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Di Maurizio Tidona, Avvocato

 

L’art. 1957 c.c. dispone che il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore abbia proposto le sue istanze contro il debitore entro sei mesi e le abbia continuate con diligenza. [1]

Nel caso in cui il fideiussore abbia esplicitamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell’obbligazione principale, l’istanza contro il debitore deve essere invece proposta entro due mesi (art. 1957, 2° comma, c.c.).

Il creditore che non attiva tempestivamente gli strumenti di recupero del proprio credito nei confronti del debitore principale decade pertanto dal diritto di pretendere l’adempimento dal fideiussore. [2]

 

Nel caso in cui il contratto di fideiussione preveda che l’obbligazione del fideiussore si estenda sino all’integrale adempimento (e non soltanto quindi sino alla scadenza dell’obbligazione principale), l’azione del creditore nei confronti del fideiussore non è però soggetta a nessun termine di decadenza (Cass. n. 16836/2015, Cass. n. 8839/2007, Cass. n. 16233/2005; Cass. n. 16758/2002; Cass. N. 16233/2005). [3]

È difatti nella libertà delle parti prevedere una maggiore estensione dell’efficacia della fideiussione rispetto a quella fissata ordinariamente dalla legge.

 

Nel caso in cui il debito sia ripartito in scadenze periodiche, ciascuna delle quali dotata di un grado di autonomia tale da potersi considerare esigibile prima ed a prescindere dalla prestazione complessiva, il “dies a quo“, per calcolare il termine decadenziale previsto dall’art. 1957 cod. civ., va individuato in quello di scadenza delle singole prestazioni e non già dell’intero rapporto (Cass. n. 15902/2014). [4]

Nel contratto di mutuo, nel quale l’obbligazione è unica e la suddivisione in rate costituisce soltanto una modalità per agevolare una delle parti (il mutuatario), il debito non può però considerarsi scaduto prima della scadenza dell’ultima rata, con la conseguenza che il termine di cui all’art. 1957 c.c. decorrerà dalla scadenza dell’ultima rata (Cass. n. 230 1/2004).

 

Eventuali accordi tra il creditore ed il debitore principale, successivi al negozio che regola l’obbligazione principale, che ad esempio dilazionino il termine di pagamento del debitore principale, non hanno rilevanza sul termine di decadenza previsto all’art. 1957 c.c. in favore del fideiussore, vincolando solo le parti contraenti e non il fideiussore, che è ad essi estraneo (Cass. n. 12901/1993).

Il creditore può quindi consentire al debitore una proroga nel pagamento ma a suo esclusivo rischio di far decadere la garanzia prestata dal fideiussore (Cass. n. 4189/1980).

Questo può avere pesanti effetti per la banca, nel caso di rinegoziazioni di mutui e finanziamenti, in cui il debitore principale richieda ed ottenga dalla banca un nuovo assetto temporale per l’adempimento dell’obbligazione principale, il che potrebbe condurre alla liberazione del fideiussore alla scadenza originaria dell’obbligazione principale (nel termine inizialmente pattuito tra creditore ed il debitore principale).

 

Il termine di decadenza previsto all’art. 1957 c.c. si applica a prescindere da qualsivoglia stato soggettivo del creditore, che esso porti a giustificazione della sua inerzia nell’azione contro il debitore principale; ciò che rileva è il solo oggettivo decorso del termine (sei mesi oppure due, nel caso in cui il fideiussore abbia esplicitamente legato la sua garanzia allo stesso termine dell’obbligazione principale), senza che il creditore abbia iniziato una azione giudiziale di recupero contro il debitore principale e l’abbia altresì diligentemente continuata.

Rileva invece un eventuale impedimento giuridico all’azione del creditore nel termine ad esso imposto dall’art. 1957 c.c., in quanto l’inerzia non dipenderebbe in tal caso dalla volontà del creditore.

 

Nel caso in cui la fideiussione sia solidale [5] (e cioè il fideiussore si sia obbligato in solido con il debitore principale, senza la previsione di un beneficio di preventiva escussione,  da parte del creditore, del debitore principale), l’istanza giudiziale può essere indifferentemente rivolta, a scelta del creditore, contro l’uno o l’altro dei due condebitori solidali (debitore principale o fideiussore), con effetti ugualmente idonei ad impedire l’estinzione della fideiussione (Cass. n. 183/1983).

