiesta di rimborso iRPEF tramite modulo di compensazione contenente i dati corretti del sostituto d’imposta, con assistenza e/o intermedizione di un sindacato) non vi è alcuna indicazione sulle istruzioni di compilazione dei modelli dichiarativi o sul portale del Fisco né della Precompilata.
L’unica è confrontarsi con un CAF o direttamente con un sindacato, per verificare che non sia nei fatti una prassi comumenemtne adottata e confivisa con l’Amministrazione finanziaria, oppure per definire la strada più adatta da seguire nel suo caso.
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