Se la fideiussione preveda invece il beneficio della preventiva escussione (e cioè il creditore debba prima rivolgersi al debitore principale e soltanto dopo l’inadempimento di questo possa domandare l’adempimento al fideiussore), l’istanza giudiziale deve essere portata dal creditore, entro il termine decadenziale, necessariamente prima nei confronti del debitore principale, per impedire che si realizzi la decadenza prevista all’art. 1957 c.c.

 

L’istanza del creditore deve essere necessariamente “giudiziale”, e cioè il ricorso ad un mezzo di tutela processuale, volto ad ottenere, in via di cognizione o esecutivamente, secondo le forme e nei modi di legge, l’accertamento ed il soddisfacimento delle pretese del creditore (Cass. n. n. 2898/1976), indipendentemente dal loro esito e dalla loro concreta idoneità a sortire il risultato sperato (Cass. nn. 1724/2016, 6823/2001, 203/1997 e 6604/1994).

Non costituisce pertanto valida “istanza” ex art. 1957 c.c., la notifica di un atto stragiudiziale (Cass. n. 283/1997) e neppure il precetto notificato dal creditore ma non seguito dall’esecuzione (Cass. n. 1724/2016).

La giurisprudenza non ha ritenuto sufficiente neppure il deposito di una istanza di fallimento, essendo una mera sollecitazione dell’apertura di una procedura concorsuale che non concretizza l’esercizio di un diritto finalizzato al suo effettivo soddisfacimento (Cass. n. 8723/1994).

È stata altresì ritenuta inidonea la domanda riconvenzionale depositata dal creditore successivamente al termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, chiamato in garanzia dal fideiussore per far dichiarare l’inoperatività della garanzia (Cass. n. 6498/1985).

La Corte ha in tal caso stabilito che l’azione preventiva promossa dal fideiussore non poteva essere valutata quale rinuncia tacita a far valere la decadenza.

 

Diversamente è stata ritenuta valida istanza, per gli effetti di cui all’art. 1957 c.c., la presentazione da parte del creditore di una domanda di insinuazione al passivo fallimentare del debitore principale, ove depositata entro il termine decadenziale previsto all’art. 1957 c.c. (Cass. n. 8723/1994).

È stata ritenuta egualmente valida istanza giudiziale il deposito di un ricorso da parte del creditore per l’ottenimento di un sequestro conservativo sui beni del debitore principale, sempre se depositato entro il termine (Cass. n. 9364/1991).

Valida pure l’istanza costituita dal deposito di un tempestivo ricorso per decreto ingiuntivo, seppure la notifica del decreto al debitore principale sia avvenuta successivamente al termine (Cass. n. 4241/1974).

Così come valida è l’istanza depositata dal creditore di ammissione al passivo fallimentare del debitore principale, utile per impedire la decadenza della garanzia fideiussoria (Cass. n. 8723/1994).

 

L’istanza giudiziale, come sopra delineata, proposta contro il debitore interrompe ex lege anche la prescrizione nei confronti del fideiussore (art. 1957, 4° comma, c.c.).

 

L’art. 1957 c.c. dispone che dopo che il creditore abbia proposto le sue istanze contro il debitore, le debba altresì continuare con diligenza (art. 1957, 1° comma, c.c.)

Il creditore deve cioè non solo iniziare l’azione giudiziale ma deve averla anche diligentemente coltivata, sino al compimento degli atti esecutivi necessari per la realizzazione dell’obbligazione garantita dal fideiussore.

Ovviamente la “continuazione” da parte del creditore delle istanze – iniziate tempestivamente, ex art. 1957 c.c., nei confronti del debitore – si realizzerà successivamente al termine decadenziale; le istanze non dovranno essere però abbandonate immotivatamente dal creditore, in quanto altrimenti il fideiussore avrà nuovamente diritto di eccepire al creditore la decadenza di cui all’art. 1957 c.c.

 

La decadenza prevista all’art. 1957 c.c. non si applica al terzo datore di ipoteca, in mancanza di una specifica convenzione in tal senso, verso cui il creditore può pertanto agire senza rispettare i termini decadenziali previsti dall’art. 1957 c.c. (Cass. n. 4033/1999).

 

Se la fideiussione è prestata successivamente alla scadenza dell’obbligazione principale, il creditore potrà esercitare l’azione nei confronti del fideiussore sino a quando non si sia estinta, per prescrizione, l’azione contro il debitore principale.

 

La decadenza di cui all’art. 1957 c.c. può essere però pattiziamente esclusa dalle parti, in quanto è norma non posta a presidio di alcun interesse di ordine pubblico, comportando soltanto l’assunzione, da parte del fideiussore, del maggior rischio inerente al mutamento delle condizioni patrimoniali del debitore (Cass. n. 21867/2013; Cass. n. 9455/2012, Cass. n. 13078/2008).

La clausola relativa a detta rinuncia non rientra, inoltre, tra quelle particolarmente onerose a norma dell’art. 1341, comma 2, c.c. e quindi non ha necessità di specifica approvazione per iscritto del fideiussore (Cass. n. 9245/2007; Tribunale Milano, n. 3797/2015).

 

Al contratto autonomo di garanzia – che è l’obbligazione di garanzia in cui sia previsto che il garante non abbia alcun diritto di eccezione nei confronti del creditore, nell’autonomia della sua obbligazione rispetto a quella del debitore principale – non si applica la decadenza prevista all’art. 1957 c.c., a meno che le parti non abbiamo previsto così oppure vi sia un’evidente confusione nel contenuto della convenzione negoziale che possa far ritenere, nel dubbio, che al garante autonomo sia comunque rimasto il diritto di contestare la decadenza ex art. 1957 c.c. (Cass., sez. unite, n. 3947/2010, in motivazione; Cass. n. 2762/2015; Tribunale Roma, n. 14688/2014). [6]

Se le parti abbiano stabilito l’applicabilità dell’art. 1957 c.c. in un contratto autonomo di garanzia, il rispetto del termine di decadenza da parte del creditore sarà comunque osservato con la richiesta di pagamento effettuata, entro il termine, anche al solo garante (Cass. n. 13078/2008).

 

La decadenza non può essere, infine, rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere eccepita tempestivamente dal fideiussore (Cass. n. 1613/1963).

 

Vedi anche l’articolo “Brevi cenni sulla fideiussione bancaria“.

 

NOTE:

[1] Art. 1957 (Scadenza dell’obbligazione principale) c.c.: “[I]. Il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate. [II]. La disposizione si applica anche al caso in cui il fideiussore ha espressamente limitato la sua fideiussione allo stesso termine dell’obbligazione principale. [III]. In questo caso però l’istanza contro il debitore deve essere proposta entro due mesi. [IV]. L’istanza proposta contro il debitore interrompe la prescrizione anche nei confronti del fideiussore”.

[2] L’art. 1957 c.c., nell’imporre al creditore di portare le sue istanze contro il debitore entro due o sei mesi dalla scadenza per l’adempimento dell’obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest’ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa (Cass. n. 1724/2016).

[3] Nel caso in cui il testo della clausola contrattuale che delimita l’oggetto della garanzia sia ambiguo o atecnico, facendo genericamente riferimento, ad esempio, “alle inadempienze”, anziché, più propriamente, a una obbligazione, o a un debito, o a una prestazione, deve applicarsi il principio dell’interpretazione contro l’autore della clausola (c.d. “interpretatio contra proferentem”) di cui all’art. 1370 c.c.  (Cass. n. 15476/2014).

[4] Nella specie, la Corte ha ravvisato l’autonomia delle prestazioni aventi ad oggetto le singole rate del canone annuo pattuito per la locazione, anche considerando che la legge autorizza il locatore ad agire per la risoluzione del contratto decorsi venti giorni dalla scadenza del canone ineseguito

[5] Art. 1944 (Obbligazione del fideiussore) c.c.: “[I]. Il fideiussore è obbligato in solido col debitore principale al pagamento del debito. [II]. Le parti però possono convenire che il fideiussore non sia tenuto a pagare prima dell’escussione del debitore principale. In tal caso, il fideiussore, che sia convenuto dal creditore e intenda valersi del beneficio dell’escussione, deve indicare i beni del debitore principale da sottoporre ad esecuzione. [III]. Salvo patto contrario, il fideiussore è tenuto ad anticipare le spese necessarie”.

[6] La presenza comunque di una rinunzia alle eccezioni di cui all’art. 1957 c.c. non trasforma la fideiussione in un contratto autonomo di garanzia (Cass. n. 14205/2014).

 

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